I disturbi psicosomatici sono la trasposizione nella dimensione del corpo fisico di un disagio psicologico che si annida da qualche parte nel nostro tessuto psichico.
Come vedremo più avanti, ogni disagio o dolore interiore presenta due facce: una ben conosciuta, che interpretiamo senza problemi con la nostra mente, e l’altra invece del tutto nascosta alla consapevolezza. Se non ci fosse il sintomo, non verremmo mai a conoscenza del lato nascosto del nostro disagio profondo, che però continuerebbe ad agire dentro e fuori di noi.
In un vero approccio olistico e integrato, l’essere umano viene considerato come un unicum, uno psicosoma o unità psicosomatica, nella quale la mente è collegata al corpo influenzandolo, e viceversa.
Se in qualche modo c’è uno squilibrio o un blocco nell’unità somatopsichica, allora possono insorgere i cosiddetti sintomi psicosomatici.
Nell’articolo ti illustrerò un quadro completo sul perché si somatizza, su cosa vuol dire somatizzare e sul significato olistico delle malattie.
Dedicherò ampio spazio ad un elenco dei disturbi psicosomatici più comuni, interpretandoli sempre nell’ottica delle dinamiche della psiche, con un focus speciale dedicato all’ansia psicosomatica e su come guarire dai disturbi psicosomatici con un percorso breve di Psicoterapia Olistica.
Cosa sono i disturbi psicosomatici?
Ogni sintomo psicosomatico rappresenta un’istanza (emozioni, vissuti, aspetti di sé inespressi e sconosciuti) che, non avendo a disposizione altro modo per esprimersi e trovare la sua via verso la consapevolezza, si manifesta a livello corporeo.
Il disturbo di somatizzazione può essere considerato, pertanto, come un campanello di allarme di un disagio ben più profondo.
Sono, appunto, dei sintomi, esattamente come la spia di un’automobile che segnala che qualche parametro è “fuori posto” e deve quindi essere ricalibrato per un funzionamento ottimale del veicolo.
Se ignorati, i disturbi psicosomatici tendono a cronicizzare, e possono portare a dei veri e propri danni a livello d’organo, anche se non derivano da una condizione medica sottostante né dagli effetti diretti di qualche sostanza introdotta dall’esterno.
Perché si somatizza?
La somatizzazione, o condizione psicosomatica in genere, è legata ad una precedente repressione nell’inconscio di una istanza della propria psiche, di un carico energetico emozionale che è ritenuto inaccettabile da parte della coscienza della persona.
Si viene così a creare una divisione, una scissione interna.
In altre parole, la persona si difende dalle sue stesse emozioni, lotta contro un’energia psichica che non ha diritto di cittadinanza, perché incompatibile con l’immagine di sé stessa che si è costruita.
L’idea che abbiamo di noi è di solito ben distante da ciò che siamo, dalla nostra vera natura con cui vorremmo essere in piena armonia. Quando la discordanza con la nostra dimensione autentica e profonda diventa grande, la realtà si fa carico di farcelo sapere, innescando la malattia.
Disturbi psicosomatici, sintomi. Come decifrare il loro lato nascosto che somatizziamo
Il problema psicosomatico, in quest’ottica, va sempre interpretato in chiave simbolica e mai letterale.
Di per sé la lotta contro il sintomo, anche se del tutto umana e comprensibile, è inutile e porta anche la persona fuori strada. Tornando all’esempio calzante dell’automobile, l’ipotetico spegnimento forzato di una spia non ripristina i livelli ottimali di olio nel motore, così come non abbassa la temperatura dell’acqua del radiatore.
Il sintomo è un messaggero, che però ci parla in chiave figurativa, come del resto è tipico dell’inconscio. Qui sta la vera difficoltà della persona a risalire alle cause profonde di una malattia, soprattutto se con una componente psicosomatica forte.
D’altro canto, se il contenuto psichico rimosso è percepito come inconfessabile e inaccettabile, è inevitabile che le difese del soggetto facciano di tutto per impedirgli un accesso diretto.
Vi è anche da dire che, non essendo direttamente riconducibili ad una patologia medica od organica, questi sintomi psicosomatici spesso vengono considerati come dei disturbi fittizi.
Di conseguenza, la persona coinvolta fa molta fatica a comprendere se si trova di fronte ad una problematica puramente fisica, oppure se si tratta di qualcosa di più complesso.
Ciò genera ulteriore ansia e stress, anche perché molti soggetti non riconoscono il fatto che il funzionamento della loro mente possa influire sul corpo in una maniera così forte.
