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I disturbi alimentari (o Disturbi del Comportamento Alimentare, DCA) sono patologie caratterizzate da un’alterazione delle abitudini alimentari associata ad un’eccessiva preoccupazione per il peso e per l’aspetto del proprio corpo. Hanno cause psicologiche profonde a cui è spesso agganciata una quota di dolore emotivo molto forte.

Sono, a tutti gli effetti, disfunzioni del comportamento alimentare che compromettono la salute fisica e mentale.

In particolare, il disturbo alimentare si ripercuote sulle capacità relazionali ed emotive delle persone, andando a interferire spesso in misura significativa anche con il rapporto che hanno con loro stesse e con la qualità del loro dialogo interno (che in psicologia è anche detto self-talk).

Può causare, oltre a complicazioni mediche, anche problemi nello svolgimento delle normali attività sociali, relazionali e lavorative, ovvero gli ambiti principali in cui la personalità ha modo di manifestarsi e di realizzarsi.

Il principale rischio, quando si parla di disturbi dell’alimentazione, è di confonderli tra di loro e cercare di forzarne la guarigione utilizzando approcci e metodologie poco efficaci che, a lungo termine, possono anche peggiorare la situazione.

Nell’articolo ti spiegherò nel dettaglio i disturbi alimentari più diffusi, i sintomi fisici e mentali per poterli riconoscere e distinguere tra di loro, le cause psicologiche profonde e come è possibile uscirne grazie alla figura della psicologa disturbi alimentari, meglio se all’interno di un percorso protetto di psicoterapia breve e olistica.

Quali sono i disturbi alimentari più diffusi?

I disturbi dell’alimentazione (o DCA) più comuni e noti sono:

  • Anoressia nervosa, che letteralmente significa “mancanza di appetito”;
  • Bulimia nervosa, che significa “fame da bue”;
  • Disturbo o sindrome da alimentazione incontrollata (in inglese Binge Eating Disorder, o BED), che si caratterizza per la presenza di crisi bulimiche che però non sono associate a comportamenti purgativi e di compensazione successivi per controllare il proprio peso;
  • Ortoressia, una forma di disturbo alimentare in cui la persona è ossessivamente preoccupata per l’alimentazione sana e i cibi “puri”;
  • Disturbo evitante-restrittivo dell’assunzione di cibo (in inglese Avoidant/restrictive food intake disorder, o ARFID), che a tutti gli effetti rientra nel perimetro del blocco psicologico nel mangiare.

L’anoressia e la bulimia nervosa sono ancora i due disturbi più diffusi e hanno una eziologia multifattoriale.

La maggior esposizione del sesso femminile a queste condizioni pare trovare la sua spiegazione nelle difficoltà nelle fasi cruciali di passaggio nella vita.

Oltre ai 5 disturbi alimentari principali che ho elencato sopra, possiamo citare anche il blocco psicologico nel mangiare che, pur essendo un aspetto rilevante in diverse condizioni, tra cui l’anoressia nervosa, non è limitato a questa sola patologia.

Anoressia nervosa

L’anoressia è una condizione caratterizzata da una restrizione grave e persistente dell’apporto alimentare, una paura patologica di aumentare di peso e una percezione distorta del proprio corpo. L’anoressico presenta quindi un vero e proprio blocco psicologico nel mangiare.

Le persone che presentano anoressia nervosa hanno il bisogno compulsivo di controllare il cibo introdotto e il peso corporeo, e sono attraversate di continuo da pensieri e da preoccupazioni relative al proprio aspetto fisico.

Un altro elemento importante è la distorsione dell’immagine che la persona anoressica ha di sé stessa, dal momento che non riesce a vedersi magra anche in presenza di un sottopeso evidente.

In questo tipo di DCA la persona ha quindi un’immagine di sé che diverge in misura importante rispetto al suo reale aspetto esteriore, risultando sempre insoddisfacente.

Questa percezione può essere influenzata da diversi fattori, come la pressione sociale per conformarsi a determinati standard estetici, la scarsa autostima e l’insicurezza.

