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La disregolazione emotiva è la difficoltà a riconoscere, tollerare, modulare ed esprimere le emozioni in modo flessibile e adeguato al contesto.

È un tema trasversale a molte condizioni psicologiche e, al tempo stesso, una chiave di lettura utile per chi non presenta una diagnosi formale ma sperimenta fluttuazioni interne faticose e spossanti, crisi d’ira, conflitti, somatizzazioni o relazioni interpersonali instabili.

L’incapacità di sostenere e di gestire interiormente un’emozione quando supera una determinata soglia porta a reazioni amplificate e inspiegabili per le persone che si trovano di fronte a noi in quel momento.

In continuità con gli approfondimenti dedicati ad alessitimia e terapia ISTDP, questo articolo offre una mappa pratica e clinicamente fondata su cosa sia la disregolazione emotiva, il suo significato, come si manifesta nella vita quotidiana, quali sono alcuni esempi tipici, come la si può valutare tramite test e quali percorsi terapeutici possono favorire una vera guarigione tramite la regolazione delle emozioni.

Elenco dei Contenuti

Cos’è la disregolazione emotiva?

La disregolazione emotiva rappresenta un insieme di impedimenti a contattare, gestire, regolare e comunicare i propri vissuti affettivi, avendo alcuni punti in comune con l’alessitimia ed il blocco emotivo, che approfondiremo fra poco.

Queste difficoltà tipicamente riguardano la capacità di:

  • riconoscere e nominare gli stati emotivi nel momento in cui si manifestano;
  • comprendere l’origine e il significato dei propri vissuti;
  • tollerare un’intensità anche fisiologica dell’emozione (attivazione corporea, ansia, tensione);
  • regolare la durata e l’ampiezza della risposta emotiva, che risulta sproporzionata rispetto allo stimolo esterno, spesso per un fenomeno di risonanza;
  • scegliere strategie di regolazione delle emozioni efficaci e non impulsive;
  • comunicare i vissuti all’altro con assertività e senza risultare aggressivi.

Si parla sovente di spettro della disregolazione, che spazia da forme lievi e puramente situazionali a quadri persistenti che impattano su relazioni, lavoro e salute psicofisica.

È utile iniziare a distinguere la disregolazione dalla labilità emotiva. Se quest’ultima indica una rapida variabilità dell’umore (per esempio passare in pochi minuti, se non secondi, da tristezza ad irritabilità), la prima coinvolge soprattutto la scarsa capacità di modulare e dirigere la risposta, indipendentemente dal fatto che l’umore cambi spesso o meno.

Comprendere cos’è la disregolazione emotiva consente di orientare interventi mirati, dalla psicoeducazione all’esperienza emotiva guidata fino all’integrazione mente-corpo che caratterizza l’approccio olistico.

Disregolazione emotiva, esempi concreti

Alcuni esempi piuttosto comuni ci possono aiutare a riconoscere la disregolazione emotiva nella nostra quotidianità.

Vediamo insieme alcune casistiche che potremmo aver sperimentato in prima persona o a cui potremmo aver assistito:

  • dopo una critica anche lieve, la mente rimane impegnata per ore in una ruminazione ossessiva e in processi di autocritica, con difficoltà ad interrompere questo loop che sembra avere vita propria;
  • un modesto attrito sul luogo di lavoro scatena impulsività, tono di voce alto o, al contrario, ritiro brusco in sé stessi a seconda della struttura di personalità;
  • nelle relazioni affettive proviamo una pervasiva paura dell’abbandono a cui fanno seguito messaggi ripetuti, richieste continue di rassicurazione o perfino gelosia ossessiva;
  • somatizzazioni ricorrenti (mal di stomaco, cefalea tensiva di eziologia non definibile, palpitazioni) in seguito a discussioni emotivamente cariche;
  • evitamento delle emozioni attraverso ipercontrollo, perfezionismo patologico, fame nervosa con cibo utilizzato come conforto, schermature psicologiche, attività compulsive;
  • tendenza a spegnersi emotivamente di fronte a conflitti, con senso di vuoto e perdita di motivazione.

Un test di auto-valutazione proposto più avanti potrà essere di aiuto per approfondire la presenza di queste dinamiche.

Perché insorge: cause e meccanismi

Come abbiamo visto, la disregolazione emotiva è trasversale a diverse condizioni e nasce dall’interazione di più fattori, che non devono essere tutti presenti simultaneamente.

A seconda della strutturazione interna dell’individuo, ne può bastare anche solo uno.