Le due facce del nostro dolore interiore: come iniziare a vedere la sua parte celata
Il dolore emotivo o disagio che proviamo al nostro interno è come un iceberg, di cui vediamo solo la piccola porzione esposta alla luce della nostra consapevolezza.
Di quella parte emersa possiamo parlare, e a volte la possiamo descrivere perfino nei minimi dettagli. Arriviamo a credere che non ci sia più nulla che non sia stato passato al vaglio della nostra mente razionale.
Vi è però una parte immersa, invisibile alla luce della coscienza, che si esprime direttamente nel corpo.
E questa rappresenta quasi sempre più del 90%.
Possiamo paragonarla ad una medaglia appoggiata su un tavolo, di cui ovviamente vediamo solo la faccia rivolta verso l’alto.
La conoscenza dettagliata della sua faccia visibile potrebbe ingannarci e farci credere di conoscerla nella sua interezza, ma in realtà noi somatizziamo la faccia invisibile, la parte nascosta del nostro dolore emotivo.
Ciò che possiamo conoscere ed esperire direttamente non ha bisogno di vie sotterranee di manifestazione.
Non si somatizza mai il conscio.
Ma di cosa è fatto il rovescio della medaglia?
Come possiamo saperlo senza andare a girare la medaglia per vederne l’altra faccia?
Questo è proprio il momento in cui entrano in gioco le vie di scarico nel corpo.
La somatizzazione ci consente di gettare una nuova luce sui termini del nostro conflitto interiore.
Senza la manifestazione nel corpo, per quanto sgradevole o perfino dolorosa, non saremmo nemmeno a conoscenza della faccia nascosta del nostro disagio.
Grazie al corpo possiamo vedere la medaglia anche da sotto e recuperare un quadro completo, per quanto cifrato.
Del resto, una parte decisiva del lavoro interiore è proprio la decodifica del sintomo, la traduzione di ciò che ci mostra in maniera criptata.
Disturbi psicosomatici, elenco di quelli più comuni
Le somatizzazioni possono coinvolgere tutti gli organi ed apparati del corpo umano; in particolare, si manifestano più frequentemente in questi apparati principali:
- respiratorio (asma bronchiale)
- urogenitale (dolori mestruali, eiaculazione precoce, impotenza)
- gastrointestinale (colite, sindrome del colon irritabile, gastrite, spasmo esofageo)
- cardiovascolare (tachicardie, aritmie, ipertensione)
- muscolo-scheletrico (cefalea, dolori muscolari, stanchezza cronica, fibromialgie)
- dermatologico (orticaria, eczema, eccessiva sudorazione)
- neurologico (vertigini, deficit di forza, paralisi).
Le malattie psicosomatiche sono riconducibili ad una iper-attivazione (o arousal) del sistema nervoso autonomo (SNA) che, stimolato per lungo tempo, porta a modifiche neurochimiche importanti (si sono riscontrati elevati livelli di cortisolo, l’ormone che ci fa reagire allo stress, nei pazienti con disturbi psicosomatici).
Ogni sintomo fisico porta un messaggio con sé, risultando un vero e proprio scrigno di informazioni preziose.
Il punto è che, come visto sopra, l’inevitabile processo di riemersione del rimosso non avviene in via lineare, e quindi tenderà a risalire secondo una via differente rispetto a quella, spesso antica e infantile, percorsa durante la rimozione.
A causa di ciò, ma non solo per questo, risulta difficoltoso decifrare il vero significato che sta dietro ad una somatizzazione o malattia psicosomatica.
Nella maggior parte dei casi, la persona non sa cosa l’ha fatta ammalare. E l’impressione di essere vittima o colpevole, così come la tendenza a semplificare con il tramite del pensiero razionale, fanno parte di una sorta di velo che impedisce una visione chiara.
Le cause profonde di una malattia o di un sintomo appaiono così come velate, mascherate, simboliche.
“Ciò che chiamiamo malattia è la fase terminale di un disturbo molto più profondo e perché un trattamento possa avere davvero successo è evidente che non basterà curare la sola conseguenza senza risalire alla causa fondamentale che andrà eliminata.”
Edward Bach
Malattie psicosomatiche associate a parti del corpo: cosa ci possono dire del nostro mondo inconscio
Le malattie psicosomatiche possono essere associate a parti specifiche del corpo e riflettono i modi in cui lo stress, l’ansia o i conflitti emotivi influenzano la salute fisica.
Ad esempio, il mal di testa psicosomatico di natura tensiva, o cefalea muscolo-tensiva, può essere correlato a tensioni emotive non risolte, al bisogno compulsivo e illusorio di tenere tutto sotto controllo o ad una gestione inefficace dello stress.
