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La dipendenza in psicologia è una condizione definita come la necessità compulsiva e incontrollabile di assumere una sostanza o di impegnarsi in un comportamento specifico (dipendenze comportamentali), nonostante i suoi effetti negativi evidenti sulla salute fisica, mentale, sociale o finanziaria dell’individuo.

La dipendenza può coinvolgere sostanze come droghe, alcol o tabacco, ma anche comportamenti come il gioco d’azzardo (ludopatia), il sesso (dipendenza sessuale) o l’uso eccessivo della tecnologia. Rientra nel perimetro delle dipendenze anche la dipendenza emotiva che si può manifestare nelle relazioni interpersonali quando vi è una situazione di asimmetria all’interno del rapporto.

Un aspetto centrale della dipendenza comportamentale è il suo coinvolgimento di pulsioni fisiologiche e normali (come sesso, denaro, amore, tecnologia), che però diventano patologiche e potenzialmente pericolose per la persona nel momento in cui superano determinati argini. L’individuo, pur riconoscendo le conseguenze negative del comportamento nel proprio quotidiano, è incapace di assumerne il controllo e di mitigarlo.

Nell’articolo scoprirai il significato nascosto delle dipendenze comportamentali e da sostanza, le dinamiche comportamentali dei soggetti affetti da dipendenza, i 6 criteri fondamentali alla base della loro classificazione, cosa cercano di curare attraverso il circolo vizioso (e senza sbocco) del surrogato e come la Psicoterapia può intervenire per sbloccare questo circuito disfunzionale e curare definitivamente le reali cause delle varie forme di dipendenza.

Tra le dipendenze patologiche, dedicherò ampio spazio alla ludopatia (o gioco patologico d’azzardo), trattando le sue cause psicologiche, i sintomi e come è possibile uscirne.

Che cosa sono le dipendenze?

Le dipendenze sono caratterizzate da una modifica cronica ed irrefrenabile del comportamento di una persona, che risulta direzionato in maniera specifica e con dinamiche ben riconoscibili.

Anche se si può travestire da normale abitudine, in realtà rappresenta una disfunzionale e compulsiva ricerca del piacere attraverso sostanze o comportamenti che possono con facilità sconfinare in una dimensione patologica.

Questo desiderio incontrollabile viene comunemente definito addiction, ed in senso più ampio indica una condotta di abuso caratterizzata da:

  • un coinvolgimento vissuto come incoercibile, nella ricerca e nell’utilizzo della sostanza o dell’”oggetto”;
  • incuranza dei danni che derivano a sé e agli altri;
  • elevata probabilità di ricaduta nella dipendenza anche in caso di interruzione dell’uso.

La dipendenza indica una modalità patologica d’uso di sostanze, al fine di prevenire la sindrome di astinenza.

La dipendenza da sostanza è un disturbo in forte espansione e tende a presentarsi come poli-abuso (Wish et al. 2006; Khong et al. 2004; Schifano et al. 1997), oppure ad associarsi a forme di dipendenze comportamentali quali il gioco online patologico, la dipendenza da determinati cibi, soprattutto industriali e con alto contenuto di zuccheri, o da bevande alcoliche, ed altri (Fanella 2010).

Le dipendenze viste da vicino: cosa nascondono davvero?

Volendo andare un po’ più in profondità, lo stato di dipendenza in realtà si manifesta non tanto nei confronti di una sostanza chimica o di una specifica molecola, ma verso i neurotrasmettitori e, più in generale, la neurochimica che viene stimolata dal loro consumo.

Oltre a questo, un’altra subdola forma di dipendenza esiste rispetto a determinati stati emotivi, abitualmente negativi. Anche la sofferenza emotiva può causare dipendenze comportamentali, e il soggetto va inconsciamente a ricercare quelle situazioni che possono fargli sperimentare ancora e ancora quelle emozioni negative, in un loop che può durare anche per tutta la vita.

Il tutto ovviamente si dipana all’ombra della coscienza, sotto il livello di consapevolezza dell’individuo. Come vedremo più avanti nell’articolo, un vero lavoro sulle dinamiche comportamentali dei soggetti affetti da dipendenza deve partire necessariamente dal portare la luce della consapevolezza nei meandri inconsci della psiche dove si annidano le radici più inconfessabili di tutti questi movimenti psichici.

Quali sono le dipendenze più diffuse?

