L’Ombra secondo Jung rappresenta tutti quei lati di noi che rifiutiamo, spostandoli al di fuori del radar della nostra coscienza. Questa rimozione ci dà la sensazione illusoria che quell’aspetto non esista più, che abbia smesso di far parte di noi.
La personalità umana si trova, quindi, costituita da una parte di Luce e da una di Ombra, che nel nostro mondo interno corrispondono al bene (ciò che è accettabile) e al male (ciò che va rigettato e combattuto).
In questo non dobbiamo però dimenticare che non possiamo veramente eliminare una parte della nostra psiche (ed è un bene che sia così).
Possiamo grossolanamente paragonare l’ombra ad un cestino dove confluiscono tutti gli elementi che intendiamo eliminare, con la differenza però che questo cestino non può essere svuotato, ma solo reintegrato se arriva il giusto comando.
Da questo punto di vista, l’ombra tiene tutto, avendo quindi una valenza evolutiva e racchiudendo una serie di potenziali risorse, capacità e talenti che sono lì come parcheggiati in attesa che andiamo a reclamarli di diritto.
In questo articolo tratterò i vari aspetti dell’Ombra secondo Jung, entrando nel dettaglio delle 5 dinamiche psicologiche principali che possono portare a rigettare qualcosa negli altri, spingendomi oltre il classico meccanismo di difesa della proiezione, ovvero “vedo e rifiuto negli altri qualcosa di me che non sopporto”.
Nella seconda metà tratterò l’aspetto evolutivo dell’ombra junghiana e come relazionarci con quest’ultima per crescere ed evolvere, risolvendo progressivamente i nostri conflitti interiori e le lacerazioni psicologiche che ci accompagnano praticamente da sempre.
Cos’è il lato oscuro di una persona?
Quando si parla di Ombra in psicologia o di lato oscuro di una persona, ci troviamo immediatamente ad intraprendere un viaggio nelle profondità più remote e tenebrose dell’animo umano.
L’ombra è quel misterioso territorio dell’inconscio e dell’inconfessabile che è stato magistralmente descritto da Carl Gustav Jung, uno dei pionieri della psicologia analitica.
Secondo Jung l’ombra nasconde l’inaccettabile, è quel comparto enorme del nostro essere che ci serve a “pulire la nostra immagine” agli occhi del mondo esterno, secondo dei parametri del tutto personali e instillati nei primissimi anni di età.
Possiamo vederla come la nostra figura proiettata su una parete: quando noi ci muoviamo, questa ci segue; quando proviamo ad allontanarci, ci verrà dietro, uguale nella forma ma speculare nei movimenti e nella direzione.
L’ombra può esistere unicamente in presenza della luce.
L’ombra è solo assenza di luce.
Un corpo immerso completamente nel buio non proietta alcuna ombra, né può tenere al proprio interno delle parti oscure. Solo nel buio più totale possiamo non avere l’ombra.
In questo, Luce ed Ombra sono considerate come metafore del polo positivo e del polo negativo, del Bene e del Male dentro e fuori di noi.
Nel momento in cui ci esponiamo alla luce della nostra coscienza, l’ombra tende a manifestarsi. È proprio quella luce che, se da un lato mi consente di conoscere la mia psiche, dall’altro mi mette immancabilmente faccia a faccia anche con ciò che agisce nell’Ombra.
La presenza della luce fa affiorare le polarità duali del nostro mondo interno.
Origine e sviluppo dell’ombra secondo Jung
Secondo Jung, l’ombra si forma durante lo sviluppo della personalità, quando il bambino inizia a distinguere tra il sé e gli altri e a conformarsi alle aspettative sociali e culturali che lo circondano.
Gli aspetti del sé che non vengono approvati o accettati dalla società, o che sono in contrasto con i valori personali, vengono repressi e confinati nell’inconscio.