Le malattie gastrointestinali, come il mal di stomaco o il colon irritabile, possono manifestarsi in risposta a situazioni stressanti o a disfunzioni emotive. Allo stesso modo, problemi dermatologici come l’eczema o il prurito possono essere influenzati dallo stress emotivo o dalla mancanza di autostima.
Comprendere ed affrontare la componente psicologica di queste malattie è fondamentale per intraprendere la via dell’integrazione delle componenti psichiche rifiutate e spostate nel corpo in sede di manifestazione.
Dolori psicosomatici, come riconoscerli
I dolori psicosomatici rappresentano forse l’esempio più forte di come la mente e il corpo siano intimamente collegati.
Questi dolori sono manifestazioni fisiche di tensioni o disturbi emotivi sottostanti e, anche se a tutti gli effetti sono reali ed avvertiti come tali dalla persona, non hanno una causa fisica direttamente identificabile.
In altre parole, la dimensione psichica può arrivare ad influenzare il corpo in modi che causano dolore fisico reale.
I dolori psicosomatici possono variare notevolmente e includono mal di testa, dolori muscolari, dolori al petto, disturbi gastrointestinali e altri sintomi dolorosi. Questi sintomi possono spesso peggiorare in situazioni di stress o ansia elevati, dal momento che il corpo reagisce velocemente alla pressione emotiva aumentata.
La comprensione dei dolori psicosomatici è essenziale, soprattutto per il fatto che possono essere facilmente confusi con condizioni mediche tradizionali.
Una diagnosi accurata da parte di un professionista qualificato può aiutare ad identificare la causa sottostante, spesso legata a stress, ansia, depressione o altri disturbi emotivi.
Dolore anca sinistra, significato psicosomatico
Nel linguaggio psicosomatico le anche, essendo un’articolazione che supporta il peso del corpo e permette il movimento, rappresentano l’avanzare, il cambiamento ed il supporto di cui disponiamo nella vita.
Dolori o blocchi in questa zona possono riflettere difficoltà nell’affrontare nuove fasi dell’esistenza, nel prendere decisioni importanti o nel sentirsi sostenuti.
Nella prospettiva della psicosomatica, il corpo e la mente sono strettamente interconnessi in quella che viene comunemente chiamata psicosoma, o unità psicosomatica.
In ogni caso, è molto utile fare una differenziazione tra il lato sinistro e il lato destro, basata sulla simbologia del corpo.
Il dolore all’anca sinistra si riveste di un significato psicosomatico correlato a sentimenti di disadattamento, mancanza di supporto oppure insicurezza nella propria esistenza o nelle relazioni.
Una dolenza persistente in quest’area potrebbe pertanto suggerire una difficoltà nel fare dei passi importanti, come prendere decisioni o affrontare cambiamenti significativi, ma anche a lasciare andare situazioni o persone che ci tengono bloccati nel passato.
Il lato sinistro del corpo è, inoltre, spesso legato all’emotività, alla sfera interiore e alle relazioni familiari, suggerendo che il dolore potrebbe derivare da conflitti irrisolti con la figura materna, con la famiglia d’origine o con il proprio passato, ma anche da sensazioni di inadeguatezza emotiva.
Indagare il significato psicosomatico del dolore all’anca sinistra ci aiuta ad individuare ed affrontare le eventuali tensioni emotive o i conflitti interiori che trovano poi un’espressione sul piano fisico.
Dolore anca destra, significato psicosomatico
L’anca destra è, d’altro canto, simbolicamente collegata all’energia maschile, all’azione concreta nel mondo, alla razionalità e al futuro.
Un dolore in questa zona può assumere un significato psicosomatico legato a:
- Attriti interiori rispetto al prendere decisioni pratiche o al muoversi verso nuove direzioni.
- Paura del futuro e dell’ignoto, difficoltà a fare passi concreti nella direzione di un obiettivo.
- Un conflitto tra ciò che si desidera fare (il proprio sentire più autentico) e ciò che si ritiene di dover fare sulla base di qualche imperativo che detta legge in noi.
- Questioni irrisolte legate alla figura paterna o all’autorità.
Se proviamo dolore ad una delle due anche, potremmo chiederci:
- Sto trattenendo qualcosa dal mio passato che mi impedisce di avanzare? (se a sinistra)
- Ho paura di fare un passo importante verso il mio futuro? (se a destra)
Ascoltare il corpo con questa prospettiva rimane una grande opportunità per esplorare ed integrare aspetti profondi della propria vita emotiva e psicologica.
Mal di denti, significato psicosomatico
Secondo l’approccio psicosomatico, i denti rappresentano simbolicamente la capacità di affrontare e “mordere” le sfide della vita. Il mal di denti potrebbe, quindi, riflettere difficoltà nell’esprimere rabbia repressa, decisioni rimandate o senso di colpa.