La restrizione alimentare è vista come un modo per migliorare l’immagine di sé e per sentirsi più in controllo della propria vita.

L’autostima nel profilo anoressico è poi strettamente collegata alla perdita di peso e quindi alla capacità di evitare di ingerire il cibo. Essendo basata su un filo molto sottile, può facilmente incrinarsi in caso di cedimenti anche temporanei in questo comportamento.

Bulimia

La bulimia nervosa, invece, è caratterizzata da crisi ricorrenti di ingestione alimentare incontrollata, che innescano poi comportamenti purgativi di compensazione, come il vomito autoindotto o l’uso eccessivo di lassativi nel tentativo di evitare di ingrassare.

La persona percepisce queste crisi come più forti della propria volontà, e quindi inevitabili.

I cibi ingeriti in maniera impulsiva sono soprattutto dolci e alimenti ricchi di grassi in generale. Mangiare in modo eccessivo sembra aiutare le persone a sentirsi meglio, ma queste sensazioni “positive” lasciano rapidamente il campo al senso di colpa e ad una profonda angoscia per la possibilità di ricaderci di nuovo.

Una tipica modalità di compensazione porta poi spesso la persona ad autoprovocarsi il vomito nel tentativo di eliminare le conseguenze dell’ingestione smodata di calorie.

Ortoressia

L’ortoressia è un disturbo alimentare relativamente recente caratterizzato da un’ossessione per l’alimentazione sana e la qualità dei cibi consumati.

Le persone con ortoressia sono costantemente preoccupate per la presenza di sostanze chimiche o ingredienti potenzialmente dannosi negli alimenti, arrivando anche ad evitare interi gruppi alimentari, come i carboidrati o i grassi.

Questa ossessione per l’alimentazione sana, se portata a livelli eccessivi, può avere effetti negativi sulla salute dal momento che la persona restringe eccessivamente il proprio apporto alimentare e limita l’assunzione di nutrienti essenziali.

L’ortoressia può di conseguenza interferire con le relazioni sociali e la vita quotidiana nel momento in cui la persona scelga di evitare la partecipazione ad eventi che includono cibi che ritiene pericolosi o dannosi.

Disturbi alimentari nell’età infantile

Oltre alla bulimia e all’anoressia nervosa che, come visto, hanno caratteristiche per certi versi speculari, esistono anche disturbi della nutrizione e alimentazione che interessano l’infanzia, quali:

  • picacismo, denominato anche pica o allotriofagia, una condizione in cui un bambino o un adolescente mangia oggetti non commestibili, come terra, gesso, pezzetti di vernice, sporcizia di varia natura o capelli per un periodo uguale o superiore ad un mese;
  • disturbo da ruminazione (o mericismo), cioè rigurgito ripetuto di cibo, successivamente rimasticato, re-ingoiato o sputato per un periodo uguale o superiore ad un mese.

I disturbi alimentari nell’età infantile sono gravi e possono interferire con lo sviluppo fisico e psicologico del bambino. Il trattamento precoce è importante per aiutare il bambino a sviluppare una relazione più sana con il cibo e a prevenire complicazioni a lungo termine.

Disturbi alimentari nell’adolescenza

L’adolescenza è senza dubbio un periodo di crescita, di cambiamenti fisici e di sviluppo psicologico significativo dove l’influenza esercitata dal gruppo dei pari, o di riferimento, diventa dominante.

Proprio per questa ragione, rappresenta un periodo in cui alcuni soggetti possono risultare particolarmente vulnerabili rispetto ai disturbi dell’alimentazione.

I disturbi alimentari nell’adolescenza, come l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione selettiva, possono emergere o intensificarsi durante questo periodo di transizione.

Le ragioni di questa maggiore esposizione sono complesse e includono pressioni sociali legate all’immagine corporea, cambiamenti ormonali e un desiderio crescente di indipendenza rispetto alle figure che rappresentano l’autorità.

Identificare il quadro psicologico e intervenire precocemente è cruciale dal momento che i DCA possono avere gravi conseguenze sulla salute fisica e mentale degli adolescenti.