  • Stile di attaccamento infantile e modelli relazionali. Un ambiente che non riconosce o invalida le emozioni del bambino ostacola lo sviluppo di un vocabolario emotivo e di strategie efficaci di autoregolazione.
  • Temperamento e sensibilità neurobiologica personale. Differenze nella reattività del sistema nervoso autonomo e nei sistemi di allarme e ricompensa possono favorire una forma di disregolazione.
  • Stress cronico, presenza di traumi e microtraumi relazionali. Esperienze ripetute di minaccia o perdita, inclusi i rapporti con i narcisisti, esauriscono le risorse interne di regolazione e consolidano pattern di iperattivazione o spegnimento.
  • Apprendimenti culturali e familiari. Narrazioni come “le emozioni sono un segno di debolezza”, “devi imparare a controllarti sempre”, “chi si arrabbia è un pazzo o uno squilibrato” inducono ipercontrollo e scarsa integrazione psicosomatica.

In realtà, quando parliamo di emozioni, è utile iniziare a distinguere le diverse tipologie che possiamo provare al nostro interno.

Emozioni primarie, secondarie ed emozioni di copertura

Nel lavoro clinico è utile distinguere tra emozioni primarie (risposte immediate, autentiche e senza distorsioni dinnanzi ad un evento), emozioni secondarie (reazioni derivate da valutazioni o credenze personali) ed emozioni di copertura.

Le emozioni di copertura, come vergogna, colpa e ansia, possono mascherare emozioni primarie bloccate (per esempio rabbia o tristezza), creando confusione interna e comportamenti disfunzionali.

La stessa emozione, come la rabbia, può avere sia la valenza di emozione primaria, quindi di reazione fisiologica e corretta, che di emozione di copertura.

Questo fenomeno è tangenzialmente rilevante anche quando si parla di guarigione emotiva. Riconoscere e attraversare le emozioni primarie, distinguendole dalle risposte di copertura, è quasi sempre una svolta nel processo terapeutico.

Validare le emozioni nascoste: la chiave per sciogliere i blocchi interiori

Molte delle emozioni che proviamo in realtà servono da copertura, da schermo che ci impedisce di contattare un’altra emozione primaria da cui ci difendiamo perché percepita in qualche modo come improponibile nel nostro contesto sociale.

Due esempi classici sono la rabbia che copre la paura e l’ansia che copre la tristezza. Il lavoro consiste nel riconoscere e attraversare l’emozione autentica che la copertura nasconde.

Quando ci permettiamo di scendere al di sotto dello strato dell’emozione di copertura, contattando direttamente quell’emozione primaria negativa, di bassa frequenza, scomoda e avvertita come incompatibile con l’immagine di noi stessi di fronte agli altri, è fondamentale andare a validare lo stato emotivo che incontriamo.

Cosa significa qui validare?

Dobbiamo permettere a quello stato di essere visto, sentito, compreso, connesso e ascoltato.

Se non andiamo a riconoscerlo, rimarrà irrisolto e il nostro corpo emotivo per sopravvivere innescherà di nuovo emozioni di difesa e copertura di quello stato, perpetuando il problema.

La regola di base rimane sempre che dobbiamo comprendere la ragione per cui siamo in un determinato stato per poterlo poi risolvere. Vi è sempre una motivazione psico-logica, ovvero con una logica dal punto di vista della nostra psiche, che non può essere semplicemente esclusa.

Disregolazione emotiva e ADHD

Nel disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), la disregolazione emotiva può presentarsi come bassa soglia rispetto alla frustrazione, scatti d’ira, impulsività nel parlare, difficoltà a mettere in pausa o sospendere la reazione emotiva.

Non costituisce un tratto esclusivo dell’ADHD né è da considerarsi sufficiente per la diagnosi, ma nella pratica clinica l’integrazione di strategie psicoeducative di regolazione delle emozioni risulta spesso decisiva per migliorare funzionamento e qualità di vita.

Disregolazione emotiva e abuso narcisistico: meccanismi, segnali e come uscirne

Quella che spesso viene chiamata sindrome da abuso narcisistico (non è una diagnosi formale, ma un termine descrittivo per l’insieme di esiti psicologici dopo relazioni manipolative) può sia generare che mantenere una disregolazione emotiva.

Il nucleo è l’esposizione prolungata a cicli di idealizzazione e svalutazione, invalidazione e controllo, che spingono il sistema nervoso fuori dalla finestra di tolleranza, con ricadute su mente, corpo e relazioni interpersonali.

Meccanismi che collegano abuso narcisistico e disregolazione emotiva

Si possono individuare almeno 7 meccanismi primari che mettono in relazione diretta la difficoltà a regolare le proprie emozioni con l’abuso tipico di una relazione significativa con una persona narcisista.