Prima di vedere un elenco dei tipi di dipendenze più diffuse, approfondiamo le due modalità principali di manifestazione dello stato di dipendenza, che per certi versi sono le due facce inscindibili della stessa medaglia:

  1. Fisica: indotta da quasi tutte le sostanze di abuso, si manifesta quando il nostro cervello, dopo l’utilizzo protratto di una droga o di una molecola specifica, altera la modalità con cui distingue le sensazioni piacevoli da quelle spiacevoli. I sintomi da astinenza quali tremori, nausea e dolori diffusi indicano la presenza di una dipendenza fisica;
  2. Psicologica: definita come il bisogno incoercibile di utilizzare la sostanza, che viene consumata per cercare di migliorare il tono dell’umore o per puntellare la nostra autostima.

Si può a tutti gli effetti parlare, quindi, di dipendenza fisica e psicologica.

La psicologia ha poi definito nel corso degli anni una lista di sintomi di natura cognitiva, comportamentale e fisiologica che accomunano le dipendenze, soprattutto quelle patologiche da sostanze.

Quanti tipi di dipendenze esistono?

Per quanto riguarda i tipi di dipendenze, l’elenco dei 5 più diffusi sono:

  • Dipendenza da sostanza: la categoria più nota, in cui rientrano, ad esempio, l’alcolismo e la dipendenza da alcuni farmaci o da droghe;
  • Dipendenze comportamentali, dette anche dipendenze senza sostanza, come il gioco d’azzardo patologico (ludopatia, o GAP) e lo shopping compulsivo;
  • Dipendenze alimentari, che sfociano in condizioni patologiche come la bulimia o, più in generale, i disturbi alimentari;
  • Dipendenza sessuale, che al giorno d’oggi si manifesta soprattutto grazie a Internet;
  • Dipendenze tecnologiche, come quella da Internet, smartphone o dalle piattaforme dei social network.

A voler ben guardare, gli ultimi due tipi di dipendenze rientrano nella categoria più grande delle dipendenze comportamentali, che andremo ad approfondire nei prossimi paragrafi, mentre le dipendenze alimentari rimangono un po’ a cavallo tra le dipendenze da sostanze e comportamentali.

Dipendenze comportamentali, quali sono

L’evidenza che le dipendenze comportamentali non coinvolgono l’abuso di sostanze chimiche anche dannose per la salute non le rende automaticamente meno pericolose per la persona che ne soffre.

Il comportamento che viene costretto ad una ripetizione potenzialmente senza fine può implicare dei seri problemi per la salute psico-fisica del soggetto, soprattutto nel medio-lungo termine.

Nell’elenco delle dipendenze comportamentali più comuni troviamo il gioco d’azzardo patologico (detta anche ludopatia), la dipendenza da Internet, la dipendenza da social media, la dipendenza da cellulare (con particolare riferimento allo smartphone), la dipendenza da cibo, la dipendenza da shopping (o shopping compulsivo), la dipendenza da lavoro, la dipendenza da pornografia, la dipendenza sessuale, la dipendenza da esercizio fisico e la dipendenza affettiva.

La dipendenza sessuale o ipersessualità

La dipendenza sessuale, nota anche come disturbo ipersessuale, ipersessualità o dipendenza dal sesso (in inglese sex addiction o sex dependence), è una dipendenza comportamentale caratterizzata da ideazioni e fantasie sessuali particolarmente intrusive associate ad una perdita del controllo sui propri comportamenti in ambito sessuale.

Il concetto di ipersessualità si riferisce quindi ad una forma di dipendenza il cui oggetto principale è il sesso.

L’attività sessuale può, inoltre, diventare una via di fuga da stati d’animo negativi come la depressione, oppure una strategia per alleviare lo stress.

Questi comportamenti sessuali possono raggiungere un livello di disagio tale da interferire significativamente con il funzionamento sociale, lavorativo e relazionale del soggetto.

Dipendenza sessuale, sintomi

I sintomi della dipendenza sessuale si incentrano sulla forte difficoltà del soggetto a controllare i propri impulsi, con conseguente impedimento a dedicarsi con efficacia ad altre attività proprio per via dei pensieri ossessivi persistenti di natura sessuale.

Nonostante gli sforzi dell’individuo per ridurre la dipendenza dal sesso, nella maggior parte dei casi non è in grado di farlo, il che porta ad intensi sensi di colpa e vergogna per la perdita di controllo sui propri comportamenti.

