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La fame nervosa (in inglese emotional eating o stress eating), detta anche fame emotiva o fame compulsiva, è probabilmente uno dei disturbi più diffusi legato al cibo, dove la ricerca spasmodica di alimenti è legata in prevalenza a dinamiche emozionali per garantirsi una sorta di consolazione.

Siamo di fronte ad un comportamento ripetuto, compulsivo, spesso incoercibile messo in campo per coprire la percezione di un disagio che altrimenti emergerebbe e verrebbe così percepito dalla coscienza.

Il problema principale è che il sollievo rimane solamente momentaneo e il malessere interiore tornerà presto a bussare alla porta della consapevolezza, essendo stato messo da parte per poco tempo. Non solo, il meccanismo stesso della fame compulsiva (“non riesco a smettere di mangiare anche se non ho una reale fame”) diventa ben presto una prigione che tiene la persona sotto scacco.

Nell’articolo farò prima un approfondimento sul ruolo del cibo come attivatore e veicolo emozionale, proprio alla luce del rapporto che abbiamo con questo fin dalla prima infanzia. Passerò poi ad illustrare le cause ed i sintomi della fame nervosa, entrando anche nel merito delle sue radici psicologiche profonde.

Verso la fine spiegherò il ruolo della psicoterapia olistica nella cura di questo disturbo, e nel dettaglio cosa è possibile fare per sciogliere il rapporto di dipendenza dal cibo utilizzato come una forma di conforto emotivo.

La connessione intima tra il cibo e la dimensione emotiva

L’atto di nutrirsi si spinge ben oltre la mera soddisfazione di un bisogno fisiologico.

Fin dai momenti iniziali della vita, si trasforma infatti in una prima e significativa forma di comunicazione intimamente legata alla sfera emotiva: il cibo è un atto d’amore, una manifestazione di affetto che si trasmette come un messaggio tangibile attraverso il nutrirsi.

Per il bambino ricevere cibo equivale a tutti gli effetti a ricevere amore dalla mamma. Il nutrimento è quindi una vera metafora di attenzione e cura, diventando simbolo e oggetto di uno scambio affettivo profondo.

“La relazione con il cibo va oltre la mera nutrizione; essa riflette il nostro modo di connetterci con le nostre emozioni più profonde. Il comportamento alimentare diventa un linguaggio del corpo, una forma di comunicazione non verbale delle nostre esperienze emotive e dei nostri bisogni più intimi.”

Alexander Lowen

Questa prospettiva spiega il motivo per cui il comportamento alimentare può diventare il palcoscenico in cui le dinamiche relazionali e affettive possono entrare in forte conflitto, andando letteralmente in corto circuito. La fame emotiva, in questo contesto, rappresenta la manifestazione di un disagio psichico che ha trovato nella corporeità la via per esprimersi, come spesso accade anche con altre tipologie di disturbi.

Il collegamento molto intimo tra cibo e dimensione emotiva sta alla base anche dei principali disturbi del comportamento alimentare.

Come capire se si tratta di fame nervosa?

La fame nervosa, o emotiva, è una condizione che affligge molte persone, spesso legata a dinamiche psicologiche complesse.

La fame compulsiva (“non sento appetito ma mangio comunque”) si differenzia dalla fame fisiologica proprio per il fatto di non essere guidata da una reale necessità biologica, ma piuttosto da stimoli puramente emotivi. In molte situazioni si manifesta improvvisamente e il desiderio di cibo è associato ad emozioni come stress, ansia o tristezza.

È comunque vero che quando abbiamo parecchia fame, anche se fisiologica, potremmo trovarci a mangiare molto velocemente e con avidità. In ogni caso, ci sono dei segnali chiari che consentono di distinguere la fame compulsiva da stress dalle situazioni in cui il nostro organismo ci richiede di essere nutrito.

Fame fisica e fame emotiva

Per capire se si tratta di fame nervosa è utile prestare attenzione a tutti i segnali emotivi che precedono l’impulso di mangiare. Si potrebbe avvertire un vuoto interno o una sensazione di malessere che sembra alleviarsi temporaneamente con il cibo.

La fame emotiva scaturisce, infatti, da una forma di frenesia mentale, mancando in contemporanea tutti quei segnali di fame fisiologica come i borbottii allo stomaco.