  1. Invalidazione cronica e gaslighting
    La realtà emotiva della persona viene sistematicamente messa in dubbio. Questo erode la fiducia interiore, la chiarezza interocettiva ed il linguaggio emotivo, favorendo alessitimia reattiva e somatizzazione.
  2. Rinforzo intermittente e legame traumatico
    Fasi di idealizzazione alternate a svalutazione e ritiro creano imprevedibilità e grave instabilità. Il sistema nervoso oscilla tra iperattivazione e spegnimento: ruminazione, attese compulsive di conferme, picchi di ansia e successivi crolli.
  3. Paura e colpa come emozioni di copertura
    Vergogna e senso di colpa introiettati coprono emozioni primarie legittime (rabbia, tristezza). Finché restano dominanti le emozioni di copertura, aumentano confusione, blocchi somatici e comportamenti di compiacenza.
  4. Erosione dei confini personali
    Per ridurre il rischio di conflitto si sviluppano schemi di compiacenza automatica, autocensura e ipercontrollo. Se l’emozione non trova un’espressione congruente anche tramite un’azione, si accumula e finisce per scaricarsi nel corpo.
  5. Ipervigilanza e sensibilizzazione agli inneschi
    Modesti segnali di critica o di distanza/inaccessibilità emotiva riattivano memorie dolorose antiche, con risposte sproporzionate (crisi d’ira, evitamento, impulsività). La persona fatica a disattivare l’ansia anche quando l’evento è minimo.
  6. Dissociazione e disconnessione corporea
    Per proteggersi dal dolore, si impara a staccare con mente annebbiata, ottundimento generale, senso di irrealtà, difficoltà a localizzare e nominare gli stati interni. La regolazione diventa ardua perché mancano segnali affidabili da modulare.
  7. Carico allostatico e somatizzazioni
    Lo stress cronico altera i ritmi neurovegetativi e compaiono così cefalee, tensioni muscolari, disturbi gastrointestinali, palpitazioni. Sono tutte espressioni corporee di cariche emotive non integrate.

La disregolazione emotiva può, quindi, essere un esito atteso di dinamiche narcisistiche abusive, non un difetto della persona che nella maggior parte dei casi si trova a subire essa stessa delle reazioni emotive fuori controllo e che la mettono seriamente a disagio in determinati contesti sociali.

Del resto, il narcisista può utilizzare la disregolazione emotiva della propria vittima per portarla ad avere attacchi di rabbia e rovinarle il rapporto con le altre persone che percepisce come concorrenti.

Segnali e sintomi della disregolazione emotiva

Abbiamo già visto in cosa consiste la disregolazione emotiva, presentando esempi concreti che avremo quasi certamente esperito anche dentro di noi qualche volta nella vita.

Riassumiamo brevemente i segnali più importanti che fungono da indicatori di una difficoltà a regolare le proprie correnti emotive:

  • forte sensibilità alle critiche, con reazioni sproporzionate o ritiro dalla socialità anche per lunghi periodi di tempo;
  • cicli di ruminazione ossessiva e autocontrollo rigido alternati ad esplosioni di impulsività;
  • difficoltà a passare da un’emozione all’altra senza restare impantanati;
  • relazioni altalenanti, paura dell’abbandono e comportamenti compulsivi di controllo;
  • sintomi psicosomatici in corrispondenza di conflitti emotivi anche inconsci;
  • uso eccessivo di strategie di evitamento o anestesia/ottundimento emotivo;
  • senso di vuoto, fatica a sentire piacere, facile perdita di motivazione;
  • abuso di compensazioni come cibo, schermature psicologiche, lavoro, esercizio fisico eccessivo per tentare di regolare gli stati interni.

Alessitimia e disregolazione emotiva: tratti comuni e differenze

Alessitimia e disregolazione emotiva sono dimensioni correlate ma non sovrapponibili.

Nell’alessitimia prevale la difficoltà a riconoscere e descrivere verbalmente i propri stati interni (povero vocabolario emotivo, scarsa consapevolezza interocettiva, pensiero orientato all’esterno), mentre nella disregolazione emotiva il nucleo è la fatica a tollerare, modulare ed esprimere le emozioni, con tendenza a ruminazione, impulsività o somatizzazioni.

Possono in realtà anche coesistere.

Una bassa consapevolezza emotiva favorisce risposte disorganizzate, mentre una persona può arrivare a riconoscere bene ciò che prova ma non riuscire a regolarlo.

In termini clinici, l’alessitimia è spesso più considerabile come un tratto stabile nel tempo e richiede interventi mirati a sviluppare linguaggio emotivo e consapevolezza corporea. La disregolazione può presentarsi sia come tratto di personalità che, più frequentemente, come stato reattivo allo stress e trae beneficio da strategie di regolazione fisiologica, confini e integrazione dell’esperienza emotiva.

Disregolazione emotiva e blocco emotivo: due facce della stessa matrice

Disregolazione emotiva e blocco emotivo condividono spesso radici comuni come invalidazione affettiva, attaccamento insicuro durante l’infanzia, stress/traumi relazionali e scarsa tolleranza all’ansia, ma si esprimono ai poli opposti della stessa dinamica.

