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Le fobie più comuni, o disturbi fobici, sono a tutti gli effetti disturbi d’ansia caratterizzati da paure intense, irrazionali specifiche innescate da precise situazioni, animali o anche oggetti che di per sé non rappresentano una reale fonte di pericolo per la persona.

La loro caratteristica primaria è quindi la completa disproporzione tra la reazione psicologica che si attiva nel soggetto e il livello reale di pericolo rappresentato dalla situazione esterna, quasi sempre nullo o molto basso.

Nell’articolo ti spiegherò le varie tipologie di fobie, spaziando dalle 10 fobie più comuni fino a quelle strane o rare, la fondamentale differenza tra paura e fobia, come riconoscere una fobia e quindi come potersene liberare grazie a semplici tecniche che puoi applicare fin da subito nella tua vita quotidiana.

Per una guarigione più profonda e a medio-lungo termine, è molto utile intraprendere un percorso di psicoterapia per lavorare sulle loro radici più nascoste e meno scontate.

Le fobie: significato e tipologie principali

Il significato della parola fobia deriva dal greco φόβος, phóbos, “panico, paura”.

La fobia (o disturbo fobico) è una paura marcata, irrazionale e spesso persistente che si manifesta con caratteristiche peculiari, tra cui l’essere del tutto sproporzionata rispetto al reale pericolo dell’oggetto o della situazione e l’incapacità di essere controllata con spiegazioni razionali, dimostrazioni e ragionamenti.

Un’ovvia conseguenza della presenza di un disturbo fobico è l’emersione di un comportamento di evitamento sistematico della situazione-stimolo che spaventa.

In tutti i casi l’individuo che ne è affetto riconosce che la paura è irragionevole e non deriva dall’effettiva pericolosità dell’oggetto, situazione o animale temuto. Ciò nonostante, l’irrazionalità dell’angoscia prende il sopravvento e il controllo della dimensione emotiva del soggetto.

Le fobie sono spesso accompagnate da sintomi fisici e psicologici ben precisi, come sudorazione, palpitazioni, tremori e, nei casi più gravi, perfino attacchi di panico.

Differenza tra paura e fobia

Prima di procedere e vedere nel dettaglio le fobie più comuni, voglio affrontare un punto chiave.

Come si distingue una normale paura da una vera e propria fobia?

La principale differenza tra paura e fobia (o disturbo fobico) risiede soprattutto in questo: 

  • la paura è un’emozione primaria, innata e transitoria, con lo scopo primario di proteggere la persona da un pericolo reale e immediato, che tipicamente innesca il rilascio di adrenalina dalle ghiandole surrenali e la modalità reattiva di attacco o fuga utile alla sopravvivenza stessa;
  • una fobia è la reazione a uno stimolo incentrata su una percezione amplificata e distorta del pericolo, che tipicamente innesca reazioni psico-fisiche di varia intensità.

A differenza della paura, le fobie possono essere transitorie (soprattutto nei bambini), oppure più spesso assumere natura cronica.

Le 10 fobie più comuni, elenco

Vediamo adesso un elenco delle paure più diffuse e conosciute, tipicamente classificabili in diverse categorie e tipologie:

  • Agorafobia. Paura di trovarsi in luoghi aperti o affollati, da cui deriva una certa difficoltà a lasciare la propria abitazione o ad allontanarsi da un luogo considerato sicuro.
  • Fobia sociale. Paura di essere giudicati o valutati negativamente dagli altri, con conseguente difficoltà a parlare in pubblico o, più in generale, ad interagire con il prossimo. All’interno del perimetro della fobia sociale rientra la glossofobia, una paura intensa ed irrazionale che si scatena in situazioni sociali che richiedono l’espressione di sé o di una propria opinione davanti ad un gruppo numeroso di persone.
  • Fobia specifica. Paura di un oggetto o di una situazione ben precisa e circoscritta, come alcuni animali (i ragni nell’aracnofobia, i cani nella cinofobia, i serpenti nell’ofidiofobia, gli insetti nell’entomofobia o gli uccelli nell’ornitofobia), i dentisti, gli aghi e le iniezioni (tripanofobia), le altezze (acrofobia), il buio (scotofobia), gli ascensori (che associa due fobie distinte, l’acrofobia e la claustrofobia), gli aerei (aerofobia) o perfino i temporali (astrafobia o brontofobia).
  • Claustrofobia. Paura degli spazi chiusi o stretti, come ascensori, cantine, gallerie, autorimesse, aerei o cabine di treni.
  • Fobia da prestazione. Condizione legata alla paura di non riuscire a svolgere al meglio una determinata attività, come ad esempio un esame o un colloquio di lavoro.
  • Atelofobia, o paura di non essere mai abbastanza. La persona che ne soffre si sente perennemente inadeguata rispetto a quanto richiesto dalle circostanze o dai compiti che le sono stati affidati.
  • Ematofobia (detta anche emofobia). Paura ossessiva del sangue o di svenire alla vista di quest’ultimo. Da non confondere con l’emetofobia, ovvero la paura del vomito.
  • Fobia dell’abbandono (detta anche sindrome dell’abbandono). Paura di essere lasciati o abbandonati dalle persone a cui si è legati.
  • Fobia dei rumori forti. Paura dei rumori improvvisi e forti, come ad esempio un tuono o gli spari.
  • Fobia di tipo somatico. Paura di sviluppare determinate malattie o disturbi, in cui rientrano sia l’ipocondria (fobia diffusa di avere qualsiasi tipo di malattia) che la nosofobia (in cui la paura è totalmente incentrata su una specifica malattia).