Manifestare il desiderio di cibi specifici, spesso ricchi di conforto emotivo immediato, può anche essere un indicatore molto utile.

Oltre a questo, la fame nervosa può esprimersi come un impulso incoercibile ed irrefrenabile che esplode all’improvviso ed è accompagnato da una sensazione di perdita di controllo durante l’atto del consumo degli alimenti. La persona ricerca immediatamente cibi in grado di alleviare il disagio, indipendentemente da quanto tempo sia trascorso dall’ultimo pasto.

Un’altra distinzione importante è data dal fatto che la fame compulsiva spinge il soggetto a mangiare ben oltre la sua reale necessità e, quindi, la soglia di sazietà.

In genere, dopo un’abbuffata di cibo guidata dalla fame nervosa la persona viene assalita dal disgusto di sé, senso di colpa e vergogna.

La consapevolezza di questi segnali è il primo passo verso la comprensione della fame nervosa e apre la strada a strategie efficaci per gestire la componente emotiva sottostante smettendo di ricorrere al cibo come forma di compensazione.

Fame nervosa pre ciclo

La fame nervosa che si manifesta prima del ciclo mestruale, comunemente nota come fame nervosa pre-ciclo, rappresenta una sfida emotiva che molte donne affrontano mensilmente. Questo fenomeno è in buona parte associato ai cambiamenti ormonali che avvengono fisiologicamente durante la fase premestruale.

L’aumento del progesterone, in particolare, può influenzare significativamente l’umore e il comportamento alimentare. Non solo, durante questa fase si può notare anche una forte diminuzione del metabolismo della serotonina, un neurotrasmettitore implicato direttamente nell’innalzamento del tono dell’umore.

Quest’ultimo viene sintetizzato nel Sistema Nervoso Centrale (SNC) partendo dall’aminoacido semplice triptofano, che dopo trasformazione enzimatica può attraversare facilmente la barriera ematoencefalica. In questo l’aumentata disponibilità di zuccheri semplici, incrementando i livelli ematici di insulina, favorisce un maggior immagazzinamento del triptofano all’interno delle cellule dove può essere sintetizzata la serotonina.

Ecco la ragione per cui durante questa fase molte donne possono provare un irrefrenabile aumento del desiderio di cibi ricchi di carboidrati e dolci, spinte anche dalla ricerca di una gratificazione emotiva immediata.

La sensazione di fame nervosa pre ciclo può essere intensificata da sintomi fisici come gonfiore, crampi e tensione, alimentando un’articolata interconnessione tra cambiamenti ormonali, emozioni e comportamento alimentare.

Fame ansiosa

La fame ansiosa scaturisce da una complessa connessione tra la sfera delle emozioni e il comportamento alimentare. Questo fenomeno, in genere correlato all’ansia, si traduce in un desiderio irrefrenabile di cibo come risposta ad uno stato emotivo stressante. La fame ansiosa può presentarsi improvvisamente, accompagnata da una sensazione di agitazione o preoccupazione.

Le persone che sperimentano questa forma di fame possono cercare nel cibo un modo immediato di alleviare l’ansia, dando vita a un ciclo ricorrente.

Il processo sottostante alla fame ansiosa può essere articolato e multifattoriale, coinvolgendo una varietà di fattori, tra cui livelli elevati di stress cronico e le stesse risposte individuali all’ansia.

A cosa è dovuta la fame nervosa? Le cause psicologiche principali

Le radici della fame nervosa affondano spesso nelle complesse dinamiche che guidano il nostro comportamento alimentare da dietro le quinte.

Tra le cause psicologiche principali che si nascondono dietro alla fame emotiva troviamo spesso traumi psicologici del passato, stress cronico e difficoltà emotive non risolte.

Le emozioni non elaborate possono emergere attraverso il cibo, creando un legame profondo tra l’aspetto psicologico e il comportamento alimentare. La fame nervosa può anche rappresentare una forma di autoregolazione emotiva, in cui l’atto di mangiare diventa un modo per gestire momenti di tensione o sentimenti di vuoto.

In molti casi, il desiderio di conforto e la ricerca di sollievo emotivo si manifestano attraverso la selezione di cibi che hanno un significato affettivo o che evocano ricordi positivi. Questa connessione tra il cibo e l’affetto può diventare un modo inconsapevole di cercare consolazione nelle difficoltà quotidiane.