Da un lato abbiamo l’iperattivazione con ondate difficili da modulare e gestire (impulsività accentuata, problemi di concentrazione, ipervigilanza, somatizzazioni), dall’altro l’ipoattivazione con congelamento della componente emotiva (vuoto, anestesia emotiva, apatia, torpore, ritiro dal mondo).

In termini di finestra di tolleranza, la prima condizione supera verso l’alto la capacità di regolazione e gestione, mentre la seconda la oltrepassa verso il basso. In entrambi i casi le emozioni di copertura come ansia, vergogna e colpa oscurano le emozioni primarie, impedendo risposte coerenti.

Disregolazione emotiva: esiste un test?

In ambito clinico vengono utilizzate scale standardizzate, come la DERS (Difficulties in Emotion Regulation Scale), che misurano consapevolezza, chiarezza, accettazione, controllo degli impulsi ed accesso a strategie efficaci di regolazione delle emozioni.

Questi strumenti non sostituiscono in alcun modo una valutazione professionale, ma offrono indicatori utili a comprendere i propri punti di forza e le aree di vulnerabilità.

Un breve questionario orientativo di autovalutazione

Periodo di riferimento: ultime due settimane.

Assegna un punteggio da 1 a 5 a ciascuna risposta, dove:

  • 1 = mai / per nulla vero,
  • 2 = raramente / poco vero,
  • 3 = a volte / moderatamente vero,
  • 4 = spesso / molto vero,
  • 5 = quasi sempre / completamente vero.

Leggi ogni affermazione e indica con sincerità quanto descrive la tua esperienza nel periodo indicato.

Rispondi in base a ciò che accade di solito, non a ciò che vorresti accadesse.

  1. Ho faticato a riconoscere cosa provassi nel momento in cui lo sperimentavo.
  2. Ho rimuginato a lungo anche dopo piccoli conflitti o critiche fondate.
  3. Ho reagito in modo impulsivo e poi me ne sono pentito/a.
  4. Ho evitato conversazioni importanti per paura di essere sopraffatto/a o di perdere il controllo.
  5. Ho sperimentato sintomi fisici durante o subito dopo reazioni emotive intense.
  6. Ho avuto difficoltà ad autoregolarmi senza ricorrere a meccanismi compensativi.
  7. Ho percepito vuoto o anestesia emotiva in situazioni con un certo carico emozionale.
  8. Ho faticato a calmarmi e ad interrompere i loop mentali nonostante l’utilizzo di tecniche adatte allo scopo.
  9. Ho oscillato tra ipercontrollo e sensazione di perdita di controllo o impotenza.
  10. Ho sentito di non sapere come chiedere aiuto in modo chiaro.

Somma i singoli punteggi ottenuti e calcola il totale. Più alto è il punteggio, maggiore è la difficoltà di regolazione emotiva.

Interpretazione del punteggio totale

Queste soglie sono orientative e servono solo come bussola personale. Non devono essere intese come valore diagnostico.

  • 10-19: regolazione nella norma
  • 20-29: lieve difficoltà di regolazione, da ritenersi comunque fisiologica
  • 30-35: difficoltà moderata
  • 36-42: difficoltà marcata
  • 43-50: difficoltà severa

Suggerimenti pratici in base al profilo ottenuto

  • Nella norma: mantieni le abitudini che funzionano; monitora eventuali situazioni ad alto carico.
  • Lieve: introduci pratiche di regolazione di base (respiro con espirazione prolungata, rilascio muscolare mirato, diario emotivo, routine del sonno adeguata e movimento fisico).
  • Moderata: affianca alle pratiche di base un lavoro mirato su trigger, ruminazione e confini personali; utile una consulenza psicoterapeutica focalizzata sulla regolazione delle emozioni.
  • Marcata o severa: è raccomandata una valutazione clinica più strutturata; in un approccio come l’ISTDP si lavora su ansia, difese ed emozioni primarie, integrando pratiche psico-corporee per ridurre somatizzazione e perdita di controllo.

Leggere i profili specifici

Oltre al totale, osserva quali risposte ricevono un punteggio di 4 o 5.

Queste indicano le aree prioritarie di lavoro.

Vediamo alcuni esempi di lettura per aree tipiche del test proposto, da considerarsi meramente orientativi:

  • Consapevolezza e chiarezza emotiva (es. risposta su difficoltà a riconoscere cosa si prova, senso di vuoto): punteggi alti suggeriscono di arricchire il linguaggio emotivo e l’interocezione, ovvero la capacità di percepire ed interpretare i segnali provenienti dall’interno del corpo.
  • Durata e ruminazione mentale (es. affermazione su pensieri che non si spengono dopo un conflitto): puntare su tecniche per interrompere il rimuginio ossessivo e su piccole azioni congruenti.
  • Impulsività e perdita di controllo (es. elemento su reazioni di cui ci si pente, oscillazioni ipercontrollo/perdita di controllo): lavorare sull’inserimento di pause di rilassamento, modulazione dell’attivazione e consolidamento dei confini personali.
  • Evitamento e tolleranza dell’ansia (es. risposta su evitamento di conversazioni, difficoltà a calmarsi): allenare esposizione graduale all’emozione primaria con regolazione fisiologica in tempo reale, nel momento stesso in cui viene superata la soglia personale di tolleranza.
  • Somatizzazione e segnali corporei (es. affermazione su sintomi fisici con emozioni intense): integrare pratiche di regolazione del sistema autonomo e mappatura dei canali dell’ansia.