Nel nostro inconscio vive quindi una personalità parziale dotata di relativa autonomia, formata dalla confluenza di tutti quegli aspetti della nostra natura istintiva che, per incompatibilità con il modello che vogliamo incarnare, non possono essere vissuti.
Questi possono includere desideri, impulsi, debolezze, aspirazioni e caratteristiche negative che la coscienza rifiuta perché incompatibili con l’immagine di sé ideale.
L’Ombra come archetipo nella visione di Jung: inconscio individuale ed inconscio collettivo
Nella visione di Jung l’ombra rappresenta anche un archetipo, ovvero un modello universale e innato di comportamento e pensiero che costituisce un substrato dell’inconscio collettivo.
A differenza dell’inconscio personale, che contiene ricordi ed esperienze individuali, l’inconscio collettivo è condiviso da tutta l’umanità e raccoglie le esperienze comuni ed i miti archetipici che si sono accumulati nel corso della storia evolutiva.
Questi modelli preesistenti non sono appresi, ma sono presenti dalla nascita e influenzano profondamente il comportamento e la psiche umana.
Gli archetipi svolgono un ruolo cruciale nel processo di individuazione, il percorso di sviluppo personale verso la realizzazione del Sé.
La consapevolezza e l’integrazione di questi archetipi aiutano gli esseri umani a comprendere e a riconciliare gli aspetti opposti della loro personalità, promuovendo una maggiore armonia e completezza.
Una delle caratteristiche chiave di un archetipo è la sua manifestazione attraverso miti, leggende, sogni, religioni e culture di tutto il mondo.
L’archetipo dell’ombra si palesa nei sogni tipicamente sotto forma di figure minacciose o inquietanti, che simboleggiano gli aspetti impenetrabili ed inesplorati del sé. Nei miti e nelle storie, l’ombra è rappresentata da figure come l’antagonista, il nemico o il mostro, che incarnano le forze interne che dobbiamo affrontare ed integrare.
Le zone d’ombra della psiche e la proiezione come meccanismo classico di difesa
Come abbiamo visto, per Jung l’ombra è la parte dell’inconscio che contiene tutti gli aspetti negati, repressi o non riconosciuti della nostra personalità. È il luogo in cui confluiscono le emozioni e i tratti che rifiutiamo di vedere in noi stessi, spesso a causa delle norme sociali o delle aspettative che ci siamo imposti come risultato dei condizionamenti registrati in giovanissima età.
Domandiamoci però che cosa succede al contenuto psichico “parcheggiato” al di sotto del livello della coscienza. Tutto questo materiale rimane lì oppure influenza le nostre relazioni interpersonali?
Una dinamica cardine del lato ombra è il ben noto fenomeno della proiezione in psicologia: ciò che rifiutiamo in noi stessi, lo vediamo poi agito dagli altri. Le altre persone riflettono così una nostra ombra e ci facilitano enormemente nel suo riconoscimento.
Si prestano, pur a loro insaputa, a farsi percepire in maniera sgradevole da noi per offrici uno spaccato del nostro mondo interiore più recondito e nascosto.
Gli altri sono quindi attori del nostro inconscio e partecipano a questa danza psicologica instancabile.
Già riconoscere il meccanismo della proiezione tradizionale significa aver fatto un bel passo in avanti e mettersi nella condizione di poter tornare in possesso del suo contenuto, di fatto ritirandola: “anche se lo vedo agito negli altri, questo aspetto che non sopporto in realtà è mio!”.
Il lato oscuro della proiezione che può bloccarci in un grande inganno
La proiezione però non va vista solamente nella maniera classica e più immediata:
non sopporto qualcosa di me –> non mi permetto di vederlo dentro di me –> lo sposto su un’altra persona che si presta involontariamente a questa dinamica –> inizio a provare risentimento verso quella persona che incarna qualcosa che non sopporto –> giustifico razionalmente questa non sopportazione proprio alla luce di quell’aspetto che vedo nell’altro.