Come per le dipendenze, il cibo diventa un surrogato impiegato dal sistema psichico nel tentativo di colmare un vuoto interiore o di mettere a tacere un disagio emotivo.

La dinamica è sempre la medesima: vi è un problema che non viene riconosciuto direttamente e che trova la sua via di emersione a livello corporeo attraverso sintomi specifici. Si innesca così un tentativo di cura attraverso dei surrogati che non possono sanare la causa primaria, ma solamente attenuare temporaneamente la percezione stessa del disagio.

Molti comportamenti umani, in fondo, sono pilotati da queste motivazioni e servono proprio per velare un malessere interiore di varia natura.

Fame nervosa, la psicologia dietro al bisogno compulsivo di mangiare

Nel suo libro pionieristico Il linguaggio del corpo, lo psichiatra e psicoterapeuta Alexander Lowen sottolinea la complessa sfida che i bambini si trovano di fronte quando devono scegliere tra l’accogliere il loro vero sentire e la necessità di compiacere l’ambiente familiare da cui dipende la loro sopravvivenza.

L’impegno a comportarsi bene, spesso a scapito dell’espressione emotiva autentica, può costringere il bambino a sostituire i propri sentimenti con quelli desiderati dagli altri. Questo processo interno progressivamente induce il bambino a rifiutare sempre più le sue emozioni e sensazioni autentiche, lasciando un imprinting che permarrà anche durante la vita adulta.

L’impossibilità di un’espressione autentica e senza filtri del proprio sentire crea distorsioni, sovrapposizioni, rimozioni e negazioni che potranno causare enormi difficoltà anche più avanti negli anni, ad esempio nel fenomeno dell’alessitimia (l’incapacità di dare il giusto nome alle proprie emozioni e di esprimerle verbalmente).

Nel contesto dei disturbi del comportamento alimentare e della fame emotiva, si può verificare una dinamica in cui il soggetto, incapace di comunicare apertamente il proprio dolore, finisce per negarlo, ingerendolo ripetutamente in una sorta di coazione a ripetere.

In questo scenario, il cibo assume la funzione di un mezzo per gestire e contenere l’angoscia interna, creando un ciclo complesso di controllo e mitigazione delle emozioni non espresse.

I sintomi della fame nervosa

Uno dei segnali distintivi è l’emergere improvviso e incontrollato del desiderio di mangiare, spesso in maniera del tutto slegata dalla reale fame fisica. Il soggetto sperimenta una sorta di agitazione spasmodica, con una sensazione definita craving ed un bisogno incoercibile di assumere cibo a tutti i costi, a volte ingerendo anche alimenti non idonei al consumo umano o non commestibili (cibi ancora congelati, alimenti per animali o perfino rifiuti).

Durante gli attacchi di fame nervosa, si può inoltre sperimentare una sensazione di perdita di controllo sul proprio comportamento alimentare (comune anche ai disturbi alimentari più conosciuti), con la difficoltà o impossibilità totale di fermarsi anche quando il senso di sazietà è stato ampiamente superato.

Durante l’atto si può sperimentare un temporaneo annebbiamento della coscienza, come se il soggetto entrasse in trance e vivesse una specie di alienazione rispetto a quello che sta compiendo.

Vi è anche l’impossibilità di fermarsi, tale per cui ogni interruzione esterna (telefonata in ingresso, citofono che suona) viene ignorata e vissuta con un certo grado di fastidio.

Altri sintomi possono includere la scelta di cibi specifici legati al sollievo emotivo immediato o addirittura all’euforia, come dolci o alimenti ricchi di carboidrati che favoriscono il rilascio a livello cerebrale della serotonina, l’ormone del piacere e del buonumore. Vi è da dire che queste sensazioni sono solo iniziali e ben presto subentrano il ribrezzo di sé stessi, attacchi di rabbia ed il senso di colpa per aver perso il controllo.

Le persone che presentano attacchi di fame compulsiva in genere si isolano dagli altri e si sfogano sul cibo in completa solitudine, ritagliandosi degli spazi in cui non sono viste da nessuno.