Avvertenze e uso etico

Si tratta di uno strumento orientativo e non di un test diagnostico. Serve per la consapevolezza personale e per guidare eventuali passi successivi.
Valutazione medica. Nuovi sintomi fisici, intensi o insoliti richiedono un inquadramento medico per escludere cause organiche.
Monitoraggio nel tempo. Ripeti l’autovalutazione a 4-6 settimane di distanza per valutare l’andamento nel tempo; una riduzione di 0,5 punti nella media per risposta (o di 5 punti nel totale di 10 risposte) è già clinicamente significativa a livello soggettivo.

Disregolazione emotiva: si guarisce?

La domanda è frequente e legittima: si guarisce dalla disregolazione emotiva?

L’esperienza clinica mostra che è possibile migliorare in modo molto significativo. Più che di una guarigione istantanea, si parla di un processo di guarigione emotiva, un percorso che rinforza le capacità di riconoscere, tollerare ed integrare le emozioni all’interno del proprio sistema psicoemotivo, fino a renderle una guida e non più un ostacolo.

Gli esiti dipendono da vari fattori come la continuità del lavoro terapeutico, la presenza di traumi psicologici, il supporto relazionale, la consapevolezza corporea e la qualità delle strategie di regolazione adottate nel quotidiano.

Regolazione delle emozioni: principi e pratiche utili

La regolazione delle emozioni non è sinonimo di un controllo rigido e autoritario, ma di flessibilità. È la capacità di riconoscere un’onda emotiva, tollerarne l’intensità nel corpo e trasformarla in scelte coerenti con i propri valori. In un’ottica olistica, questo processo integra dimensione cognitiva, relazionale e somatica.

In questa sezione vedremo i principi che rendono efficace la regolazione delle emozioni ed una serie di pratiche concrete ed adattabili, dalla psicoeducazione al linguaggio emotivo e alla consapevolezza corporea, dalla respirazione al consolidamento dei confini nelle relazioni, fino agli elementi dello stile di vita che stabilizzano il sistema nervoso.

L’obiettivo è passare da un semplice tenere a bada alla capacità di dimorare nell’emozione ed utilizzarla come vera bussola, riducendo loop mentali, sintomi psicosomatici ed impulsività fuori controllo.

Psicoeducazione e linguaggio emotivo

La psicoeducazione è il primo intervento per trasformare la disregolazione emotiva in competenze pratiche di regolazione delle emozioni.

Fornisce una mappa semplice ma rigorosa: che cos’è un’emozione, come si attiva nel corpo, quale funzione adattiva ha, quando l’ansia la copre e quali strategie risultano realmente efficaci.

Un lessico emotivo ricco riduce confusione e ruminazione. Passare da un semplice ed asettico “sto male” a “sto provando tristezza con irritazione e tensione nella zona dello stomaco” migliora immediatamente la direzione dell’intervento.

In questa cornice si distinguono emozioni primarie, emozioni secondarie ed emozioni di copertura. Si introduce la finestra di tolleranza e si insegna a leggere i segnali interocettivi come indicatori preziosi e non come minacce.

Strumenti semplici possono sostenere l’apprendimento: un glossario adeguato (a livello grafico può essere utile anche la Ruota delle Emozioni di Plutchik), esempi concreti di situazioni che agiscono da trigger, domande guida per nominare ciò che si prova, brevi esercizi di scrittura focalizzati sulla sequenza evento-pensieri-sensazioni-spinte all’azione.

Anche il linguaggio quotidiano viene calibrato, sostituendo il controllo delle emozioni con una regolazione flessibile e preferendo verbi di consapevolezza e responsabilità (sento, riconosco, scelgo) ad etichette giudicanti. Questa alfabetizzazione emotiva, integrata nel lavoro clinico e nella cura di sé, rende più accessibile l’esperienza affettiva e ne facilita l’integrazione, con ricadute positive su somatizzazione, irriflessione ed evitamento.

Consapevolezza corporea e respirazione

La consapevolezza corporea è la porta d’ingresso alla regolazione delle emozioni che, è bene ricordare, sono eventi che appartengono al corpo. Allenare l’interocezione permette, infatti, di cogliere precocemente l’onda affettiva e di intervenire prima che vi sia una sopraffazione totale. Nella pratica, si tratta di orientare l’attenzione a gola, torace e addome, notando tensione, respiro e impulso all’azione senza giudicarli.