Per questa ragione, analogamente al tossicodipendente, anche chi soffre di dipendenza sessuale sperimenta il sintomo del craving, una bramosia incoercibile della cosa dalla quale dipende, seguito a stretto giro dall’assuefazione e poi dai classici sintomi dell’astinenza.

In questo contesto, il dipendente sessuale sente la necessità incoercibile di incrementare la frequenza dei comportamenti sessuali o la loro intensità.

Nel corso del tempo, si verificano modifiche psicofisiche significative, come un aumento della sintomatologia riconducibile ad uno stato ansioso, e il comportamento di dipendenza sessuale viene spesso utilizzato per alleggerire o evitare la comparsa di questi sintomi di astinenza.

Dipendenza da dolci, psicologia

Nell’ambito delle dipendenze alimentari, la dipendenza da dolci (in inglese “sugar craving”) è forse quella più nota e anche temuta per l’impatto potenzialmente devastante sull’aspetto e sulla salute psicofisica.

La dipendenza da dolci coinvolge sia aspetti biologici che psicologici, essendo quindi una dipendenza fisica e psicologica allo stesso tempo.

Dal punto di vista psicologico, il desiderio compulsivo di consumare dolci, detta anche dipendenza da zucchero, è spesso associato alla ricerca di un comfort emotivo o alla gestione dello stress. Le persone possono ricorrere ai dolci come meccanismo di coping per affrontare emozioni negative o per ottenere momentanei sentimenti di piacere e gratificazione.

Oltre a questo, l’associazione tra dolci e ricompensa immediata può portare al classico ciclo di rinforzo positivo, in cui il consumo di dolci diventa una strategia per auto-soddisfarsi ed alleviare momenti di tensione o ansia.

Dipendenza da alcol, psicologia

La dipendenza da alcol è un disturbo complesso che coinvolge una combinazione di fattori genetici, ambientali e individuali.

Ad esempio, alcune persone possono avere una predisposizione genetica alla dipendenza da alcol, mentre altri possono sviluppare questa dipendenza in risposta a traumi psicologici o esperienze particolarmente stressanti.

L’uso cronico ed eccessivo di alcol esercita un impatto significativo sul funzionamento cognitivo ed emotivo della persona. Può interferire con la capacità di prendere decisioni razionali, aumentare i sentimenti di depressione e ansia, nonché compromettere seriamente le relazioni interpersonali.

L’abuso di alcol può diventare un meccanismo di coping per affrontare lo stress, l’ansia o altri problemi emotivi, creando un ciclo di dipendenza difficile da interrompere.

Dipendenza da smartphone, psicologia

La dipendenza da smartphone ha guadagnato sempre più rilevanza negli ultimi anni grazie alla diffusione capillare della tecnologia e della possibilità di essere connessi alla rete sostanzialmente ovunque.

Da un punto di vista psicologico, la dipendenza da smartphone può essere alimentata da una serie di fattori, tra cui la ricerca di gratificazione immediata con rilascio di dopamina nelle reti neurali del cervello, l’ansia da mancanza di connessione sociale e la compulsione verso l’uso della tecnologia come mezzo di evasione dai problemi quotidiani o dallo stress emotivo.

Il costante accesso ai dispositivi mobili e alle applicazioni social può creare a tutti gli effetti una dipendenza comportamentale, dove l’individuo si sente quasi impulsato a controllare regolarmente il telefono, a rispondere istantaneamente alle notifiche che riceve e a navigare sui social media per paura di sentirsi isolato o di perdere eventi percepiti come irrinunciabili.

Questo comportamento può interferire con la qualità del sonno, le relazioni interpersonali e la capacità di concentrarsi sulle attività quotidiane.

La psicologia della dipendenza da lavoro

La dipendenza da lavoro, anche conosciuta come workaholism, è un fenomeno articolato che coinvolge aspetti psicologici profondi legati alla ricerca di gratificazione attraverso l’attività lavorativa e al bisogno costante di successo e realizzazione professionale.

Per poter parlare di dipendenza dal lavoro è richiesta la coesistenza di comportamenti lavorativi caratterizzati da un palese eccesso e di una compulsione interna insopprimibile che preme l’individuo verso tali estremi.

Dal punto di vista psicologico, la dipendenza dal lavoro può essere alimentata da diversi fattori, tra cui la ricerca di riconoscimento e accettazione sociale, la paura del fallimento e il desiderio di evitare situazioni personali o emotive difficili.