In realtà, la proiezione “classica” ha un suo lato oscuro, un qualcosa che non ci racconta.
Questa dinamica, infatti, al giorno d’oggi è piuttosto abusata negli ambienti di lavoro su di sé e di crescita personale. Quante volte ci sentiamo dire: “se non sopporti qualcosa in quella persona, è perché sei anche tu così ma non lo vuoi vedere!”.
Questa, a ben guardare, è una bella porta che ci viene chiusa in faccia: o capiamo, oppure in qualche modo rimaniamo indietro.
Il risultato è che ne soffriamo, ci sentiamo a disagio e perfino in colpa, ma magari proprio non riusciamo a vedere quell’aspetto dentro di noi.
E non lo vediamo perché in effetti non c’è.
Questo approccio superficiale è molto pericoloso e può intrappolare la persona in una comprensione limitata e spesso distorta della realtà, allontanandola tra l’altro dalla possibilità di integrare la propria ombra.
Bisogna prima avere una panoramica completa dei 5 processi (inclusa la proiezione stessa) che possono portare a rifiutare qualcosa negli altri, e poi indagare quale sia il proprio.
Andando oltre la proiezione: i 5 meccanismi alla base del nostro rifiuto di un tratto di personalità che vediamo negli altri
Il primo meccanismo è quello della proiezione, che ho appena presentato nei dettagli.
Vediamo adesso le altre 4 modalità dell’ombra, gli automatismi che possono stare alla base di qualcosa che ripudiamo negli altri.
Non dobbiamo pensare in automatico che qualunque contenuto che non sopportiamo nelle persone che ci circondano sia in realtà un tratto che alberga dentro di noi, e che reprimiamo e cerchiamo di soffocare. Potrebbe in effetti essere così, ma ci sono tante altre possibilità che vanno esplorate individualmente.
In alcuni casi si tratta semplicemente di un aspetto di noi, una manifestazione della nostra personalità che era bandita nell’ambiente familiare nei primi anni di vita (esempio tipico, il pianto o l’espressione della rabbia). E, come ben sappiamo, esprimere un aspetto di noi che non era ammesso in famiglia poteva significare il rifiuto da parte dei genitori o delle figure di accudimento, con conseguente messa a rischio della possibilità stessa di sopravvivere. Ecco che da adulti continuiamo quindi a non sopportare quell’aspetto negli altri, ma non perché anche noi in fondo siamo così, ma perché risuona con una dinamica che non ci era permesso esprimere nell’ambito della nostra relazione di attaccamento.
E, da piccoli, quando ci siamo trovati in conflitto tra il nostro sentire interiore e la necessità di compiacere i caregiver per ricevere accudimento, abbiamo sempre scelto questa seconda via, depositando il primo mattoncino della negazione della nostra autenticità e di alcuni nostri bisogni.
Il terzo meccanismo che può spiegare una reazione di rifiuto è vedere qualcosa che avremmo voluto avere, ma che ci è stato negato o magari è stato dato a nostro fratello o sorella, maggiore o minore che sia. Qui vedere che una delle persone che ci circondano o che conosciamo può beneficiare di qualcosa che a noi invece era precluso ci spinge ad una reazione di rifiuto anche veemente. Vorremmo eliminare dalla nostra consapevolezza quel qualcosa che ci grida addosso ciò che a noi è mancato.
La quarta casistica che può portare a respingere qualcosa negli altri è quando ciò che vediamo agito va in conflitto con il nostro sistema di valori o con le nostre convinzioni. Potremmo qui estendere il concetto anche alle convinzioni religiose individuali. Nessuna persona riuscirà ad agire a lungo ponendosi in contrasto con il proprio sistema valoriale, che edifica quindi dei veri e propri binari su cui imposteremo la nostra esistenza.