Nell’ISTDP questo monitoraggio aiuta a riconoscere i canali di somatizzazione dell’ansia (muscolare, viscerale, percettivo-cognitivo) e a modulare l’attivazione entro la finestra di tolleranza.

La respirazione è lo strumento somatico più semplice ed efficace: un ritmo lento con espirazione leggermente più lunga dell’inspirazione (ad esempio 4-5 secondi di inspirazione, 6-7 secondi di espirazione) favorisce un rapido ribilanciamento del sistema nervoso autonomo. L’esercizio può essere accompagnato dal rilassamento progressivo di mascelle, spalle, torace e addome e da un breve orientamento visivo nello spazio circostante per ancorarsi al presente.

Se compaiono capogiri o torpore, riduci l’ampiezza del respiro o segui un ritmo più leggero. Se l’ansia aumenta nella zona del petto, torna ad espirazioni più delicate e ad un contatto tattile rassicurante (mano sullo sterno o sull’addome).

Inserire queste piccole pratiche 2-3 volte al giorno per 60-90 secondi ciascuna crea una base neurofisiologica più stabile. L’emozione resta percepibile ma diventa più gestibile, facilitando scelte coerenti e riducendo i loop mentali, lo scarico somatico e l’istintività.

Mindfulness somatica e diario emotivo

La mindfulness somatica allena un’attenzione morbida, essenziale ed epurata da qualsivoglia giudizio rispetto ai segnali del corpo, così da riconoscere l’onda emotiva nel momento stesso in cui nasce e mantenerla entro una soglia gestibile.

In pratica significa notare, momento per momento, la parte del corpo dove si manifesta l’attivazione (gola, torace, addome), con quale intensità (su una scala da 0 a 10) e quale spinta all’azione porta con sé, alternando consapevolmente il focus interno (interocezione) ad un ancoraggio esterno (respiro, punti d’appoggio corporei, tre dettagli visivi nell’ambiente circostante).

Il diario emotivo traduce l’esperienza in una traccia sintetica e ripetibile, utile per la regolazione delle emozioni e per ridurre ruminazione e somatizzazione.

Una scheda essenziale può includere: evento/trigger, sensazioni corporee ed intensità, emozione primaria ipotizzata, pensieri automatici, impulso all’azione, la mini-strategia di regolazione usata (es. respirazione consapevole con espirazioni più lunghe, rilascio muscolare mirato, attenzione allo spazio circostante), la micro-azione congruente (dire un no, chiedere qualcosa, rimandare un’incombenza), nonché l’esito a distanza di 10-30 minuti.

Compilare 1-2 schede al giorno per due settimane ci consente di vedere se l’intensità media e i tempi di recupero si riducono e se la disregolazione emotiva sta diminuendo.

La gestione consapevole dell’attenzione

Il controllo dell’attenzione include l’inibizione (non agire l’impulso), la selettività (ignorare le distrazioni), l’attenzione sostenuta (restare sul compito) e il cosiddetto cambio di scenario (spostare il focus con flessibilità).

Esempi tipici possono essere non rispondere ad una provocazione, tornare al respiro consapevole quando la mente divaga, chiudere le notifiche del telefono e terminare un compito, passare dall’autocritica logorante e inutile all’osservazione dei segnali corporei.

Relazione terapeutica e confini

La regolazione delle emozioni si apprende anche nell’incontro con il proprio terapeuta. In una cornice chiara di setting e obiettivi, quest’ultimo offre una co-regolazione, osservando i segnali corporei dell’attivazione, aiutando a nominarli e a modularli, nonché guidando il paziente a distinguere le emozioni primarie da ansia e reazioni di copertura.

La relazione terapeutica, quando sicura e chiara, offre un campo in cui sperimentare espressione, assertività e confini personali sani. Questi ultimi non coincidono con il controllo delle emozioni, ma con la capacità di definire cosa è accettabile per sé e come comunicarlo con chiarezza e rispetto.

La cornice stessa della terapia, con orari, durata, modalità di contatto e ruoli ben esplicitati, modella confini funzionali e fornisce un’esperienza correttiva per chi proviene da ambienti invalidanti o imprevedibili.

Stile di vita a supporto

Su questo punto non è necessario entrare troppo nei dettagli, dal momento che i suoi principi fondamentali sono ormai molto sdoganati.

Sonno il più possibile regolare, movimento corporeo quotidiano, alimentazione equilibrata, riduzione di sostanze eccitanti e di bevande alcoliche ed un uso più consapevole degli schermi dei computer e degli smartphone, soprattutto nelle ore serali, contribuiscono ad una base neurofisiologica più stabile.