Le persone con dipendenza da lavoro tendono a dedicare un’eccessiva quantità di tempo e di energia al lavoro, sacrificando spesso il tempo libero, le relazioni interpersonali e persino la propria salute a favore delle responsabilità lavorative.

In questa dipendenza Mark Griffith (2005; 2011) ha identificato sei criteri distintivi che la caratterizzano e che sono tipici anche di altre forme di dipendenza comportamentale:

  1. Preminenza o salienza. Il lavoro diventa il fulcro centrale della vita di un individuo, dominando i suoi pensieri e comportamenti anche al di fuori dell’ambiente lavorativo.
  2. Fluttuazioni del tono dell’umore. L’attività lavorativa è associata a variazioni di stato d’animo, che spaziano dall’eccitazione alla tristezza e alla tranquillità.
  3. Conflitti interpersonali. Si osserva una progressiva difficoltà nelle relazioni interpersonali, con critiche da parte degli altri per l’incapacità del dipendente da lavoro di distaccarsi dall’attività lavorativa.
  4. Tolleranza. Il dipendente da lavoro percepisce la necessità di aumentare gradualmente ma inesorabilmente il tempo dedicato al lavoro per ottenere lo stesso livello di soddisfazione.
  5. Sintomi da astinenza. L’individuo sperimenta disagio fisico e psicologico quando non può lavorare perché, ad esempio, in ferie o in malattia, manifestando irritabilità e cambiamenti repentini dell’umore.
  6. Episodi di ricadute. Dopo periodi in cui la dipendenza comportamentale sembrava sotto controllo, il dipendente ritorna a comportamenti lavorativi eccessivi.

Questi fattori, presi nel loro insieme, possono portare a sentimenti di ansia, stress e disconnessione dalle attività e dagli interessi al di fuori del lavoro.

Le dipendenze emotive

Per dipendenze emotive si intende quella tipologia di dipendenze che si attiva nell’ambito di una relazione sentimentale.

Specifico subito che un certo grado di dipendenza in una relazione di per sé non è da considerarsi patologica.

Il confine che definisce la dipendenza affettiva disfunzionale è quello oltre il quale l’altra persona, e in generale la relazione di coppia, è vissuta come una condizione indispensabile per la propria stessa sopravvivenza. L’altra persona viene percepita come parte inalienabile di sé e diventano comuni affermazioni quali: “Senza di lui/lei la mia vita sarebbe finita”, oppure “Non posso pensare la mia vita senza di lui/lei”.

In questo caso si può parlare a tutti gli effetti di condizione relazionale negativa, che vede un rapporto fortemente sbilanciato, asimmetrico e caratterizzato dall’assenza di vera reciprocità.

Anche se non viene annoverata nei manuali diagnostici tra le dipendenze patologiche, la dipendenza affettiva può raggiungere una forma così estrema da manifestare tratti simili alla dipendenza da sostanze.

Le dipendenze patologiche: quando il desiderio diventa incoercibile

Una dipendenza comportamentale o da sostanza diventa patologica non tanto in funzione dello specifico tipo di condizione, ma delle dinamiche caratteristiche con cui si manifesta.

In particolare, troviamo la perdita della capacità di controllare l’abitudine, che porta ad un uso prolungato, eccessivo e ripetuto della sostanza, fino ad arrivare al cosiddetto craving, definito come desiderio incoercibile diretto verso questa sostanza che può emergere in qualunque momento.

Oltre a questo aspetto, è possibile assistere anche ad un consumo rischioso della sostanza, che può portare a significative alterazioni dello stato psico-fisico, oltre ad un frequente ritiro dalla vita sociale.

La classificazione delle dipendenze patologiche nel DSM-5

Iniziamo con la definizione di dipendenza patologica data dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità):

Condizione psichica e talvolta anche fisica, derivata dall’interazione di un organismo vivente ed una sostanza tossica, e caratterizzata da risposte comportamentali ed altre reazioni, che comportano sempre un bisogno compulsivo di assumere la sostanza in modo continuativo o periodico, allo scopo di provare i suoi effetti psicologici e talvolta di evitare il malessere della sua privazione.”