Ad esempio, un dolore costante può indicare tensioni accumulate o resistenza a lasciar andare situazioni che non servono più al proprio benessere. D’altro canto, serrare i denti durante il sonno, noto come bruxismo, è in genere una manifestazione fisica di ansia o stress accumulato durante il giorno.
Oltre a questo, il significato psicosomatico del mal di denti può essere ricondotto anche a sentimenti di frustrazione, rabbia repressa o incapacità di esprimere sé stessi in modo adeguato.
Mal di schiena psicosomatico: quando il corpo ci fa vedere che stiamo portando troppi fardelli
Il mal di schiena psicosomatico è un disturbo in cui il dolore è collegato a fattori emotivi e psicologici piuttosto che a problemi strutturali della colonna vertebrale. Può interessare varie sezioni della colonna, anche se più comunemente si concentra nella parte bassa della schiena (se a carico della regione lombare, si parla di lombalgia).
Spesso correlato a stress, ansia o emozioni represse, questo tipo di dolore riflette il modo in cui il corpo risponde al disagio psicologico, manifestandolo attraverso sintomi fisici.
Le tensioni accumulate nel tempo, come preoccupazioni personali, difficoltà lavorative o relazionali ma anche carichi eccessivi di responsabilità possono infatti tradursi in una contrattura dei muscoli della schiena, causando dolore cronico o acuto.
Tecniche complementari come l’agopuntura, l’osteopatia o la chiropratica trovano il loro spazio per trattare il dolore e migliorare la funzionalità dell’apparato locomotore.
Mal di testa psicosomatico: quando le emozioni represse ci fanno letteralmente “scoppiare la testa”
Il vasto e complesso campo delle cefalee muscolo-tensive e di molte forme di emicrania è forse quello dove più si può parlare dei cosiddetti Medically Unexplained Symptoms (MUS), ovvero sintomi con eziologia sconosciuta.
La tensione emotiva o l’ansia somatizzata possono alimentare cefalee croniche, spesso avvertite come un senso di pressione dietro la fronte, difficoltà ad articolare parole che contengono determinate sillabe o lettere, ma anche fotofobia o una sensazione generale di affaticamento visivo.
A livello psicologico è spesso correlabile ad una tendenza esasperata e compulsiva al mantenimento del controllo sul mondo circostante, ma anche su quello interiore. Alla base della mal di testa psicosomatico vi è un’emozione negata e repressa che spinge per emergere ed essere finalmente vista. La lotta contro un’emozione alimenta una frattura interna e sequestra energie psichiche in continuazione.
Il significato psicosomatico del mal di testa può anche risiedere nel tentativo di mantenere questo stato di repressione e spostamento nell’inconscio, il prezzo da pagare per spazzare dalla propria consapevolezza qualcosa che ci terrorizza e che non vogliamo accettare.
Non possiamo eliminare una parte di noi, ma possiamo trascendere il processo di rimozione e tornare ad integrarla, riconoscendola e accogliendola con una nuova consapevolezza.
In alcuni casi il mal di testa psicosomatico può essere cronico e perdurare anche per svariati anni se la persona non intraprende un lavoro di esplorazione delle cause profonde.
Le pseudovertigini o vertigini psicosomatiche
Le vertigini psicogene, dette anche pseudovertigini o vertigini psicosomatiche, possono comparire quando affrontiamo cambiamenti significativi nel lavoro, nelle relazioni affettive o nell’ambito della famiglia.
Di fronte a tali cambiamenti, possiamo sentirci insicuri, non all’altezza o incapaci di gestire la situazione. Questa percezione interna, spesso inconsapevole, si manifesta con veemenza attraverso le vertigini psicogene, che diventano così un messaggio del nostro corpo da ascoltare ed interpretare.
Questi segnali possono riguardare il controllo, una situazione di dipendenza, la difficoltà a diventare più autonomi, l’uscita dalla propria area di comfort, l’immagine di sé stessi e l’autoefficacia personale.
Quando avvertiamo una vertigine psicogena, le domande che possiamo porci per iniziare a sondare il nostro terreno interiore sono: “Cosa sta accadendo nella mia vita?”, “C’è qualcosa che mi trovo nella condizione di dover lasciare andare e verso cui ho sviluppato un forte attaccamento?” o ancora “Quale punto di riferimento sta crollando nella mia esistenza?”.
Vertigini psicosomatiche, sintomi
Sensazioni di squilibrio, instabilità, insicurezza, leggera nausea e giramenti di testa o capogiri: queste sono le manifestazioni più comuni delle pseudovertigini. Questi sintomi possono essere associati ad un senso di smarrimento o di stordimento, e possono verificarsi improvvisamente oppure essere cronici nel tempo.