L’ISTDP per la disregolazione emotiva

La Psicoterapia Intensiva Dinamica Breve (in inglese Intensive Short-Term Dynamic Psychotherapy, ISTDP) è un approccio focalizzato ad alta intensità che lavora sui tre assi di resistenze, ansia ed emozioni. In molti quadri di disregolazione emotiva il nodo centrale non è provare troppo, ma non riuscire a tollerare e dirigere l’energia emotiva in modo integrato e adeguato al contesto.

L’ISTDP scandaglia i segnali corporei dell’ansia, individua gli schemi di evitamento (cognitivo, comportamentale e somatico) e facilita il contatto con le emozioni primarie bloccate, promuovendo rilasci di tensione ed una maggiore regolazione interna.

I passaggi tipici nel lavoro con l’ISTDP sono:

  • mappatura rapida di trigger, ansia e difese;
  • monitoraggio fine della soglia di tolleranza fisiologica, con interventi per regolarla nel corso della seduta;
  • valutazione dell’affettività primaria verso le proprie figure significative, distinguendola da colpa, vergogna e paura;
  • facilitazione dell’esperienza emotiva nel corpo, in piena sicurezza, fino ad una risoluzione che riduce sintomi ed iperattivazione;
  • consolidamento di nuove forme di regolazione ed assertività.

Il lavoro sulle emozioni è solo in apparenza complesso, ma si muove secondo direzioni precise e con risultati potenti in tempi relativamente brevi.

Labilità emotiva e disregolazione emotiva: quali differenze?

La labilità emotiva indica una variabilità rapida e marcata degli stati interiori, che si susseguono senza sosta in risposta agli eventi. La disregolazione emotiva riguarda, invece, la difficoltà a modulare e dirigere l’esperienza, anche quando l’umore non cambia rapidamente.

Una persona può essere labile ma ben regolata (capace di riorientarsi con strategie efficaci), oppure relativamente poco labile ma cronicamente disregolata (restando bloccata a lungo in un’emozione non integrata).

Controllo delle emozioni o regolazione delle emozioni?

Il controllo delle emozioni evoca spesso un concetto di soppressione e rigidità, risultando quindi associato ad una percezione negativa. La regolazione delle emozioni è, invece, la capacità di riconoscere, contenere, esprimere e trasformare l’energia emotiva in azioni allineate al proprio sistema di valori.

Nel lavoro terapeutico si passa dall’idea di domare o tenere a bada all’abilità di stare con e usare le emozioni come mappa orientativa.

L’ISTDP all’opera con un breve esempio clinico

Una persona molto incline ad una ruminazione mentale logorante in seguito a critiche ripetute, con cefalea tensiva e facile tendenza al ritiro dalla socialità era ormai arrivata ad evitare ogni tipo di discussione sul posto di lavoro.

Nel corso di una seduta con la terapia ISTDP è stata riconosciuta l’ansia che si scaricava sulla muscolatura striata (il livello più esterno e relativamente più sicuro) e sul ritmo respiratorio di fronte alla semplice idea di esprimere una quota della rabbia legittima che portava dentro di sé.

Attraverso il monitoraggio dell’attivazione (arousal) e il lavoro sui meccanismi di difesa psicologica della compiacenza e dell’autosvalutazione, è stato possibile accedere alla tristezza e alla rabbia primaria legate ad esperienze di mancata validazione passata.

Con il ripetuto attraversamento consapevole delle emozioni e la costruzione di confini assertivi, la ruminazione ossessiva e la cefalea muscolo-tensiva si sono progressivamente ridotte, mentre sono aumentate chiarezza e rapidità nel riposizionarsi in conversazioni difficili.

L’ISTDP, a sua volta, fa parte del Metodo PI che integra elementi psicoterapeutici in una prospettiva di psiconeurobiologia, una disciplina emergente che, come suggerisce il nome, fonde aspetti di psicologia, neurobiologia e scienze comportamentali. In un’ottica olistica può offrire strumenti per favorire l’integrazione mente-corpo, sostenendo la regolazione delle emozioni attraverso pratiche di consapevolezza ed interventi orientati all’elaborazione.

Questo approccio può risultare di grande supporto soprattutto laddove la dimensione somatica delle emozioni si trova in primo piano.

Domande Frequenti sulla disregolazione emotiva

Questa sezione conclusiva raccoglie risposte chiare e sintetiche alle domande più frequenti sulla disregolazione emotiva, utili per orientarsi tra definizioni, esempi, test di autovalutazione e differenze rispetto ad altre condizioni.

Le indicazioni proposte hanno valore informativo e non sostituiscono una valutazione clinica. L’ottica è quella della regolazione delle emozioni in chiave integrata, con riferimenti alla terapia ISTDP e ad un approccio olistico alla psicoterapia per favorire la consapevolezza ed i primi passi concreti verso una guarigione emotiva.