Nel DSM-5, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali redatto dall’American Psychiatric Association, le categorie “abuso” e “dipendenza da sostanze” sono state unificate in un unico disturbo, comprendendo anche il gioco d’azzardo patologico (GAP o ludopatia), e misurandolo secondo una scala da lieve a grave; un “disturbo da uso di sostanze” rappresenta “un pattern problematico di uso di una sostanza che porta a disagio o compromissione clinicamente significativi”.

Scala delle dipendenze: come quantificare l’intensità del fenomeno

La cosiddetta scala delle dipendenze è un concetto utile per comprendere la gravità di uno stato di dipendenza e classificarla in base al suo impatto sulla vita di un individuo. Questa scala varia da un livello meno grave a uno più grave, aiutando a valutare l’entità del problema.

Alcuni fattori chiave che influenzano la posizione di una dipendenza sulla scala includono la frequenza e l’intensità delle dinamiche comportamentali dei soggetti affetti da dipendenza, il loro impatto sulla salute fisica e mentale e l’interferenza nella vita quotidiana e nelle relazioni interpersonali.

La quantificazione della gravità dello stato di dipendenza trova la sua massima utilità nel caso dell’abuso di sostanze o di droghe, quindi quando la persona manifesta una tossicodipendenza. Sono disponibili diversi questionari e relative scale per attribuire un punteggio alla gravità di una dipendenza da sostanza.

Una di quelle più famose per la dipendenza da droghe, escluso l’alcol, è la Scala di Intensità della Dipendenza (Severity of Dependence Scale, o SDS).

La scala SDS è composta da 5 domande o affermazioni specifiche che il paziente deve valutare in base alla propria esperienza. Le domande si concentrano su vari aspetti della dipendenza, tra cui il desiderio di consumo, la perdita di controllo, l’importanza della sostanza nella vita quotidiana e la capacità di smettere di consumare la sostanza. Ogni domanda ha un punteggio che varia da 0 a 3, dove 0 indica “nessun problema” e 3 indica “problema molto grave”.

Il punteggio totale sulla scala SDS può quindi variare da 0 (nessuna dipendenza) a 15 (dipendenza molto grave). Un punteggio più alto indica una maggiore gravità della dipendenza. La scala SDS è spesso utilizzata in un contesto clinico o di ricerca per valutare l’efficacia dei trattamenti e monitorare i progressi nel trattamento della dipendenza da sostanze.

Vi sono altri questionari o scale famose, come il CAGE per la quantificazione della gravità di una dipendenza da alcol, la scala per la valutazione dell’astinenza da oppiacei (SAO) e da alcol-sedativi (SAA).

In ogni caso, è importante ricordare che la valutazione della dipendenza è un processo complesso e multidimensionale, e la scala SDS è solo uno strumento di valutazione tra molti altri.

Ludopatia, significato. Quando il gioco diventa una trappola

La ludopatia è un termine derivato dalle parole ludos (che significa “gioco”) e pathos (che significa “sofferenza” o “patologia”), andando ben oltre la semplice partecipazione a giochi d’azzardo.

A tutti gli effetti rappresenta una forma di dipendenza comportamentale caratterizzata da un insaziabile desiderio di giocare d’azzardo nonostante le conseguenze negative che ne derivano.

È una condizione che riflette una profonda sofferenza interiore, spesso collegata a questioni complesse di autostima, ricerca di eccitazione e fuga dalla realtà quotidiana.

In molti casi, il gioco d’azzardo diventa un modo per sfuggire dai problemi personali, garantendo momenti di adrenalina e speranza che possono temporaneamente alleviare il disagio interiore.

La ludopatia può essere quindi vista come segnale di un disagio emotivo sottostante e la comprensione del suo significato va oltre l’osservazione dei comportamenti esterni. Si incentra su un bisogno profondo di gratificazione immediata a cui in genere è molto difficile resistere.

In molti casi, coloro che soffrono di ludopatia cercano disperatamente un cambiamento nella propria vita attraverso la vincita in un gioco, ma questa ricerca continua di fortuna può spingere in una spirale di debiti, ansia e disperazione.

Ludopatia, sintomi

I sintomi della ludopatia possono variare da persona a persona, ma ci sono alcune manifestazioni comuni da osservare. Uno dei sintomi principali è la progressiva perdita di controllo sul gioco, con l’incapacità di smettere o di fermarsi quando si inizia a giocare.

Altri sintomi includono l’interesse sempre maggiore per il gioco d’azzardo, il bisogno di scommettere somme sempre più elevate per raggiungere lo stesso livello di eccitazione, l’irrequietezza o l’irritabilità quando si tenta di smettere e il continuo ricorso al gioco come mezzo per fuggire dai problemi o dalla realtà.