La quinta possibilità che può portare al rifiuto è quando in giovanissima età abbiamo dovuto pagare un prezzo molto alto per avere qualcosa, o quando siamo stati oggetto di ricatto o di manipolazione. L’associazione di emozioni negative porta facilmente a rigettare a tutto il pacchetto, incluso ciò che vorremmo invece ricevere o che ancora attendiamo nella nostra vita.
Qualche spunto pratico per riconoscere il proprio meccanismo
Per comprendere più facilmente a quale meccanismo siamo di fronte, è utile anche considerare la dinamica o contenuto oggetto di rifiuto. Questo ci fornirà una prima mappa per iniziare ad orientarci.
Ad esempio, se non sopporto l’aggressività manifesta nel mio prossimo, è probabile che sia di fronte al classico meccanismo della proiezione oppure all’evidenza che nella mia relazione di attaccamento durante l’infanzia ho dovuto escludere qualunque manifestazione di scatti d’ira.
Se, invece, non sopporto chi inganna il prossimo, potrei trovarmi di fronte ad una proiezione, ma anche ad un conflitto con il mio sistema valoriale.
Vedere una persona che beneficia di parecchie attenzioni potrebbe, d’altro canto, più che ragionevolmente portarci alla casistica di qualcosa che avremmo voluto o dovuto avere di diritto, ma che ci è stato negato o che comunque non era garantito nel nostro campo.
Come sempre, un’introspezione senza il filtro del giudizio può consentirci di vedere direttamente parecchi aspetti di noi.
Come affrontare la propria Ombra secondo Jung: il potere di un lavoro di integrazione
Il lato ombra, nel suo significato simbolico, rappresenta gli aspetti nascosti e rifiutati della nostra personalità che necessitano di essere riconosciuti ed integrati per raggiungere una completa realizzazione di sé.
Non si può essere davvero completi senza i contenuti dell’ombra.
Noi SIAMO anche ciò che la nostra coscienza respinge.
Di base, noi tendiamo ad ignorare o addirittura a rifiutare, più o meno totalmente, il nostro lato ombra.
Jung credeva che questa dinamica rispetto all’ombra potesse portare a disturbi psicologici, scissioni interne e comportamenti disfunzionali. Quando allontaniamo la nostra ombra, è come se la stessimo condannando a vivere un’esistenza autonoma, sganciata dal resto della personalità. L’Io è come se si rintanasse a vivere solamente nella parte di Luce, conducendo un’esistenza del tutto parziale.
Questo processo pericoloso porta all’insorgenza della maggioranza delle tipologie di Doppio.
Affrontare la propria ombra, riconoscendo ed accettando le parti oscure della personalità, è quindi l’unica via per crescere e svilupparsi in modo sano e completo.
L’ombra junghiana, in questo modo, non è solo una causa di conflitto, ma anche una potenziale sorgente di energia, creatività e saggezza se integrata nella personalità conscia e, quindi, rimessa a disposizione.
L’integrazione dell’ombra è quindi cruciale per raggiungere una personalità completa e autentica, proprio perché consente all’individuo di confrontarsi con le sue debolezze e contraddizioni.
Secondo Jung solo l’Ombra rifiutata e nascosta risulta veramente spaventosa, mentre l’Ombra accettata e integrata, invece, è positiva e fonte preziosa di nuova energia psichica.
La descensus ad inferos: quando arriva il momento di affrontare i propri demoni
Scendere negli Inferi della psiche (in latino descensus ad inferos) non è comunque un percorso da iniziare a cuor leggero: affrontare la propria ombra implica, infatti, affrontare i propri demoni che abitano l’inconscio. Tutto ciò che abbiamo rifiutato per anni, se non per decenni, è cresciuto, si è strutturato e ha iniziato a vestire la maschera di mostro.
Questa maschera, tra l’altro, gliel’abbiamo fatta indossare noi con il nostro continuo rifiuto e con la nostra pretesa fittizia di vivere nel mondo sociale come se quel lato di noi non esistesse.
