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Le leggi della Gestalt sono dei principi fondamentali che spiegano come il nostro cervello organizza e interpreta le informazioni visive, permettendoci di percepire schemi e figure come un insieme coeso piuttosto che come singoli elementi separati.

Questi postulati stanno alla base non solo della percezione visiva, ma anche di molti altri ambiti dell’esperienza sensoriale umana, e sono stati applicati con successo in diversi campi, dalla psicologia alla comunicazione visiva, fino al web design.

In questo articolo esploreremo più da vicino le 7 leggi della Gestalt, il loro significato e come queste possono aiutarci a comprendere meglio la nostra rappresentazione del mondo e, più in profondità, il nostro stesso funzionamento psicologico.

La teoria della Gestalt: il potere dell’insieme rispetto alle singole parti

La teoria della Gestalt, nata agli inizi del ‘900 ad opera dei tre psicologi Max Wertheimer, Wolfgang Köhler e Kurt Koffka, si fonda sull’idea che “il tutto è diverso dalla somma delle sue parti”, ma non per forza migliore qualitativamente o maggiore quantitativamente.

A volte questo concetto viene tradotto, appunto, in termini di superiorità dell’insieme rispetto alle parti costituenti, ma ciò non rappresenta gli intendimenti dei tre fondatori della teoria gestaltica.

In altri termini, il nostro cervello tende ad organizzare le informazioni con una modalità per certi versi olistica, tessendo significati che si spingono ben oltre l’associazione dei singoli dettagli.

La psicoterapia della Gestalt, sviluppata successivamente da Fritz Perls, si ispira a questo concetto, trasponendolo nel contesto terapeutico: l’individuo è visto come un’entità integrata di mente, corpo ed emozioni, e non come mero insieme di singoli aspetti da trattare separatamente.

La psiche umana non funziona a compartimenti stagni, e la modifica di un elemento va ad influenzare tutto l’insieme secondo modalità spesso difficili da prevedere a priori.

Nell’ambito della psicoterapia, la Gestalt enfatizza l’importanza del “qui ed ora”, invitando il paziente a diventare consapevole dei suoi processi attuali, a riconoscere schemi di comportamento disfunzionali e a promuovere l’auto-realizzazione attraverso un dialogo attivo con il proprio stesso vissuto.

La Gestalt-forma: come organizziamo i dati che riceviamo

In tedesco, la parola “Gestalt” significa “forma” o “configurazione”.

La Gestalt-forma è un concetto chiave della psicologia della Gestalt che si riferisce all’intera struttura o configurazione emergente dalla percezione di un insieme di elementi. Secondo i teorici della Gestalt, quando osserviamo il mondo, il nostro cervello non si limita a raccogliere dati individuali (come linee, punti e colori), ma li organizza automaticamente in schemi o conformazioni che hanno un significato diverso rispetto alla somma delle loro parti.

La Gestalt-forma è fondamentalmente parte integrante della teoria della forma Gestalt. Per esempio, quando siamo di fronte ad un oggetto familiare come una sedia, non ci concentriamo sugli elementi singoli come le gambe o la seduta, ma ne percepiamo immediatamente l’intera forma. Questa è una Gestalt, una “forma” percepita nel suo insieme. In termini più tecnici, la Gestalt-forma è l’output percettivo o il modo in cui viene interpretata la configurazione globale di ciò che percepiamo.

In terapia, il concetto di Gestalt-forma è usato per aiutare i pazienti a diventare consapevoli dei modelli inconsci con cui percepiscono e interpretano la loro realtà. La terapia della Gestalt mira a far affiorare questi schemi alla coscienza per poterli scandagliare e, se necessario, modificare.

Più avanti nell’articolo vedremo i principi della Gestalt che spiegano come il nostro cervello organizza i dati che riceve, sia visivi che cognitivi, secondo una Gestalt-forma, ovvero in strutture, configurazioni o schemi coerenti.

Per comprendere a fondo l’applicazione psicologica delle leggi della Gestalt, è necessario però prima conoscere la teoria del campo.

La teoria del campo di Lewin: come le forze invisibili in cui siamo immersi modellano il nostro comportamento

L’essere umano, analogamente ad ogni altra forma vivente, si trova circondato da un campo energetico e relazionale fin dai suoi primi istanti di vita su questo pianeta.

La formulazione della teoria del campo Gestalt si deve a Kurt Lewin, lo psicologo tedesco che è diventato il pioniere della psicologia sociale.