Blocco psicologico nel mangiare

Questa condizione si riferisce alla presenza di ostacoli psicologici che impediscono ad una persona di godere di un rapporto sano con gli alimenti.

Può manifestarsi attraverso preoccupazioni e paure profonde legate al cibo, come la paura di soffocare, di vomitare o anche di avere una reazione allergica.

Il blocco psicologico nel mangiare può essere causato da vari fattori, inclusi traumi passati, ansie alimentari o pressioni sociali legate all’aspetto fisico.

Esistono differenze sostanziali tra il blocco psicologico nel mangiare e l’anoressia nervosa, anche se presentano qualche tratto in comune.

In questa condizione rientra anche il già citato disturbo evitante restrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID), una condizione clinica specifica che coinvolge una significativa restrizione dell’assunzione di cibo a causa di preoccupazioni legate alla sua consistenza, al suo gusto, all’odore o ad esperienze passate negative. In ogni caso, i soggetti affetti da ARFID non hanno il timore di ingrassare e il loro blocco psicologico nel mangiare non è legato all’ossessione per la propria forma fisica.

Questo blocco si può manifestare anche in altre forme di disturbi dell’alimentazione non specificamente legate all’ARFID oppure in persone che non soddisfano i criteri diagnostici per l’ARFID ma che hanno comunque difficoltà significative nel rapporto con il cibo.

Il blocco psicologico nel mangiare può anche manifestarsi attraverso comportamenti di controllo rigido sull’alimentazione, come la restrizione calorica eccessiva o l’esagerata focalizzazione su diete particolari.

Disturbi alimentari, sintomi fisici e mentali

I sintomi più impattanti dei DCA sono in larga misura innescati dai comportamenti messi in atto dalla persona che, come visto sopra, sono distruttivi e fortemente debilitanti.

Tra i sintomi fisici e comportamenti più frequenti troviamo:

  • restrizione dell’introito calorico con conseguente perdita peso corporeo significativo
  • digiuno
  • vomito autoindotto dopo aver mangiato
  • crisi bulimiche (ingerire una notevole quantità di cibo in un breve lasso di tempo)
  • uso di anoressizzanti, lassativi o diuretici allo scopo di controllare il peso
  • debolezza muscolare
  • numero limitato di alimenti preferiti, che tende a diminuire nel tempo
  • percezione cronica di freddo
  • difficoltà di concentrazione
  • gonfiore nella zona delle ghiandole salivari
  • notevoli oscillazioni del peso corporeo
  • intensa attività fisica.

Si può quindi parlare a tutti gli effetti di uno spettro di comportamenti disadattivi (di cui alcuni sono prossimi a diventare diagnosi ufficiali). I sintomi dei disordini alimentari e disturbi alimentari possono anche manifestarsi in momenti diversi della giornata, oppure sovrapporsi tra di loro. 

I disturbi alimentari possono poi presentarsi in associazione ad altri disturbi psichici come ad esempio disturbi d’ansia e disturbi dell’umore.

Disturbi alimentari, test e diagnosi iniziale

Come visto sopra, i DCA integrano profili piuttosto complessi e rendono spesso difficile la loro diagnosi precoce e l’identificazione esatta, soprattutto al di fuori del perimetro dell’anoressia e della bulimia.

In ogni caso, esistono strumenti di valutazione e test che possono essere utilizzati per aiutare lo psicoterapeuta a valutare la presenza e la gravità dei disturbi alimentari. Questi test spesso coinvolgono valutazioni psicometriche, interviste cliniche e questionari specifici.

Uno dei test più noti è il Test dell’Attitudine Alimentare a 26 elementi (Eating Attitude Test, EAT-26) che prende in esame i sintomi fisici e mentali nonché le preoccupazioni che caratterizzano i Disturbi del Comportamento Alimentare. Come suggerisce il suo nome, è un test che si sviluppa in 26 domande specifiche a risposta multipla, ad ognuna delle quali è poi associato un punteggio numerico.

Se vuoi procedere in autonomia con la compilazione del test per avere una prima valutazione circa la presenza di un DCA, clicca sul link qui di seguito per eseguire il test direttamente sul sito dell’Associazione Italiana Disturbi dell’Alimentazione e del Peso (AIDAP).