Semplicemente abbiamo un conto aperto con il nostro lato ombra, e la Vita prima o poi si incarica di recapitarcelo per darci l’opportunità di sanare le nostre fratture interne, i nostri conflitti, chiudendo idealmente questo debito con noi stessi.
Approfondiamo adesso la natura di un conflitto psichico e come possiamo rapportarci a quest’ultimo in modo corretto.
Cos’è un conflitto in psicologia e perché dobbiamo iniziare ad abitarlo
In psicologia, il conflitto può essere definito come una condizione di tensione che la persona avverte quando emergono esigenze, desideri, bisogni, aspirazioni e motivazioni divergenti e in opposizione rispetto ad un obiettivo da raggiungere.
Come possiamo però rapportarci ad un conflitto senza generare ulteriori tensioni?
Il conflitto va abitato e non rimosso, cedendo alla tentazione seducente del “in questo modo non ci penso più”. Sarebbe come chiudere un cassetto della psiche così com’è in nome di una percepita insostenibilità del dolore conflittuale. In questo modo rinuncio a tutto il suo contenuto tout court, che verrà esiliato dalla mia vita quotidiana e dalla mia esistenza in generale.
Da solo, un conflitto non può andare in risoluzione.
Se entro nel conflitto e inizio a dimorare lì con la mia luce, questo tende a dissolversi.
Se lo rifiuto, non solo continuerà ad esistere, ma si rinforzerà e acquisirà più potere.
Quando abito il conflitto sono diventato un tutt’uno con il mio nemico. Quest’ultimo non è la persona esterna a me con la quale ho un problema, ma è ciò che io sento nei confronti di quella cosa, persona, atteggiamento o situazione che mi manda in crisi.
Il nemico è quella sofferenza psichica generata da una situazione esterna, che rifiuto e vorrei annientare solamente per smettere di provare quel disagio interno.
Tutto ciò che rigetto diventa in automatico il mio nemico, un’energia con cui ingaggiare una lotta interiore (e a volte anche esteriore) nel tentativo di buttarla fuori dal mio campo di consapevolezza e a cui non dare mai il diritto di cittadinanza.
Se accetto il conflitto divento un tutt’uno con la mia ombra e quest’ultima smette di essere tale nel momento stesso in cui lo faccio.
L’ombra abitata diventa luce, si converte in consapevolezza.
L’ombra NON abitata può invece generare dei veri e propri mostri.
Questo è un cambiamento radicale di prospettiva, uno dei pilastri fondamentali di un vero lavoro interiore.
Il ruolo della Psicoterapia Olistica nell’integrazione dell’Ombra
Dobbiamo sempre ricordare che l’energia vitale intrappolata nelle zone d’ombra della nostra psiche è considerevole e che queste ultime agiscono di continuo influenzando le nostre scelte e comportamenti.
A tutti gli effetti, sono come un direttore d’orchestra occulto, un vero e proprio burattinaio di cui in genere ignoriamo l’esistenza.
Riconoscere e integrare l’ombra risulta quindi un passo fondamentale verso l’integrità vera dell’essere, vale a dire uno stato interiore in-diviso, senza fratture, spaccature ed ombre che ci guidano da dietro le quinte.
È come mettere insieme delle tessere mancanti di un puzzle, permettendo di abbracciare la totalità di chi siamo.
Resta, ovviamente, un lavoro estremamente complesso. Quando si entra in contatto con determinate energie della psiche, non c’è mai da scherzare.
Nel contesto della Psicoterapia Medica Olistica, comprendere e lavorare con l’archetipo dell’ombra è un aspetto essenziale. L’approccio olistico in psicologia riconosce che un sano equilibrio della mente non può reggersi in una condizione di separazione dal corpo e dallo spirito.
Il lato ombra, quando non viene portato alla luce con i giusti esercizi e mezzi psicologici, può avere profonde ripercussioni sulla nostra salute psicofisica e alimentare sintomi psicosomatici di natura cronica.