La fame nervosa può anche manifestarsi come una risposta a situazioni contingenti particolarmente stressanti o emozionalmente difficili da gestire.

Il meccanismo della fame compulsiva diventa una prigione

Il surrogato di ciò di cui la persona ha realmente bisogno non può mai rappresentare una vera cura, ma solo un sollievo effimero, una breve tregua, innescando tra l’altro un circolo vizioso aggravato dalle conseguenze secondarie delle abbuffate compulsive.

Il dolore emotivo viene sostituito dal piacere, seppur in maniera fugace e illusoria.

Il soggetto, lontano dalla possibilità reale di ri-conoscere il proprio disagio interno, rimane intrappolato in comportamenti disfunzionali che hanno, alla lunga, conseguenze anche sul piano della salute psicofisica.

La dinamica compensatoria, infatti, finisce con l’allontanare la consapevolezza e la possibilità di rielaborare i propri vissuti, inspessendo il velo dietro cui si nasconde il dolore. Più la persona cede agli attacchi di fame compulsiva, più si allontana dalla prima fase di un vero lavoro psicologico, cioè la presa di coscienza del malessere.

La dipendenza si trasforma rapidamente in una prigione che aggiunge disagio secondario a quello primario e inconscio che già alberga nella persona.

Fame nervosa, un test per indagare il comportamento alimentare

Per comprendere e inquadrare il comportamento alimentare legato alla fame nervosa, è possibile utilizzare un test che aiuta ad individuare segnali e schemi ricorrenti.

Un aspetto chiave del test riguarda la consapevolezza delle emozioni che precedono l’impulso di mangiare.

Chiedersi se il desiderio di cibo si manifesta in risposta ad uno specifico stato emotivo, come stress, tristezza o ansia, può fornire alcune indicazioni preliminari.

Ti riporto di seguito un esempio di test non ufficiale basato su 12 domande per avere un’indicazione preliminare su eventuali comportamenti riconducibili alla fame nervosa ed emotiva.

Il test proposto non intende sostituire in alcun modo il parere qualificato di un medico o di uno psicoterapeuta.

Rispondi a ciascuna domanda assegnando un punteggio da 1 a 4, dove:

  • 1: Mai/Assolutamente poco probabile
  • 2: Occasionalmente/Poco probabile
  • 3: Spesso/Probabile
  • 4: Sempre/Altamente probabile
  1. In quante occasioni avverti un desiderio improvviso e incontrollato di mangiare, anche quando non hai una fame fisiologica?
  2. Quanto frequentemente consumi cibi specifici, come dolci o alimenti ricchi di carboidrati, durante episodi di stress o tristezza?
  3. Sperimenti sensazioni di colpa o vergogna dopo aver ceduto ad un attacco di fame compulsiva?
  4. Hai la sensazione di perdere il controllo sul tuo comportamento alimentare durante gli episodi di fame nervosa?
  5. Quante volte associ il cibo ad un senso di conforto o sollievo emotivo?
  6. Hai appena terminato un pasto abbondante e passi davanti ad una pasticceria. Quanto è probabile che entri per comprarti qualche dolce da consumare nell’immediato?
  7. Nel complesso ritieni di seguire una dieta sbilanciata e poco sana?
  8. Hai la tendenza a mettere su peso facilmente?
  9. Hai notato una relazione tra situazioni stressanti e l’insorgenza di attacchi di fame nervosa?
  10. Quanto spesso ti trovi a sgranocchiare qualcosa, per il semplice gusto di farlo?
  11. Quanto frequentemente sperimenti una sensazione di vuoto emotivo prima di cedere alla fame nervosa?
  12. Se ti capita di consumare un intero pacchetto di biscotti in poco tempo, ti senti meglio dal punto di vista emotivo?

Punteggio totale. Somma il punteggio ottenuto per valutare la presenza e l’intensità di sintomi, dinamiche e comportamenti potenzialmente riconducibili alla fame nervosa. Un punteggio superiore a 30 potrebbe indicare la necessità di esplorare e gestire il legame tra emozioni e alimentazione attraverso un approccio adeguato di psicoterapia.

Come combattere la fame nervosa

Per imparare come smettere di sfogarsi sul cibo e come gestire la fame nervosa con efficacia, la ricerca di un supporto psicoterapeutico rimane una delle soluzioni principali.