In molti casi, le persone affette da ludopatia finiscono per mentire o nascondere il proprio comportamento di gioco agli altri, compresi familiari e amici.

Questi sintomi possono portare a gravi conseguenze personali, finanziarie e sociali a cui bisognerebbe porre un argine quanto prima per tutelare sia la persona che ne è affetta che il suo ambiente familiare.

Ludopatia, cura

È importante riconoscere i segnali precoci della ludopatia e cercare un supporto professionale qualificato se si sospetta di avere personalmente o di conoscere qualcuno con questo tipo di dipendenza.

Come uscire dalla ludopatia in concreto? A quali azioni e interventi è bene dare la priorità?

Anche se è una sfida complessa, è importante ricordare che esistono opzioni di trattamento efficaci per coloro che intendono uscire da questa dipendenza comportamentale. La cura della ludopatia di solito coinvolge un approccio multidisciplinare che mira a trattare sia gli aspetti comportamentali che quelli emotivi della dipendenza.

Una delle opzioni di trattamento più comuni è la psicoterapia, grazie alla quale i pazienti arrivano ad identificare i pensieri e i comportamenti disfunzionali legati al gioco d’azzardo e a sviluppare strategie per cambiarli. La terapia di gruppo può essere altrettanto efficace dal momento che fornisce un sostegno sociale da parte di persone che affrontano problemi simili.

In alcuni casi risulta utile anche la prescrizione di specifici medicinali per la cura farmacologica dei sintomi quali ansia e depressione che di solito accompagnano la ludopatia. Il sostegno familiare è altrettanto fondamentale dal momento che la dipendenza dal gioco d’azzardo ha quasi sempre un impatto significativo sugli affetti.

Il percorso di guarigione può variare da persona a persona e il successo dipenderà anche dalla motivazione e dall’impegno del paziente. In ogni caso, un trattamento terapeutico adeguato può aiutare a gestire questa dipendenza e a riprendere il controllo sulla propria vita.

Le cause psicologiche delle dipendenze comportamentali

Le cause delle dipendenze comportamentali e da sostanza sono multifattoriali, e si possono identificare dei fattori di rischio, quali età precoce di utilizzo, co-morbidità, pressione sociale da parte dei coetanei o dei componenti di quello che è percepito come il gruppo dei pari ad una determinata età.

Il circolo vizioso della dipendenza e il ruolo del surrogato

Il circolo vizioso dietro alle dipendenze comportamentali e da sostanza include atteggiamenti e stati d’animo che si rafforzano a vicenda. Dal momento che non vi è un punto di partenza specifico, ogni elemento può innescare quello successivo.

La sostanza o il comportamento oggetto della dipendenza agisce poi come una sorta di surrogato del vuoto, o mancanza, che il paziente sta cercando di curare. Il surrogato per definizione non può curare questa mancanza, e quindi si innesca un circolo vizioso. Il surrogato non è ciò di cui la persona ha veramente bisogno.

Il presupposto da cui partire è che il movimento di ricerca e fruizione di questo surrogato è un tentativo di guarigione del vuoto interiore o del bisogno psicologico. Non avendo però riconosciuto il vero oggetto della mancanza, il meccanismo della dipendenza si auto-alimenta e la persona si ritrova a subire uno o più comportamenti disfunzionali, che possono anche essere oggetto di stigma sociale e famigliare.

In questo caso, il disagio secondario che deriva dalla condanna della dipendenza si somma al bisogno non riconosciuto e insoddisfatto che giace nella psiche del soggetto. Quest’ultimo continua così a stare male, il suo bisogno non è riconosciuto, e le dinamiche comportamentali della dipendenza gli sottraggono costantemente energie psichiche che potrebbe impiegare in un modo ben più costruttivo.

Non sapendo, peraltro, che cosa ha indotto la dinamica della dipendenza, la persona si trova in un vicolo cieco da cui le sembra impossibile uscire.

Gruppo di persone giovani che mostrano i sintomi tipici della dipendenza da cellulare, continuando a guardare i propri smartphone [Photo by cottonbro studio on Pexels]
La dipendenza da cellulare in persone giovani

Come uscire dalle dipendenze comportamentali: la figura dello psicoterapeuta

Un percorso di Psicoterapia Olistica può consentire di interrompere il circolo vizioso di un comportamento di dipendenza o l’assunzione compulsiva di una sostanza, anche se per poterlo fare deve focalizzarsi sul rendere coscienti le dinamiche che sottostanno alla dipendenza.