“Non c’è luce senza ombre e non c’è pienezza psichica senza imperfezioni. La vita richiede per la sua realizzazione non la perfezione, ma la pienezza. Senza l’imperfezione non c’è né progresso né crescita.”
Carl Gustav Jung
Esercizi per integrare l’ombra
Il proprio lato ombra va esplorato ed integrato a partire da uno spazio protetto e sicuro in cui sia possibile sondare l’inconscio, affrontare i contenuti dolorosi che sono stati rimossi e riportare alla luce le parti nascoste di noi stessi, che magari sono rintanate nell’ombra da svariati decenni.
Vediamo adesso un esercizio che ti può essere molto utile per incontrare il tuo lato ombra e iniziare ad integrare gli aspetti più emarginati della tua personalità.
Questo esercizio può essere intitolato Dialogo con l’Ombra. Vediamo adesso i suoi passi principali:
- Crea uno spazio sicuro. Trova un luogo tranquillo, dove non ci saranno disturbi per almeno 20-30 minuti. Assicurati che l’ambiente sia comodo e rilassante. Puoi scegliere di fare questo esercizio in posizione seduta o sdraiata, l’importante è potersi concentrare e calmare.
- Preparazione tramite riflessione e intenzione. Prima di iniziare, prenditi qualche minuto per riflettere su ciò che sai del concetto di “lato ombra”. Chiediti: “Quali aspetti di me tendo a nascondere o rifiutare?”, “Cosa non voglio che gli altri vedano di me?”, “Di cosa mi vergogno profondamente?” o, ancora, “Cosa non mi è mai stato permesso di esprimere nella mia vita?”. Imposta un’intenzione di apertura e accettazione per l’esercizio. Ad esempio, potresti dire a te stesso/a: “Sono pronto/a ad esplorare le parti di me che ho nascosto, e a farlo senza giudizio.”
- Visualizzazione e incontro con l’Ombra. Chiudi gli occhi e immagina di trovarti in un luogo tranquillo e sicuro. Potrebbe essere un giardino verde, una spiaggia o una stanza accogliente. A questo punto, invita il tuo “lato ombra” a presentarsi a te. Non cercare di forzare l’immagine: lascia che questa parte di te appaia nella forma che desidera, senza nutrire alcun pregiudizio. Consenti che semplicemente sia quello che deve essere. L’ombra potrebbe assumere l’aspetto di una figura ben delineata, un simbolo o anche un semplice colore o un’energia. Nota importante. Per fare questo passaggio non è indispensabile aver recuperato tutti i contenuti della propria ombra, ma solamente essere entrati in uno stato di rilassamento e di apertura nel momento in cui chiamiamo a noi la sua energia.
- Dialogo con l’Ombra. Una volta che l’immagine del tuo lato ombra è chiara, inizia un dialogo con essa. Chiedile perché è qui e cosa vuole dirti. Puoi porre domande come:
- “Cosa rappresenti per me?”
- “Perché ti ho nascosto o rifiutato?”
- “Cosa posso imparare da te?”
- “Cosa mi vuoi dire in questo momento?” e
- (forse la più importante) “Cosa stai provando mentre mi parli?”. Ascolta attentamente le risposte, anche se possono sembrare confuse o inaspettate. Accogli quello che emerge senza giudizio.
- Esplora le emozioni associate. Presta attenzione alle emozioni che emergono durante il dialogo. In questo, l’ultima domanda di cui al punto 4 può essere un ottimo strumento per sondare il terreno emotivo inconscio. Potresti sentire rabbia, paura, vergogna, tristezza o persino sollievo. Non respingere queste emozioni, ma lascia che si manifestino liberamente. Ricorda, l’obiettivo di questo esercizio è integrare, non reprimere. E l’integrazione passa prima dal riconoscimento.