Lo spazio si articola in diverse regioni, che possono avere valenza positiva se contengono un oggetto desiderato, mentre creano una forma di repulsione se includono un oggetto negativo e da evitare.

Se da un lato, però, Lewin ha concepito il campo come una forma di rappresentazione mentale interna, la psicoterapia gestaltica si focalizza soprattutto sulle esperienze di contatto tra l’organismo e l’ambiente che avvengono nelle zone di frontiera.

Ogni forma di vita dipende da questo campo per vivere, anche grazie ad un continuo e fitto scambio di impressioni.

Il campo è costituito dagli altri esseri viventi, dagli oggetti mobili ed immobili e da tutta una serie di elementi che risultano indispensabili per crescere sia fisicamente che psicologicamente.

Alla teoria del campo di Lewin è poi strettamente collegato il concetto di confine, ovvero lo spazio vitale della persona, il teatro di azione e rappresentazione di tutti i suoi fattori psicologici e comportamentali nel Qui-ed-Ora.

Ogni organismo rappresenta infatti una interezza psico-fisica che si trova separata dagli altri e, in generale, dal proprio ambiente per mezzo di uno specifico confine presidiato da una membrana semi-permeabile.

La difesa dei propri sani confini, di cui si sente spesso parlare anche a sproposito, si riferisce alla dimensione psicologica e non tanto a quella biologica o fisica.

confini personali sono fondamentali, soprattutto in età infantile e adolescenziale, per definire l’unità psico-fisica, per configurarla e per connotarsi rispetto al mondo circostante.

Le 7 leggi della Gestalt

Dopo aver richiamato brevemente le basi della teoria della Gestalt e la teoria del campo, vediamo adesso i suoi principi specifici e cosa ci possono insegnare sull’organizzazione delle nostre percezioni. In particolare, le 7 leggi fondamentali che vedremo sono: il principio della vicinanza, del destino comune, della somiglianza, dell’esperienza passata, di continuità di direzione, di chiusura o completamento e di figura-sfondo.

Non ci limiteremo a vedere le leggi della Gestalt di per sé, ma sarà molto interessante scoprire come possono essere applicate con efficacia da un terapeuta che segue questo orientamento.

Il principio di vicinanza

Il principio di vicinanza è una delle leggi della Gestalt secondo la quale gli elementi che sono posizionati vicini tra loro tendono ad essere percepiti come appartenenti allo stesso gruppo o come una struttura unitaria. In altre parole, il nostro cervello tende a raggruppare automaticamente gli oggetti che si trovano vicini nello spazio, considerando la loro prossimità fisica come un indicatore di relazione o connessione.

A livello grafico, una forma viene quindi percepita dal nostro cervello come forma chiusa anche se il suo perimetro presenta delle discontinuità, ovvero non è ininterrotto.

Nella terapia gestaltica, il principio di vicinanza non si limita solo alla percezione visiva, ma assume un significato più ampio in relazione ai processi mentali, emotivi e relazionali dell’individuo.

In psicologia, il principio di vicinanza Gestalt può essere esteso al modo in cui le persone organizzano non solo gli stimoli visivi, ma anche le esperienze emotive e cognitive. Gli eventi che si verificano in momenti ravvicinati o che presentano similitudini emotive tendono ad essere associati tra loro.

Vediamo un paio di esempi concreti:

  • Se una persona ha vissuto una serie di eventi stressanti o traumatici in rapida successione, il suo cervello tenderà a trattare questi eventi come se fossero correlati, andando quindi a raggrupparli.
  • Allo stesso modo, emozioni simili o connesse tra loro vengono “avvicinate” nel nostro processo mentale, creando connessioni tra diversi episodi di vita che potrebbero generare pattern comportamentali o emotivi disfunzionali.

Questo meccanismo può spiegare perché le persone tendono a collegare eventi del passato che potrebbero sembrare distinti o isolati agli occhi di un osservatore esterno, ma che per loro risultano emotivamente connessi, influenzando il loro modo di vivere il presente.

Nel contesto della psicoterapia della Gestalt, il principio di vicinanza gioca un ruolo fondamentale nel concetto di “esperienza integrata”. Questo orientamento mira, infatti, a portare il paziente a prendere coscienza dei suoi schemi mentali ed emotivi attuali, creando connessioni tra pensieri, emozioni e comportamenti che spesso sembrano separati o distanti a livello conscio, ma che sono in realtà “vicini” emotivamente e psicologicamente.