Escludendo patologie mediche, che vanno comunque verificate, l’origine di queste vertigini risiede nella nostra dimensione psichica.
Le pseudovertigini sono comuni in persone che dipendono, esplicitamente o meno, da un familiare, un genitore oppure un partner. Quando queste figure di riferimento cambiano ruolo, prendono le distanze o vengono purtroppo a mancare, si innesca una crisi in chi è abituato a vivere con un punto di appoggio ed un puntello psicologico.
Dal punto di vista emotivo, le vertigini psicosomatiche possono causare ansia, paura ed ipervigilanza costante rispetto alle sensazioni corporee.
Una casistica interessante vede queste vertigini presentarsi in chi vive un conflitto tra la parte pulsionale e istintiva, spesso repressa o pesantemente soffocata, e la parte razionale che tende a privilegiare la sfera cognitiva, causando una progressiva disconnessione dal corpo.
Se vogliamo esplorare il piano del significato psicosomatico, le vertigini rappresentano disorientamento, la perdita di punti di riferimento o l’azione di ingresso in un territorio ignoto. Possono essere la spia positiva di un corretto lavoro interiore, di un passaggio inevitabile attraverso un guado che stiamo rimandando da troppo tempo.
Ipocondria, sintomi psicosomatici
L’ipocondria è un disturbo caratterizzato da una preoccupazione eccessiva e persistente per la propria salute e la convinzione infondata di covare gravi malattie nonostante tutte le rassicurazioni mediche e derivanti dalle risultanze di eventuali esami strumentali.
I sintomi psicosomatici associati all’ipocondria possono manifestarsi attraverso una serie di esperienze fisiche, come palpitazioni, dolori al petto, vertigini, nausea o sensazione di affaticamento.
Questi sintomi, sebbene non siano attribuibili ad una causa organica specifica, possono essere vissuti in modo molto reale dalla persona ipocondriaca a causa dell’ansia e dell’eccessiva consapevolezza del proprio corpo.
La ricerca compulsiva di informazioni mediche ed il costante bisogno di conferme sulla propria salute possono alimentare ulteriormente l’ansia e aumentare la vividezza percepita dei sintomi fisici, creando un circolo vizioso.
Il prurito psicosomatico
Il prurito psicosomatico è una condizione in cui il prurito non è causato da una condizione dermatologica specifica, ma è piuttosto influenzato da fattori emotivi o psicologici.
Le persone che soffrono di prurito psicosomatico possono avvertire un forte desiderio di grattarsi, nonostante non vi sia alcuna causa fisica evidente.
Questo prurito può essere generalizzato oppure localizzato in specifiche parti del corpo, come le braccia, le gambe o il cuoio capelluto. Il prurito psicosomatico può essere spesso associato a stress, ansia o tensione emotiva.
Il grattarsi eccessivo può inoltre portare a danni alla pelle e ad irritazioni cutanee, aggravando ulteriormente il disagio e innescando un circolo vizioso.
Prurito alle mani, significato psicologico
Diversi studi sia psicofisiologici che psicopatologici hanno indagato la stretta ma complessa correlazione tra il prurito e la psiche.
Il prurito da stress emotivo si manifesta nella grande maggioranza dei casi come prurito alle mani.
Come possono le condizioni psichiche innescare il fenomeno del prurito?
È stato dimostrato che determinate condizioni mentali possono comandare il rilascio di istamina, originando di conseguenza condizioni di prurito, eczemi e orticaria.
Il prurito alle mani di natura psicosomatica è un fenomeno diffuso dal momento che le mani sono simbolicamente connesse all’azione e alla manifestazione esterna dei nostri pensieri ed emozioni. Sono direttamente coinvolte ogni volta che ci figuriamo mentalmente, programmiamo o anche solo ipotizziamo un’azione.
È tramite le mani che esprimiamo noi stessi nel mondo esterno, che agiamo e affrontiamo le sfide quotidiane.
Non sorprende, quindi, che le tensioni emotive o lo stress possano manifestarsi attraverso un prurito alle mani. Se la condizione pruriginosa della pelle è correlata a disturbi d’ansia, si parla del cosiddetto “prurito psicogeno”.
Questo sintomo può rappresentare un modo per il corpo di segnalare la presenza di un disagio interno, invitando la persona a prestare attenzione alle proprie emozioni e alla necessità di trovare modi più efficaci per gestirle.
La dermatite psicosomatica
La dermatite è una patologia infiammatoria che coinvolge la pelle e che può essere innescata da uno stato di sofferenza interna dell’organismo.