Bisogna comunque ricordare che, sebbene l’EAT-26 sia uno strumento di valutazione molto utile, da solo non è sufficiente per operare una diagnosi specifica di un disturbo alimentare.

Un altro test che merita di essere menzionato è il Questionario di Valutazione del Disordine Alimentare (Eating Disorder Examination Questionnaire, EDE-Q). Questo questionario di autovalutazione, composto da 28 domande, è progettato per quantificare la gamma, la frequenza e la gravità dei comportamenti associati a una diagnosi di disturbo alimentare. È suddiviso in 4 sotto-scale (Restrizione, Preoccupazione per l’Alimentazione, Preoccupazione per la Forma e Preoccupazione per il Peso) e un punteggio globale complessivo, con un punteggio più elevato che indica difficoltà alimentari più accentuate.

Questi test forniscono infatti un punto di partenza per comprendere meglio la complessità dei disturbi alimentari e impostare l’intervento terapeutico più appropriato per il paziente.

Non entro qui in ulteriori dettagli perché si tratta di un argomento complesso che potrebbe meritare una trattazione dedicata.

Disturbi alimentari, cause psicologiche

Vi sono diverse cause psicologiche che agiscono come fattori di rischio in grado di aumentare la probabilità di sviluppare un disturbo alimentare, o DCA. Tra questi, sono sicuramente da ricordare una storia familiare di persone che già soffrono di disturbi del comportamento alimentare, l’abuso di determinate sostanze e uno stato di depressione cronica.

I disturbi alimentari, nel corso dell’avanzamento della ricerca clinica, sono stati recentemente inseriti nel DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), evidenziando come i DCA e la psicologia siano da mettere strettamente in connessione tra di loro.

Come visto sopra, i disturbi alimentari sono causati da una multi-fattorialità di eventi scatenanti, che si possono distinguere in fattori predisponenti, fattori precipitanti e fattori di mantenimento (ovvero che favoriscono la cronicizzazione del disturbo).

I meccanismi psicologici dell’individuo sono quindi da considerarsi come uno dei pilastri cardine sui quali si possono innestare svariate problematiche alimentari.

Perché si soffre di disturbi alimentari?

Le cause psicologiche dei disturbi alimentari sono molteplici e hanno radici profonde nel tessuto psichico della persona e nei suoi particolari vissuti. È anche possibile che eventi traumatici male elaborati (o non elaborati per nulla) dalla persona abbiano un ruolo importante in queste condizioni.

Tra le più frequenti è utile ricordare:

  • Problemi di autostima dovuti alla pressione continua imposta dalla società verso il corpo e gli standard di bellezza che vengono ampiamente sdoganati dai social media e dai mass media;
  • Dinamiche familiari riconducibili a relazioni dove la persona veniva ridicolizzata o pesantemente sminuita per il suo aspetto fisico;
  • La particolare storia familiare della persona. I disturbi alimentari possono essere trasmessi all’interno dell’albero genealogico attraverso i modelli comportamentali appresi e le aspettative personali.
  • Traumi legati all’abbandono, come lutti complicati e separazioni emotive improvvise e inaspettate; 
  • Traumi maggiori in generale, come violenze fisiche o anche catastrofi naturali; 
  • Problemi emotivi legati solitamente a particolari eventi o passaggi della vita, come una gravidanza, la menopausa, la transizione verso l’età adulta o una separazione o divorzio;
  • Problemi di immagine del proprio corpo. I disturbi alimentari sono spesso associati ad una percezione distorta del corpo, come la convinzione radicata di avere peso o forme corporee diverse da quelle che si hanno realmente.
  • Ansia e stress. L’ansia e lo stress possono portare a dinamiche alimentari disequilibrate e ad una perdita di controllo sul comportamento alimentare.

Queste situazioni, anche prese singolarmente, sono in grado di innescare e cronicizzare dei meccanismi psicologici nei quali il particolare comportamento alimentare viene utilizzato come un mezzo di compensazione.