Durante la terapia, questa legge della Gestalt può essere utilizzata per connettere esperienze frammentate e per facilitare l’integrazione di aspetti separati del sé.

Ad esempio, riconoscere che una sensazione corporea (come una tensione in un’area specifica) sia collegata ad un’emozione repressa (quale la rabbia) o ad un ricordo passato può portare ad una maggiore propensione all’accettazione della dinamica e, quindi, alla sua integrazione.

Il principio del destino comune

Il principio del destino comune Gestalt, detto anche legge del destino comune, afferma che gli elementi di una scena che si muovono nella stessa direzione o che sembrano condividere una traiettoria comune tendono ad essere percepiti come un gruppo o un’unità.

In altre parole, il nostro cervello raggruppa automaticamente gli oggetti che mostrano un movimento o una dinamica coerente, vedendoli come parti di uno stesso insieme, anche se non sono fisicamente connessi.

Il principio del destino comune aiuta il nostro cervello a semplificare il modo in cui interpretiamo il mondo visivo, organizzando automaticamente ciò che vediamo in gruppi coerenti in base ai movimenti e alle direzioni dei singoli elementi di una scena.

Nella terapia gestaltica, questo principio può essere utilizzato per comprendere meglio come le persone percepiscono ed organizzano le proprie esperienze, comportamenti ed emozioni all’interno di un contesto più ampio, facilitando la consapevolezza e l’integrazione personale.

Questo concetto si può applicare sia alle relazioni interpersonali, incluse le dinamiche di gruppo, che al processo di integrazione personale.

Vediamo anche qui un paio di esempi:

  • Terapia di gruppo. Durante un contesto gruppale di terapia, i partecipanti tendono a sviluppare un senso di unità quando percepiscono di condividere esperienze emotive o psicologiche simili, anche se hanno storie di vita diverse. Il terapeuta può sfruttare il principio del destino comune per facilitare un senso di appartenenza e di connessione tra i membri, aiutandoli a vedere come stanno progredendo insieme verso un obiettivo di lavoro condiviso.
  • Riconoscere i propri movimenti interiori. Attraverso esercizi e dialoghi, il terapeuta gestaltico aiuta il paziente ad osservare e riconoscere le connessioni tra le proprie emozioni, comportamenti e pulsioni, e come queste contribuiscano a muoverlo verso un certo “destino comune” (che potrebbe essere la guarigione, la crescita personale o, in alcuni casi, schemi ripetitivi negativi). La consapevolezza di questo movimento può facilitare l’integrazione e la trasformazione.

Nella Gestalt, l’obiettivo è integrare queste parti frammentate in un tutto coerente.

Spostandoci su un piano più collettivo e filosofico, possiamo anche ricordare che come esseri umani siamo tutti interconnessi e coinvolti in un destino comune.

Il principio di somiglianza

Il principio di somiglianza è una delle leggi della Gestalt e afferma che gli elementi simili tra di loro in termini di forma, colore, dimensione o altre caratteristiche visive all’interno di un’immagine o composizione grafica vengono raggruppati e percepiti dalla nostra mente come un elemento unitario e a sé stante.

Immagina, ad esempio, una fila di cerchi e una fila di quadrati disposti in maniera alternata. Il nostro cervello tenderà automaticamente a raggruppare tutti i cerchi in un gruppo e tutti i quadrati in un altro dal momento che la somiglianza visiva tra gli oggetti crea una percezione di unità e coerenza tra essi.

Sul piano psicologico, il principio di somiglianza Gestalt sottolinea l’importanza di riconoscere le somiglianze e le analogie presenti nelle esperienze personali.

Il terapeuta e il paziente possono così lavorare per identificare schemi ricorrenti nella vita emotiva e cognitiva di quest’ultimo. Il principio di somiglianza guida il paziente a riconoscere il collegamento tra determinate esperienze, pensieri o dinamiche interiori che solo in apparenza sembrano separate o indipendenti:

  • Esperienze ripetitive. Una persona potrebbe trovarsi a vivere una serie di relazioni sentimentali fallimentari. Il principio di somiglianza permette di individuare le analogie presenti tra le dinamiche di queste relazioni (come la scelta di partner emotivamente inaccessibili o abusanti), riconoscendo un pattern ricorrente.
  • Reazioni emotive simili. Un paziente potrebbe sperimentare ansia in situazioni apparentemente diverse, come sul lavoro, nelle relazioni o nella sua dimensione sociale. La terapia della Gestalt lo può aiutare a riconoscere come questi stati ansiosi siano in realtà legati ad emozioni represse o vissuti analoghi che emergono in contesti differenti.