Come per altre tipologie di disagio, è necessario esplorare quel complesso sottobosco emotivo, di ferite, di incomprensioni, di micro-traumi che si annidano nell’inconscio del paziente, avviando quindi il processo di guarigione di queste ferite emotive che spesso trovano le loro origini nell’infanzia.

Il contesto terapeutico offre all’individuo adulto uno spazio sicuro e protetto in cui esplorare e confrontarsi con queste angosce profonde. Attraverso il supporto psicologico, si può intraprendere un viaggio alla scoperta del bambino ferito nascosto dietro la maschera dei sintomi, permettendo gradualmente di dismettere le illusioni di controllo connesse alla fame emotiva.

Come bloccare la fame nervosa

L’obiettivo di bloccare la fame nervosa, o quantomeno di attenuare progressivamente l’impatto degli attacchi che la caratterizzano, richiede un approccio consapevole e mirato che coinvolge diversi aspetti della vita quotidiana.

Bisogna sempre ricordare che in realtà non ci troviamo solo a confrontarci con il sintomo di per sé (in questo caso un comportamento), ma con tutto quel complesso groviglio emotivo, di memorie e condizionamenti registrati nelle nostre cellule.

Uno degli elementi chiave è quindi sviluppare la consapevolezza emotiva. Riconoscere i segnali delle emozioni che scatenano la fame nervosa è il primo passo per bloccarla.

La pratica della mindfulness può essere uno strumento potente in questo contesto, aiutando a focalizzare l’attenzione sul momento presente e a gestire la sfera emotiva in modo più equilibrato.

Quali rimedi per la fame nervosa?

Uno psicoterapeuta altamente qualificato, meglio se con un approccio olistico, può guidare il paziente nell’identificazione di strategie personalizzate per imparare come controllare la fame nervosa e individuare soluzioni efficaci.

Durante le prime sedute del percorso, lo psicoterapeuta sarà in grado di introdurre e guidare il paziente attraverso:

  • l’uso del diario delle emozioni, un potente strumento in cui annotare e riconoscere le dinamiche emozionali che si riflettono nel comportamento alimentare. L’atto di mettere nero su bianco un contenuto psichico ci consente di vederlo meglio, riducendo anche il grado di identificazione con quest’ultimo e, quindi, il suo potere su di noi;
  • esercizi di mindfulness mirati a gestire l’ansia, promuovere un maggiore benessere psicologico e radicarsi nel momento presente;
  • la pratica della cosiddetta mindful eating, o alimentazione consapevole, un approccio che va oltre il semplice atto di mangiare, coinvolgendo una consapevolezza profonda di tutto il processo alimentare.

L’obiettivo principale del mindful eating è quello di sviluppare una relazione più salutare con il cibo, focalizzandosi sull’esperienza sensoriale e sulle percezioni fisiche durante il pasto, con lo scopo di andare oltre la semplice conta delle calorie e le diete principalmente basate su restrizioni o privazioni.

Questa pratica suggerisce di rallentare il ritmo durante il pasto, prendendosi il tempo di masticare lentamente e godere appieno del cibo, oltre ad eliminare tutte le distrazioni, come la televisione o il telefono.

La terapia psicologica, in particolare la Psicoterapia Medica Olistica, può essere un rimedio fondamentale. Attraverso l’esplorazione delle radici psicologiche nascoste della fame nervosa, la terapia offre strumenti pratici e soluzioni personalizzate per affrontare il problema in profondità e imparare come smettere di sfogarsi sul cibo.

Nei casi in cui sia necessario dal punto di vista clinico e sempre sotto attento monitoraggio medico, la gestione della fame nervosa può integrare anche l’uso di rimedi farmacologici.

Fame nervosa rimedi naturali

Abbiamo appena visto alcuni rimedi per la fame nervosa che possono essere applicati senza eccessive difficoltà.

Per chi cerca anche soluzioni naturali per gestire la fame nervosa, diversi rimedi possono essere integrati nel percorso di gestione emotiva e alimentare.

La già citata mindfulness, una pratica che enfatizza la capacità di dimorare nel momento presente, può essere considerata un rimedio naturale efficace. Questo approccio aiuta a riconoscere ed accettare le emozioni senza giudizio, contribuendo a ridurre la necessità di rispondere in maniera compensatoria con la fame emotiva.