Esiste un test per la disregolazione emotiva?

Non esiste un test diagnostico unico per la disregolazione emotiva. In ambito clinico si utilizzano questionari validati che misurano diverse componenti della regolazione affettiva.

Tra i più impiegati vi sono la DERS (Difficulties in Emotion Regulation Scale, anche in versioni più brevi) e strumenti affini che esplorano consapevolezza e chiarezza emotiva, accettazione degli stati interni, controllo degli impulsi, accesso a strategie efficaci e capacità di perseguire obiettivi sotto stress. Si tratta di autovalutazioni su scala Likert, con i punteggi più elevati ad indicare maggiori difficoltà.

Disregolazione emotiva e ADHD sono collegate?

Possono essere collegate e coesistere, ma non sono la stessa cosa e la disregolazione emotiva, da sola, non basta per diagnosticare l’ADHD.

Nelle persone con ADHD la ridotta tolleranza alla frustrazione, l’impulsività e la difficoltà a sospendere la risposta emotiva rendono più probabili picchi di ansia, scatti d’ira, ruminazione o somatizzazioni.

Allo stesso tempo, è possibile avere disregolazione emotiva senza ADHD. Il legame dipende da fattori neurocognitivi (inibizione della risposta, grado di saturazione della memoria di lavoro, controllo dell’attenzione), dallo stress cronico e da eventuali comorbidità (ansia, depressione) che amplificano l’instabilità emotiva.

Quali terapie aiutano di più nella disregolazione emotiva?

Le terapie più utili lavorano su due fronti, la regolazione fisiologica dell’ansia e l’integrazione dell’esperienza emotiva. In pratica combinano psicoeducazione, tecniche corpo-mente ed un lavoro esperienziale guidato sulle emozioni primarie.

La priorità è costruire sicurezza e stabilizzazione, poi lavorare sull’elaborazione emotiva e, infine, sul consolidamento di confini e abitudini.

È utile scegliere un percorso che preveda il monitoraggio dei progressi e l’introduzione di pratiche quotidiane tra le sedute. Gli obiettivi attesi sono una finestra di tolleranza più ampia, meno somatizzazione e ruminazione, più chiarezza e azioni congrue.

Cosa posso fare nel quotidiano se ho difficoltà emotive?

Nel quotidiano conviene procedere con passi piccoli ma costanti. Quando senti che l’attivazione sta rapidamente montando dentro di te, pratica una breve regolazione di 60-90 secondi: inizia a respirare con espirazioni leggermente più lunghe dell’inspirazione, rilascia le tensioni di mascella, spalle e collo, porta l’attenzione sui punti di contatto del corpo con la sedia o con il suolo.

Dai poi un nome a ciò che provi usando tre parole e nota dove lo senti nel corpo. Nominare riduce la confusione e la ruminazione meccanica. La sera, due righe di diario aiutano a fare ordine: qual è stato il trigger, quale emozione è emersa, di cosa avevi bisogno in quel momento e quale può essere una piccola azione concreta per il giorno successivo.

Per i picchi acuti definisci una routine di emergenza, che possiamo anche chiamare di SOS. Localizza la sensazione nel corpo e quantificane l’intensità da 0 a 10, regola il respiro, orientati nello spazio con lo sguardo e scegli una sola azione minima e congruente da poter mettere in campo nell’immediato.

La disregolazione emotiva non è mai da vedersi come un’etichetta asettica e impersonale, ma come una mappa che indica dove diventa difficile sentire, tollerare e trasformare i propri vissuti.


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Foto professionale della Dott.ssa Elisa Scala, medico psicoterapeuta a Novara
Ricevo a Novara e online

Medico psicoterapeuta

Sono iscritta all’Albo Professionale dei Medici dall’anno 2008 ed esercito la professione di Psicoterapeuta sia per mezzo di sedute online (via Zoom o Skype) che in presenza nel mio Studio privato vicino al centro storico di Novara.

Perché rivolgersi ad un medico psicoterapeuta?

Grazie alla sua duplice formazione medica e psicoterapeutica, un medico psicoterapeuta è in grado di valutare il paziente non solo dal punto di vista meramente psicologico, ma anche di considerare eventuali fattori biologici, medici e farmacologici che possono influenzare il disturbo, conflitto interiore o disagio portato dal paziente.

Questo permette una presa in carico olistica, in cui si possono trattare problematiche emotive, psichiche e fisiche in modo sinergico, personalizzando il percorso terapeutico per ottenere risultati più efficaci e duraturi.

I vantaggi tangibili per il paziente consistono in tempi mediamente più brevi rispetto alla psicoterapia tradizionale e senza limitarsi a quella che potrei definire come “terapia dell’ascolto”.

Dott.ssa Elisa Scala, medico psicoterapeuta a Novara