In termini semplici, questo principio ci guida nella ricerca del filo invisibile che da dietro le quinte mette in connessione parti di noi che apparentemente non si parlano per niente.

Il principio dell’esperienza passata

Il principio dell’esperienza passata nella teoria della Gestalt, anche detto legge dell’esperienza passata, si riferisce all’idea che la nostra percezione nel momento presente sia influenzata dalle esperienze precedenti che abbiamo vissuto. Questo significa che, quando interpretiamo uno stimolo visivo o una situazione, il nostro cervello utilizza le conoscenze e le memorie acquisite in passato per attribuire il significato a ciò che stiamo osservando.

In altre parole, la nostra mente si avvale delle esperienze pregresse come un filtro cognitivo attraverso il quale organizza e attribuisce significato a stimoli o impulsi nuovi.

Questo principio è strettamente connesso al concetto di memoria e apprendimento: le esperienze pregresse, soprattutto quelle significative, plasmano il modo in cui interpretiamo le situazioni attuali e future, nonché le nostre reazioni emotive e comportamentali.

In parallelo, il bias cognitivo associato a questo principio è noto come bias di conferma o pregiudizio esperienziale. Questo bias si manifesta quando le vicende passate influenzano la nostra interpretazione degli eventi in maniera automatica, portandoci a dare priorità a quelle informazioni che confermano ciò che già sappiamo o che ci aspettiamo.

In altre parole, filtriamo inconsapevolmente la realtà per adattarla alle aspettative che abbiamo già strutturato in precedenza, creando una sorta di struttura chiusa che si auto-rinforza.

Leggi della Gestalt e percezione

Secondo la Gestalt, quando il cervello riceve un’informazione visiva, si affida ai modelli passati e ad esperienze percettive pregresse per organizzare ed interpretare ciò che vede. Ad esempio, se una persona ha imparato che una certa serie di linee curve corrisponde ad un volto umano, il suo cervello percepirà velocemente un viso anche quando si trova di fronte ad uno schema incompleto, basandosi semplicemente sulle esperienze passate.

Questo processo di raggruppamento aiuta a dare senso a ciò che vediamo, trasformando frammenti isolati di un insieme in immagini complete e coerenti.

D’altro canto il bias cognitivo collegato, soprattutto il bias di conferma, porta ad interpretare le nuove informazioni in modo che si adattino ai nostri schemi preesistenti. Se le nostre esperienze passate ci hanno fatto vedere il mondo in un certo modo (anche sbagliato o incompleto), tenderemo a cogliere tutti quegli elementi, e solo quegli elementi, che vadano a confermare questa visione.

La legge dell’esperienza passata risulta molto utile in diversi campi, come il design, l’arte e la stessa psicologia, proprio perché spiega come le persone percepiscono e interpretano i dati visivi.

Il terapeuta Gestalt lavora con il paziente nel Qui ed Ora per esplorare e comprendere le esperienze passate che possono influenzare il suo modo di pensare, sentire e comportarsi nel presente.

Questo processo consente di far affiorare i modelli ricorrenti o le ferite emotive non risolte.

Ad esempio, un trauma infantile non rielaborato continua a lavorare da dietro le quinte e il paziente potrebbe ripetere inconsciamente meccanismi disfunzionali o schemi di sofferenza senza sapere nemmeno il perché. Attraverso tecniche come il dialogo con le diverse parti di sé o il “lavoro della sedia vuota”, il terapeuta aiuta il paziente a riesperire e rielaborare l’emozione associata all’evento passato, per poterla integrare e così liberarsene.

Il principio della continuità di direzione

Il principio di continuità di direzione è una delle 7 leggi della Gestalt secondo cui gli elementi allineati lungo una linea o una curva sono percepiti come appartenenti ad un insieme coerente, seguendo un flusso continuo.

Sul piano psicologico, si enfatizza l’importanza di mantenere un flusso costante di consapevolezza e contatto con l’esperienza del momento.

In pratica, questo significa che il terapeuta e il paziente lavorano insieme per preservare un senso di continuità nel processo terapeutico, rimanendo presenti ed attenti al momento attuale.