- Scrivi un resoconto dell’incontro con il tuo lato ombra. Dopo aver completato il dialogo, prendi carta e penna e scrivi un resoconto della tua esperienza. Annota cosa hai visto, cosa hai sentito e quali sono state le risposte della tua ombra. Scrivi anche ciò che hai imparato su di te e su come potresti iniziare a portare questi aspetti nella tua vita quotidiana. Si tratta di iniziare ad agire l’inconfessabile, dopo averlo prima visto e accettato interiormente.
- Azioni di integrazione. Alla fine, rifletti su un’azione concreta che puoi intraprendere per aiutarti ad accogliere e integrare questo lato ombra nella tua vita. Ad esempio, se hai scoperto che tendi a reprimere la tua assertività perché hai paura di essere visto come aggressivo, puoi decidere di esprimere i tuoi bisogni in modo più diretto la prossima volta che ti trovi in una situazione difficile.
Note importanti
- Ripetizione. Questo esercizio può essere ripetuto ogni volta che senti il bisogno di esplorare nuovi aspetti della tua ombra o di approfondire il tuo rapporto con essa.
- Non giudicarti mai. È importante affrontare questo processo con accoglimento e compassione verso di te e, a maggior ragione, verso i contenuti rifiutati. L’integrazione dell’ombra non è un processo istantaneo, ma richiede tempo e pratica.
Esistono anche altri esercizi per integrare l’ombra, ma quello che ti ho appena presentato è forse il più completo ed efficace proprio perché ti porta a contattarla direttamente all’interno di uno spazio protetto.
Almeno la prima volta potrebbe essere preferibile condurre l’esercizio nel mio Studio di psicoterapia. In ogni caso, risulta poi molto utile lavorare su tutto il contenuto inconscio che emerge e monitorare i progressi.
L’integrazione delle zone d’ombra della psiche è, in questo senso, un passaggio imprescindibile di un percorso di psicoterapia di successo, a maggior ragione se si segue un approccio olistico.
L’integrazione del lato ombra porta ad una maggiore autenticità, autocomprensione e capacità di gestire le emozioni. Quando riconosciamo e accettiamo le parti di noi stessi che avevamo nascosto, diventiamo più completi e meno inclini a proiettare i nostri difetti sugli altri o a reagire impulsivamente alle nostre emozioni più profonde.
È un percorso di auto-scoperta che richiede coraggio e impegno, ma è solo così che possiamo sanare le nostre fratture interne e procedere verso una reale guarigione.
Se vuoi più informazioni sulla Psicoterapia Medica Olistica oppure prenotare la prima seduta con me, puoi compilare il modulo di contatto che trovi all’inizio della Pagina Contatti.
Medico psicoterapeuta
Sono iscritta all’Albo Professionale dei Medici dall’anno 2008 ed esercito la professione di Psicoterapeuta sia per mezzo di sedute online (via Zoom o Skype) che in presenza nel mio Studio privato vicino al centro storico di Novara.
Perché rivolgersi ad un medico psicoterapeuta?
Grazie alla sua duplice formazione medica e psicoterapeutica, un medico psicoterapeuta è in grado di valutare il paziente non solo dal punto di vista meramente psicologico, ma anche di considerare eventuali fattori biologici, medici e farmacologici che possono influenzare il disturbo, conflitto interiore o disagio portato dal paziente.
Questo permette una presa in carico olistica, in cui si possono trattare problematiche emotive, psichiche e fisiche in modo sinergico, personalizzando il percorso terapeutico per ottenere risultati più efficaci e duraturi.
I vantaggi tangibili per il paziente consistono in tempi mediamente più brevi rispetto alla psicoterapia tradizionale e senza limitarsi a quella che potrei definire come “terapia dell’ascolto”.
Dott.ssa Elisa Scala, medico psicoterapeuta a Novara
Commento *
interessante!
La ringrazio, sono contenta che abbia trovato utile il contenuto dell’articolo.