Alimentazione e personalità: come la nostra dieta può influire sui tratti psicologici (e viceversa)

Oltre alle cause psicologiche dei disturbi alimentari che ho già elencato, c’è un altro aspetto che merita un approfondimento: la complessa relazione tra regime alimentare e i tratti della personalità.

Esiste una forte interconnessione tra alimentazione e tratti psicologici, proprio alla luce del fatto che ciò che mangiamo influisce direttamente sulla nostra salute psicofisica e sulle nostre emozioni. D’altro canto, i tratti psicologici che ci caratterizzano possono a loro volta influire sul nostro comportamento alimentare e sulle scelte che facciamo riguardo al cibo.

La relazione complessa tra personalità e alimentazione funziona quindi in entrambe le direzioni, anche se con caratteristiche specifiche.

Una dieta sana ed equilibrata può migliorare il nostro benessere mentale e ridurre il rischio di alcuni dei disturbi psicologici più diffusi, come depressione e ansia. Per fare un esempio, alcuni studi dimostrano che un consumo elevato di frutta e verdura può ridurre il rischio di depressione, mentre una dieta particolarmente ricca di cibi processati e con un’elevata quantità di zuccheri può aumentare il rischio di depressione e ansia.

D’altra parte, è vero anche che i nostri tratti psicologici possono influire sul comportamento alimentare e sulle scelte che facciamo riguardo al cibo. Riprendendo in parte l’esempio di prima, le persone che tendono ad essere ansiose o stressate possono avere maggiori probabilità di mangiare cibi ad alto contenuto di grassi e zuccheri per sentirsi temporaneamente meglio, anche se questo può portare a problemi di salute a medio-lungo termine.

La relazione tra alimentazione e tratti psicologici si spinge oltre alla semplice scelta dei cibi e influisce anche sulla salute intestinale. Il microbiota presente in quest’organo, cioè l’insieme di microrganismi che popolano il lume dell’intestino, ha ampiamente dimostrato la capacità di esercitare un effetto importante sulla salute psicofisica e, in particolare, sull’umore.

Disturbi alimentari, le conseguenze più comuni

Lo stato di salute fisica è quasi sempre compromesso a causa delle alterate condotte alimentari, per esempio:

  • restrizione alimentare
  • eccessivo consumo di cibo con perdita di controllo
  • condotte di eliminazione e/o compensatorie che portano ad alterazione dello stato nutrizionale.

Se non trattati in tempi e con metodi adeguati, i disturbi alimentari possono diventare una condizione permanente e compromettere seriamente la salute di tutti gli organi e apparati del corpo (cardiovascolare, gastrointestinale, endocrino, ematologico, scheletrico, sistema nervoso centrale, dermatologico) e, nei casi gravi, portare alla morte.

All’anoressia nervosa è collegata una mortalità 5-10 volte maggiore rispetto a quella di persone sane della stessa età e sesso.

Disturbi alimentari, conseguenze psicologiche

Le conseguenze psicologiche dei disturbi del comportamento alimentare possono essere profonde e durature, arrivando a tormentare la persona più volte durante una singola giornata.

I pazienti vivono spesso con un costante senso di colpa, vergogna e ansia legati al cibo, al peso corporeo e all’immagine corporea. Questi sentimenti possono alimentare un circolo vizioso in cui il cibo diventa una fonte di ansia e la ricerca ossessiva di controllo può alimentare i comportamenti alimentari disfunzionali.

In aggiunta, l’isolamento sociale e la depressione sono spesso associati ai disturbi alimentari dal momento che chi ne soffre può cercare di evitare il contatto con gli altri a causa della vergogna o dedicare una quantità eccessiva di tempo ed energia psicologica a tutti i comportamenti che ruotano intorno all’alimentazione.

Affrontare le conseguenze psicologiche dei disturbi alimentari richiede un intervento terapeutico specializzato.

I disturbi alimentari, come uscirne e a chi rivolgersi

Per superare i disturbi del comportamento alimentare bisogna prima di tutto capirne le cause psicologiche profonde. Come per molte altre condizioni, rappresentano la spia di qualcosa di più nascosto nella persona che va indagato con i giusti mezzi. 