Questo principio incoraggia il paziente a contattare ciò che emerge durante la seduta terapeutica, evitando di essere distratto dalle proprie sensazioni, emozioni e pensieri che inevitabilmente faranno capolino.

A sua volta, il terapeuta gestaltico sostiene questo principio fornendo un ambiente sicuro e accogliente in cui il paziente può esplorare liberamente il proprio mondo interiore, senza giudizio o pressione esterna.

Un obiettivo centrale nella terapia della Gestalt è aiutare il paziente a superare la sensazione di frammentazione o disconnessione all’interno di sé. Le persone, infatti, vivono spesso le proprie emozioni, pensieri e comportamenti come entità separate o addirittura contraddittorie.

Principio della continuità di direzione nella Gestalt: movimento lungo una strada nel bosco che crea una percezione di velocità e genera linee continue di movimento dei singoli elementi costitutivi
Legge della continuità di direzione nella Gestalt: movimento lungo una strada nel bosco che crea la percezione di velocità

Il principio di chiusura o completamento

Il principio di chiusura o completamento, detto anche legge della chiusura Gestalt, si riferisce alla necessità di dare una forma definitiva e un senso di conclusione ad un’esperienza o ad un ciclo di esperienze emerse durante la terapia, anziché lasciarle aperte o incomplete.

La mente umana, tra l’altro, detesta i loop lasciati aperti, che le fanno perdere un sacco di energia e la fanno ciclicamente tornare lì nel tentativo di ultimarli. In questo modo, cerca di percepire figure e oggetti come interi, anche quando parti di essi mancano.

In terapia, si ritiene che le esperienze, emozioni o eventi passati che non sono stati pienamente elaborati o conclusi possano creare blocchi emotivi o comportamentali. Questi possono manifestarsi sotto forma di ansia, stress, rabbia repressa o confusione.

Ad esempio, un conflitto non risolto con una persona cara può essere una cosiddetta “gestalt aperta”. Lavorando con il terapeuta, il paziente è in grado di completare simbolicamente quell’esperienza, chiudendo così il cerchio e liberandosi da quel peso emotivo.

Se un movimento emotivo viene represso o evitato, rimane infatti “incompleto” e continua ad influenzare inconsciamente il comportamento.

Non si può evitare all’infinito il contatto con una parte di sé, che riemergerà sotto altre forme, sintomi, distorsioni o psicosi.

La chiusura o completamento di un’esperienza è fondamentale per il processo terapeutico anche perché consente al paziente di integrare ed assimilare ciò che è stato appreso durante la sessione.

La legge figura sfondo nella Gestalt

Il settimo principio fondante, elaborato direttamente da Kohler, Koffka e Wertheimer negli anni ’30 del secolo scorso, riguarda la legge figura sfondo Gestalt e come questa si relaziona ai fenomeni percettivi e cognitivi della persona.

I tre psicologi della Gestalt hanno evidenziato che, nel momento in cui il soggetto fa esperienza visiva dell’ambiente circostante, tende sempre a scegliere un centro di interesse che risalta al di sopra di uno sfondo molto più attenuato e sbiadito.

L’elemento che viene posto al centro dell’esperienza visiva viene chiamato figura, mentre il resto fa parte dello sfondo.

Un esempio analogo avviene durante la contemplazione di un dipinto, soprattutto per quanto riguarda le nature morte. L’attenzione dell’osservatore va a focalizzarsi, ad esempio, su un vaso di color vinaccia, che in qualche modo viene come “estratto” dal resto e percepito in maniera molto vivida e nitida, mentre tutti gli altri elementi del quadro, come alcuni frutti, i fiori rossi, una tovaglia e la cacciagione quasi sempre presente va a far parte dello sfondo sfocato, perdendo così di rilevanza.

Nella terapia della Gestalt, la legge figura-sfondo può essere applicata a livello psicologico per aiutare i pazienti a riconoscere ciò che si trova al centro della loro attenzione (figura) e cosa, invece, rimane sullo sfondo.

In molti casi, ciò che è relegato a sfondo potrebbe invece essere fonte di disagio o di conflitto interiore, ma non riceve attenzione consapevole.

Per esempio, una persona può essere fortemente concentrata su una relazione di coppia (la figura), ignorando però i propri bisogni emotivi e personali (che rimangono sullo sfondo). Il terapeuta della Gestalt ha l’obiettivo di portare queste dinamiche alla luce, facendo emergere ciò che è stato trascurato e integrandolo nell’esperienza consapevole del paziente.