Le due cause principali sono di natura allergica o autoimmune.
Nel secondo caso, il corpo mette in campo la dermatite come una sorta di meccanismo di difesa nei confronti di processi endogeni specifici che potrebbero arrecare un danno all’organismo stesso. Ad esempio, situazioni di stress prolungato possono scatenare o peggiorare la dermatite, con particolare riferimento alla psoriasi.
Le dermatiti tendono a peggiorare durante i periodi di stress proprio perché gli ormoni correlati allo stress, come il cortisolo, possono intensificare la risposta immunitaria e l’irritazione cutanea.
Quando invece non sono presenti cause organiche riconosciute, si parla di dermatite psicosomatica.
Le persone che soffrono di dermatite psicosomatica possono sperimentare prurito, arrossamento, desquamazione o altri sintomi cutanei che variano in intensità a seconda del livello di stress o di altri fattori emotivi.
Affrontare la dermatite psicosomatica richiede un approccio indiretto, concentrandosi sulla riduzione dello stress che la scatena.
I sintomi della dermatite possono quindi fungere da segnali di allarme, indicando che l’organismo sta affrontando difficoltà emotive. È consigliabile intervenire, possibilmente con il supporto di uno psicoterapeuta, al fine di alleviare il disagio psicofisico e promuovere la guarigione.
La diarrea psicosomatica
Il nostro intestino è una delle parti sensibili del nostro corpo che più risultano esposte all’espressione emotiva. È considerato un secondo cervello anche per il fatto di essere sede di cellule neuronali (stimate in più di cinquecento milioni) e di un fitto reticolo nervoso che costituisce il cosiddetto Sistema Nervoso Enterico (SNE).
Non stupisce, quindi, che un disagio psicologico accompagnato da ansia e stress emotivo prenda la via dell’intestino.
Si parla, in questi casi, di diarrea da stress o di diarrea da ansia (anche detta colite da ansia).
I problemi gastrointestinali sono quindi la spia sul piano fisico di attriti interni rispetto alla propria dimensione emotiva e al rapporto con il mondo che ci circonda. Come per tutti i sintomi psicosomatici, rappresentano una preziosa occasione data dal nostro corpo per vedere faccia a faccia aspetti della nostra vita che detestiamo o in cui non ci troviamo bene, o anche vissuti profondi irrisolti
Uno stress cronico e prolungato provoca continui picchi di cortisolo e adrenalina, favorendo la comparsa della colite spastica e della Sindrome del Colon Irritabile (in inglese Irritable Bowel Syndrome, IBS), caratterizzate da episodi di stipsi, ma anche di diarrea psicosomatica.
La risoluzione di questo disturbo richiede un approccio integrato che includa non solo la gestione dei sintomi fisici, ma anche il riconoscimento e il trattamento delle cause psicologiche sottostanti.
Disturbi psicosomatici da ansia
L’ansia psicosomatica è un particolare tipo di somatizzazione che compare quando un disturbo d’ansia, nel momento in cui diventa cronico, arriva ad esprimersi attraverso dolori fisici che non possiedono cause organiche evidenti.
In un altro articolo ho spiegato nel dettaglio le vie di scarico dell’ansia, evidenziando che questo carico energetico, se represso per un tempo sufficiente, troverà una sua via di manifestazione direttamente nel corpo.
L’ansia, ma anche i pensieri ossessivi e altre tipologie di disturbi psichici possono letteralmente riversarsi nel corpo, che risulta un po’ come l’ultimo anello della catena. In questo modo si manifestano soprattutto dolori di pancia, cefalee tensive, mal di schiena e problemi articolari.
La somatizzazione dell’ansia non sempre è patologica, soprattutto se rimane confinata in un orizzonte temporale limitato e legato a circostanze ben precise e transitorie (ad esempio, un esame importante o un colloquio di lavoro che comporta un notevole investimento emotivo).
È interessante evidenziare che di per sé l’ansia può essere sia la causa che una conseguenza della somatizzazione, accompagnando questi sintomi psicosomatici e peggiorando la qualità della vita quotidiana del paziente.
Ansia somatizzata allo stomaco sintomi
Esiste un asse importante tra cervello e stomaco, per cui quest’organo è uno dei primi bersagli dello scarico dell’ansia. È ben noto che l’apparato gastro-intestinale è il nostro secondo sistema nervoso, dal momento che comunica con il Sistema nervoso Centrale (SNC) con una serie di mediatori.
I sintomi più comuni sono l’alterazione della peristalsi, quindi della velocità di transito del materiale all’interno del tubo digerente, portando a stitichezza o a diarrea. Molto comuni sono anche le alterazioni della mucosa gastrica, che possono causare episodi di bruciore di stomaco, iperacidità e gastrite anche a cadenza quotidiana.