Una delle azioni da implementare subito è ridurre il carico del giudizio, cioè l’auto-colpevolizzazione per i propri comportamenti alimentari che non fa altro che aumentare il livello di sofferenza e disagio associato, oltre a minare le fondamenta dell’autostima della persona.

Analogamente ad altri disturbi, il giudizio non fa altro quindi che alimentare un disagio secondario e addizionale rispetto a quello primario. Per uscirne è molto importante sapere a chi rivolgersi e iniziare un percorso psicologico di lavoro interiore per accedere al nucleo profondo (e spesso anche doloroso) dei comportamenti disfunzionali.

La figura dello psicoterapeuta per disturbi alimentari

Lo psicoterapeuta per disturbi alimentari ha lo scopo principale di aiutare il paziente a riconoscere le componenti emozionali inconsce che stanno alla base delle dinamiche psicologiche del disturbo, oltre a riprendere il controllo sulla propria volontà per adottare atteggiamenti alimentari positivi e migliorare il livello di autostima.

Rispetto a qualunque dinamica psicologica, ci sono in sostanza due atteggiamenti possibili: o li subiamo passivamente, oppure troviamo il modo di gestirli e di prenderne così le redini. Gestirli, tra l’altro, significa non reprimerli ed evitare quindi di creare un rimosso psichico.

Nel caso in cui durante il percorso di psicoterapia olistica dovessero emergere alcune componenti traumatiche legate soprattutto al periodo dell’infanzia o dell’adolescenza del paziente, risulta molto utile intervenire anche direttamente sul trauma e sui ricordi angoscianti associati tramite la terapia EMDR.

Prendere consapevolezza delle emozioni e delle dinamiche psicologiche che stanno alla base dei disturbi alimentari è un passo decisivo verso il riequilibrio del comportamento alimentare. Non è possibile, infatti, cambiare qualcosa che non si conosce e di cui non si ha alcuna consapevolezza, o addirittura qualcosa contro cui si lotta in un continuo circolo vizioso.

Il passo successivo consiste nel dare spazio ed esprimere queste emozioni spesso percepite come inaccettabili dalla persona, il tutto in un ambiente protetto dove la figura dello psicoterapeuta disturbi alimentari aiuta il paziente a sospendere il senso del giudizio su di sé.

È molto importante anche il lavoro sul piano cognitivo in relazione ai pensieri disfunzionali che generano poi emozioni vissute come negative, in un circolo chiuso mente-emozioni che si autoalimenta e finisce con il logorare il tessuto psichico dell’individuo.

La psicoterapia per disturbi alimentari, se condotta tenendo conto delle loro cause psicologiche e della situazione specifica di ciascun paziente, ha la possibilità di migliorare significativamente la sua qualità di vita anche sociale e il rapporto con sé stesso e con la propria immagine.


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Foto professionale della Dott.ssa Elisa Scala, medico psicoterapeuta a Novara
Ricevo a Novara e online

Medico psicoterapeuta

Sono iscritta all’Albo Professionale dei Medici dall’anno 2008 ed esercito la professione di Psicoterapeuta sia per mezzo di sedute online (via Zoom o Skype) che in presenza nel mio Studio privato vicino al centro storico di Novara.

Perché rivolgersi ad un medico psicoterapeuta?

Grazie alla sua duplice formazione medica e psicoterapeutica, un medico psicoterapeuta è in grado di valutare il paziente non solo dal punto di vista meramente psicologico, ma anche di considerare eventuali fattori biologici, medici e farmacologici che possono influenzare il disturbo, conflitto interiore o disagio portato dal paziente.

Questo permette una presa in carico olistica, in cui si possono trattare problematiche emotive, psichiche e fisiche in modo sinergico, personalizzando il percorso terapeutico per ottenere risultati più efficaci e duraturi.

I vantaggi tangibili per il paziente consistono in tempi mediamente più brevi rispetto alla psicoterapia tradizionale e senza limitarsi a quella che potrei definire come “terapia dell’ascolto”.

Dott.ssa Elisa Scala, medico psicoterapeuta a Novara

Bibliografia

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