La cessazione delle dipendenze comportamentali o da sostanza sul piano esteriore risulta così il fine, e non il mezzo.

Con il percorso psicoterapeutico, infatti, l’individuo prende consapevolezza dei malesseri e degli irrisolti psichici che lo hanno portato alla dipendenza.

Quest’ultima, come abbiamo visto prima, cerca di curare una dinamica psicologica di sofferenza che si trova al di sotto della superficie della consapevolezza, ma per definizione non può guarirla di per sé, andando così a perpetuare il meccanismo disfunzionale.

La Psicoterapia per dipendenze

Nel momento in cui, come psicoterapeuta, lavoro su come uscire da una dipendenza comportamentale o da sostanza è opportuno fin dall’inizio condurre il paziente delicatamente attraverso questo velo distorcente che gli impedisce di riconoscere esattamente cosa si muove al proprio interno.

Tutto parte dalla presa di coscienza anche di questo dolore.

È necessario risalire alla radice della mancanza e del comportamento disfunzionale che ne deriva, in un clima interno di accoglienza. Le radici affondano sovente in una mancanza percepita di amore o di riconoscimento da parte di uno o di entrambi i genitori.

Ecco perché è molto difficile, se non impossibile, stare meglio con sé stessi e nella vita in generale fintanto che non abbiamo rielaborato adeguatamente il rapporto con i nostri genitori.

E qui sto parlando anche del rapporto con la rappresentazione interna dei nostri genitori.

Le ferite emozionali che si annidano nell’inconscio possono letteralmente bloccare un percorso di crescita personale anche ben avviato. È possibile aver ottenuto progressi importanti e stabili, anche per più anni consecutivi, ma quando la persona impatterà contro la ferita inconscia ogni possibilità di ulteriore crescita e di indagine interna viene sbarrata.

In linea generale, vi è un principio importante che lo psicoterapeuta per dipendenze deve seguire.

Un comportamento poco virtuoso, come appunto una dipendenza comportamentale o da sostanza, non può quasi mai essere gestito frontalmente. La collisione frontale porta nel 99,9% dei casi ad una reazione opposta nella persona, che si allontanerà immediatamente da questo pericolo.

D’altro canto, la correzione o ristrutturazione puramente cognitiva o comportamentale non cura a ritroso la ferita emotiva.

Ogni comportamento è psico-logico, quindi ha un senso dal punto di vista della psiche.

Come per altre problematiche, risulta essenziale la presa di consapevolezza della dinamica sottostante e della carenza psicologica che ha innescato tutto il processo.

Solo in questo modo, con uno scavo nel profondo della psiche del paziente, è possibile poi integrare il vuoto e recuperare quella funzione che sembrava perduta per sempre.

Attraverso l’acquisizione di comportamenti più funzionali la persona può così rivalorizzare il suo ruolo nella società ed in famiglia, ma anche restaurare un rapporto adeguato con sé stessa.


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Foto professionale della Dott.ssa Elisa Scala, medico psicoterapeuta a Novara
Ricevo a Novara e online

Medico psicoterapeuta

Sono iscritta all’Albo Professionale dei Medici dall’anno 2008 ed esercito la professione di Psicoterapeuta sia per mezzo di sedute online (via Zoom o Skype) che in presenza nel mio Studio privato vicino al centro storico di Novara.

Perché rivolgersi ad un medico psicoterapeuta?

Grazie alla sua duplice formazione medica e psicoterapeutica, un medico psicoterapeuta è in grado di valutare il paziente non solo dal punto di vista meramente psicologico, ma anche di considerare eventuali fattori biologici, medici e farmacologici che possono influenzare il disturbo, conflitto interiore o disagio portato dal paziente.

Questo permette una presa in carico olistica, in cui si possono trattare problematiche emotive, psichiche e fisiche in modo sinergico, personalizzando il percorso terapeutico per ottenere risultati più efficaci e duraturi.

I vantaggi tangibili per il paziente consistono in tempi mediamente più brevi rispetto alla psicoterapia tradizionale e senza limitarsi a quella che potrei definire come “terapia dell’ascolto”.

Dott.ssa Elisa Scala, medico psicoterapeuta a Novara