L’alterazione dei processi digestivi può causare anche nausea e vomito, oltre a disturbi dell’appetito e della facilità di digestione.
L’ansia e lo stress possono poi, a loro volta, avere un’influenza diretta sullo stomaco, inducendo una cattiva alimentazione sia in termini di qualità del cibo ingerito che di modalità di ingestione.
La gastrite psicosomatica
La gastrite psicosomatica è una condizione in cui lo stress emotivo o psicologico può influenzare direttamente la salute dello stomaco e causare sintomi gastrointestinali, come dolore addominale, bruciore di stomaco, reflusso gastroesofageo, nausea o vomito.
Questi sintomi non sono sempre attribuibili a cause organiche specifiche, ma possono essere scatenati o aggravati da fattori emotivi, come lo stress cronico, dinamiche di ansia o la tensione emotiva.
Le persone che soffrono di gastrite psicosomatica sperimentano in genere episodi di bruciore gastrico che possono variare in intensità a seconda del livello di stress contingente, della qualità e quantità di cibi ingeriti e di altri fattori emotivi concomitanti.
Somatizzazione ansia e dolori muscolari
Come già visto almeno in parte, vi è un rapporto stretto tra dolori muscolari e ansia somatizzata.
Quando una persona sperimenta elevati livelli di ansia o stress cronico, il corpo può infatti reagire con tensione muscolare e contratture, causando dolore e disagio. Queste contrazioni possono manifestarsi come un dolore acuto e pulsante nel momento in cui il muscolo si tende in maniera automatica e involontaria.
Le fibre muscolari diventano tese e rigide proprio per via della risposta del sistema nervoso autonomo (SNA) allo stress, che porta alla secrezione nel corpo di adrenalina e di altre molecole coinvolte nella risposta di attacco o fuga.
Questo può generare una sensazione di tensione e dolore muscolare, specialmente nelle aree del collo, delle spalle e della schiena, ovvero quelle simbolicamente associate ai carichi psicologici ed emotivi che sentiamo di dover portare e sopportare.
In ogni caso, troviamo di frequente coinvolti anche gli arti e i muscoli facciali. L’ansia somatizzata alle gambe si manifesta in genere come una tensione muscolare o una sensazione di debolezza, rendendo difficile il movimento e aggiungendo un ulteriore carico al livello di disagio fisico.
Disturbi psicosomatici, come guarire con la Psicoterapia
Il significato olistico delle malattie non va mai banalizzato o avvicinato con preconcetti o etichette preconfezionate, dal momento che ciascuna unità psicosomatica ha delle peculiarità da cui bisogna partire.
Muovendosi tramite un approccio integrato, la Psicoterapia Olistica si basa su un lavoro di presa di coscienza dell’istanza psichica sottostante e percepita come inaccettabile dal paziente, arrivando a chiarificare i vissuti e le resistenze della persona.
Prima di tutto, nella fase iniziale del lavoro sul disturbo psicosomatico risulta molto utile anche operare con domande strategiche mirate.
Puoi già scriverle adesso su un foglio bianco, mentre leggi questa parte dell’articolo, e iniziare a mettere a fuoco le prime risposte che emergono alla luce della consapevolezza.
Le due domande chiave, vera e propria pietra miliare per una presa di consapevolezza delle radici profonde dei problemi psicosomatici, sono:
- Che cosa mi consente di fare il sintomo? In altre parole: cosa mi permetto di fare grazie al sintomo, che altrimenti non farei?
- Che cosa mi impedisce di fare il sintomo? Cioè: cosa sarei libero di fare senza il sintomo psicosomatico, e che invece non faccio proprio per la sua presenza?
Da qui si prosegue con domande più focalizzate, in genere all’interno dell’ambiente protetto della Psicoterapia, da definire anche in base alle risposte precedenti.
Un lavoro di focalizzazione sul corpo e su quello che la persona percepisce a livello corporeo è anch’esso molto utile in una fase iniziale, per cominciare a dipingere una mappa della somatizzazione.
Che cosa cerca di dirmi il corpo? Che cosa sento? Dove lo sento? E da quando?
La personificazione del sintomo come tecnica di guarigione somatopsichica
Il principio di base è che il sintomo ci parla, e lo fa in continuazione, in ogni momento in cui è presente, solo che lo fa con un linguaggio specifico tutto suo.
Per favorire questo dialogo risulta molto utile una tecnica di personificazione del sintomo (in inglese Embodying), da applicare dopo un numero minimo di sedute e su una persona già parzialmente “lavorata”.