Le leggi della Gestalt: come l’attenzione selettiva si erge ad arbitro della nostra percezione

Prima di concludere, è interessante approfondire il collegamento tra le 7 leggi della Gestalt e il concetto di attenzione selettiva e filtri cognitivi che ho trattato in un articolo dedicato. Siamo di fronte alla descrizione di dinamiche che giocano un ruolo cruciale nella modalità con cui percepiamo e interpretiamo il mondo che ci circonda.

Più della realtà oggettiva di per sé, rimane fondamentale la nostra modalità di rappresentazione di questa realtà, che invece è un tratto soggettivo.

Riepilogando brevemente, i principi della Gestalt hanno dimostrato come il cervello umano tenda ad organizzare automaticamente le informazioni visive in schemi o configurazioni strutturate. Piuttosto che percepire una scena come un insieme di dettagli frammentati, il cervello “preferisce” creare unità coerenti. Le leggi della prossimità, della somiglianza, della chiusura e del destino comune, ad esempio, illustrano come il cervello raggruppi in automatico gli elementi e li percepisca come parti di un tutto.

L’attenzione selettiva, d’altro canto, è il meccanismo cognitivo che ci permette di concentrarci solo sulle informazioni rilevanti, ignorando allo stesso tempo tutte quelle marginali.

Non possiamo processare ogni stimolo che impatta con i nostri sensi, quindi il cervello filtra automaticamente ciò che è essenziale per noi in un dato momento.

Questo processo è profondamente influenzato dalle leggi della Gestalt, perché il modo in cui gli stimoli visivi vengono organizzati (in base soprattutto a somiglianza, prossimità, continuità e figura-sfondo) guida la nostra attenzione. Ad esempio, se percepiamo un insieme di oggetti come un gruppo coerente (legge della somiglianza), siamo in automatico più propensi a concentrarci su di essi e a trascurare gli altri elementi della scena.

Il terzo elemento da considerare è il filtro cognitivo, ovvero ciò che consente al nostro cervello di ridurre la quantità di informazioni percepite e di concentrarsi su ciò che è rilevante o significativo per noi, sulla base delle esperienze, delle aspettative e dei bisogni del momento.

Le leggi della Gestalt svolgono un ruolo chiave in questo processo proprio perché ci aiutano a prevedere quali informazioni il nostro cervello percepirà come salienti o significative. Ad esempio, secondo la legge della figura-sfondo, tendiamo a concentrarci su una silhouette chiara che danza in primo piano (figura) rispetto ad uno sfondo sfocato e meno definito, filtrando così inconsciamente il resto della scena.

I principi della Gestalt sono quindi una bussola preziosa per comprendere più a fondo la dinamica di funzionamento dell’attenzione selettiva e dei filtri cognitivi che lavorano incessantemente per alleggerire il carico del nostro cervello, consentendoci così le risposte più focalizzate e adattate ad ogni singolo contesto in cui ci veniamo a trovare nella nostra esistenza.


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Foto professionale della Dott.ssa Elisa Scala, medico psicoterapeuta a Novara
Ricevo a Novara e online

Medico psicoterapeuta

Sono iscritta all’Albo Professionale dei Medici dall’anno 2008 ed esercito la professione di Psicoterapeuta sia per mezzo di sedute online (via Zoom o Skype) che in presenza nel mio Studio privato vicino al centro storico di Novara.

Perché rivolgersi ad un medico psicoterapeuta?

Grazie alla sua duplice formazione medica e psicoterapeutica, un medico psicoterapeuta è in grado di valutare il paziente non solo dal punto di vista meramente psicologico, ma anche di considerare eventuali fattori biologici, medici e farmacologici che possono influenzare il disturbo, conflitto interiore o disagio portato dal paziente.

Questo permette una presa in carico olistica, in cui si possono trattare problematiche emotive, psichiche e fisiche in modo sinergico, personalizzando il percorso terapeutico per ottenere risultati più efficaci e duraturi.

I vantaggi tangibili per il paziente consistono in tempi mediamente più brevi rispetto alla psicoterapia tradizionale e senza limitarsi a quella che potrei definire come “terapia dell’ascolto”.

Dott.ssa Elisa Scala, medico psicoterapeuta a Novara