L’introduzione di erbe rilassanti nella dieta quotidiana può essere un altro rimedio naturale utile. Tisane a base di camomilla, valeriana o lavanda possono avere proprietà calmanti e contribuire a gestire lo stress, riducendo così quel carburante emotivo e psicologico che può portare agli attacchi di fame nervosa.

Alcuni oli essenziali possono poi essere impiegati come rimedi naturali, in particolare l’olio essenziale di menta piperita, noto per essere un tonico mentale e per possedere un effetto rigenerante sulla psiche, oltre alle sue capacità rinfrescanti, tonificanti e rilassanti. Altri oli essenziali utili, che andrebbero sempre assunti per inalazione e mai per via orale se non sotto una stretta supervisione medica, sono quelli di pompelmo, mandarino, timo, limone, pino, osmanto e patchouli.

Questi oli essenziali esercitano un’azione regolatoria sull’appetito, riducendo la fame emotiva grazie alla stimolazione della secrezione di leptina, un ormone sintetizzato dal tessuto adiposo. Una volta immessa in circolo, va a ridurre il senso di fame e ad aumentare il metabolismo basale grazie all’attivazione di recettori neuronali a livello dell’ipotalamo.

L’inclusione di alimenti naturalmente ricchi di omega-3, come il pesce azzurro (tra cui sgombri, aringhe, sardine e acciughe) e i semi di Chia (i semi commestibili della Salvia hispanica), può promuovere la stabilità emotiva e ridurre l’impulso verso la fame emotiva.

Come calmare la fame nervosa: qualche semplice spunto pratico

Una strategia efficace per controllare la fame nervosa è la pianificazione di pasti regolari e bilanciati, cercando anche di pranzare e cenare quanto più possibile alla stessa ora.

Evitare lunghi periodi di digiuno contribuisce a mantenere più stabili i livelli di zucchero nel sangue, riducendo così la probabilità di impulsi alimentari incontrollati o attacchi di fame compulsiva durante i momenti di stress.

Anche la scelta di alimenti nutrienti, equilibrati e sazianti può contribuire a prevenire la fame nervosa. In questo senso è utile prediligere il cosiddetto real food rispetto ai cibi confezionati e ricchi di additivi chimici.

La pratica di un’attività fisica regolare può altresì svolgere un ruolo chiave nel mantenere l’equilibrio emotivo e ridurre l’ansia che poi potrebbe favorire l’innesco di un attacco.

Questi sono solo alcuni spunti pratici che puoi iniziare ad applicare in autonomia fin da subito per ridurre l’incidenza della fame emotiva nella tua vita quotidiana, anche prima dell’inizio di un percorso di psicoterapia e del lavoro psicologico associato.


Se vuoi più informazioni sulla Psicoterapia Medica Olistica oppure prenotare la prima seduta con me, puoi compilare il modulo di contatto che trovi all’inizio della Pagina Contatti.

Foto professionale della Dott.ssa Elisa Scala, medico psicoterapeuta a Novara
Ricevo a Novara e online

Medico psicoterapeuta

Sono iscritta all’Albo Professionale dei Medici dall’anno 2008 ed esercito la professione di Psicoterapeuta sia per mezzo di sedute online (via Zoom o Skype) che in presenza nel mio Studio privato vicino al centro storico di Novara.

Perché rivolgersi ad un medico psicoterapeuta?

Grazie alla sua duplice formazione medica e psicoterapeutica, un medico psicoterapeuta è in grado di valutare il paziente non solo dal punto di vista meramente psicologico, ma anche di considerare eventuali fattori biologici, medici e farmacologici che possono influenzare il disturbo, conflitto interiore o disagio portato dal paziente.

Questo permette una presa in carico olistica, in cui si possono trattare problematiche emotive, psichiche e fisiche in modo sinergico, personalizzando il percorso terapeutico per ottenere risultati più efficaci e duraturi.

I vantaggi tangibili per il paziente consistono in tempi mediamente più brevi rispetto alla psicoterapia tradizionale e senza limitarsi a quella che potrei definire come “terapia dell’ascolto”.

Dott.ssa Elisa Scala, medico psicoterapeuta a Novara