In questo modo è possibile andare direttamente a chiedere al sintomo qual è il suo scopo, che cosa si prefigge, qual è il suo significato e quali circostanze lo hanno generato.
Le risposte, se ascoltate in uno stato di sospensione del giudizio, sono il primo passo nella creazione di un ponte di collegamento tra due parti della psiche apparentemente inconciliabili, l’inizio quindi di una possibile integrazione in grado di risolvere i problemi psicosomatici.
Resistenze psicologiche e linguaggio del corpo
Quando si conduce un lavoro di questa natura, bisogna sempre ricordare che le resistenze psicologiche della persona agiscono con costanza, quindi il terapeuta deve essere molto attento nella lettura del linguaggio del corpo, che in questi casi non mente mai.
Non può mentire perché è direttamente collegato alla mente inconscia.
D’altro canto, questo passaggio è molto utile perché può dar voce anche alle resistenze, può portarle alla luce almeno parzialmente.
Il concetto essenziale è che la guarigione finale passa sempre dalla dimensione emotiva.
I paradigmi mentali inconsci mantengono la separazione, la rimozione, la ferita originaria, che però si colloca sul piano emotivo e lì deve essere curata.
Se vuoi più informazioni sulla Psicoterapia Medica Olistica oppure prenotare la prima seduta con me, puoi compilare il modulo di contatto che trovi all’inizio della Pagina Contatti.
Medico psicoterapeuta
Sono iscritta all’Albo Professionale dei Medici dall’anno 2008 ed esercito la professione di Psicoterapeuta sia per mezzo di sedute online (via Zoom o Skype) che in presenza nel mio Studio privato vicino al centro storico di Novara.
Perché rivolgersi ad un medico psicoterapeuta?
Grazie alla sua duplice formazione medica e psicoterapeutica, un medico psicoterapeuta è in grado di valutare il paziente non solo dal punto di vista meramente psicologico, ma anche di considerare eventuali fattori biologici, medici e farmacologici che possono influenzare il disturbo, conflitto interiore o disagio portato dal paziente.
Questo permette una presa in carico olistica, in cui si possono trattare problematiche emotive, psichiche e fisiche in modo sinergico, personalizzando il percorso terapeutico per ottenere risultati più efficaci e duraturi.
I vantaggi tangibili per il paziente consistono in tempi mediamente più brevi rispetto alla psicoterapia tradizionale e senza limitarsi a quella che potrei definire come “terapia dell’ascolto”.
Dott.ssa Elisa Scala, medico psicoterapeuta a Novara
Buongiorno, avrebbe qualcuno da consigliarmi in zona Friuli Venezia Giulia, abito in provincia di Trieste .
Soffro di quasi tutto ciò che nel suo articolo viene elencato purtroppo con annesso anche disturbo della condotta alimentare compulsivo su base ansiosa.
Grazie
Buongiorno,
ho aprezzato il vostro articolo. Avete tratatto l’argomento che riguarda l’anca sinistra e vorrei sapere come mai non avete indicato anche l’anca destra.
Grazie per l’attenzione
Cordiali saluti
Paola
Buonasera Paola,
la ringrazio per la sua domanda ed in effetti ritengo utile completare l’articolo anche trattando il significato psicosomatico del dolore all’anca destra.
Per riportarle anche qui qualche informazione, è importante ricordare che le anche in generale rappresentano il movimento, il cambiamento e il supporto che abbiamo nella vita.
Se l’anca sinistra è spesso associata alla dimensione emotiva, inconscia e femminile (indipendentemente dal genere biologico), oltre che al rapporto con la madre, la famiglia d’origine e il passato, l’anca destra è simbolicamente collegata all’energia maschile, all’azione concreta nel mondo, alla razionalità e al futuro.
Un dolore in questa zona può riflettere:
– Resistenze nel prendere decisioni pratiche o nel muoversi verso nuove direzioni.
– Paura del futuro e dell’ignoto, difficoltà a fare passi concreti verso un obiettivo.
– Presenza di un conflitto tra ciò che si desidera fare e ciò che invece si ritiene di dover fare sulla base di qualche imperativo interiore.
– Questioni irrisolte legate alla figura paterna o, per estensione, all’autorità.
In chiave psicosomatica, il dolore all’anca destra potrebbe indicare un blocco nel “fare” e nell’andare avanti, mentre quello all’anca sinistra potrebbe segnalare un’incapacità di lasciar andare il passato o un attaccamento a dinamiche emotive irrisolte.
Sperando di essere stata esaustiva, la saluto cordialmente.
Dott.ssa Elisa Scala
Scusate, ho norato un’errore “APPREZZATO”