Ti ho appena riportato un elenco con le 10 fobie più comuni, ma ne esistono molte altre anche relativamente poco note o strane. Andiamo adesso ad approfondire alcuni aspetti e implicazioni di alcune di queste fobie, mentre alla paura di non essere mai abbastanza ho dedicato un articolo completo.

Scotofobia, significato

Nell’elenco delle fobie più comuni troviamo la scotofobia, ovvero la paura del buio, senz’altro molto conosciuta e diffusa.

La scotofobia è un termine che deriva dal greco “skotos”, che significa “buio,” e phóbos, ovvero “paura”.

Questa parola si riferisce ad una paura irrazionale e intensa del buio o di situazioni in cui la luce è scarsa. La scotofobia può provocare ansia e disagio significativi nelle persone che ne soffrono, portandole ad evitare ambienti o situazioni buie, ad avere un forte disagio a dormire in casa da soli o, più in generale, a percepire un senso di destabilizzazione quando si sta avvicinando il crepuscolo.

La scotofobia è in genere più comune nei bambini rispetto agli adulti. Questa paura è infatti una delle fobie infantili più diffuse ed è considerata una parte normale dello sviluppo.

È importante riconoscere che, sebbene molte persone possano provare una certa inquietudine nei confronti del buio, la scotofobia rappresenta una forma più estrema e debilitante di questa paura.

Claustrofobia

La claustrofobia è la paura degli spazi chiusi e stretti, in cui la persona ha la percezione di avere scarso spazio a disposizione per muovere il proprio corpo e per respirare. Si tratta, quindi, di una fobia situazionale.

L’etimologia del termine “claustrofobia” deriva dalla parola latina “claustrum”, che significa “luogo chiuso”, e dal greco “phóbos”, ovvero “paura” o “fobia”.

La claustrofobia è un disturbo caratterizzato dalla paura di sentirsi intrappolati e privati della libertà di movimento nello spazio circostante.

Si manifesta tipicamente negli ascensori, dove però si associa all’acrofobia, nelle gallerie soprattutto se buie, nelle cantine, nelle autorimesse o all’interno di mezzi pubblici di trasporto quali treni, autobus, taxi o impianti sciistici di risalita.

Il principale elemento caratteristico è la paura di soffocare, unitamente alla sensazione di sentirsi intrappolati ed in pericolo. L’impossibilità di muoversi non fa altro che elicitare la preoccupazione per quello che potrebbe capitare in questi spazi chiusi.

La claustrofobia è una condizione parecchio invalidante per la vita di tutti i giorni. In ogni caso, dal momento che ha carattere situazionale chi ne è affetto riesce solitamente a gestirla con discreta efficacia evitando quelle situazioni o luoghi che suscitano sensazioni di chiuso e di poco spazio vitale a disposizione.

Agorafobia

Tra le fobie più comuni annoveriamo senza dubbio l’agorafobia che, come la glossofobia che vedremo fra poco, è una forma di fobia sociale. Il termine deriva dalla parola greca “agorà”, ovvero “piazza”, a rappresentare quindi uno spazio aperto ed affollato.

Può essere quindi espressa come la paura degli spazi aperti, risultando per certi versi l’opposto della claustrofobia.

Se vogliamo scendere ad un livello più profondo di analisi e di comprensione, vediamo che i pazienti che presentano i sintomi di agorafobia temono quei luoghi e posti da cui è difficile fuggire in caso di pericolo oppure ricevere soccorso.

L’agorafobia presenta una netta componente di ansia anticipatoria e di dinamica di evitamento di tali luoghi con lo scopo di modulare l’angoscia connessa alla prospettiva di poter avere una nuova crisi di panico.

L’attacco di panico iniziale in genere è del tutto improvviso ed inaspettato, privo di segnali anticipatori. Da questo nasce poi tutto il quadro fobico che va a rendere impossibile per la persona continuare a frequentare luoghi pieni di gente, concerti, eventi pubblici in generale o altri posti che potrebbero innescare un nuovo attacco.

Se questa fobia non è gestita adeguatamente, i soggetti con una certa gravità dei sintomi agorafobici rischiano di ritirarsi quasi totalmente dalla vita sociale.

Paura patologica degli animali

La paura degli animali, detta anche zoofobia, presenta diverse declinazioni in funzione della specifica categoria di animali che la innesca. Potrebbe, in realtà, anche manifestarsi nei confronti proprio degli animali in generale.

Si parla a tutti gli effetti di zoofobia solo in relazione ad animali non pericolosi per la nostra incolumità, dovendo quindi necessariamente escludersi i serpenti velenosi, i ragni potenzialmente mortali, gli scorpioni, gli squali, i leoni, le tigri, i coccodrilli e via dicendo.

Quasi il 4% delle persone presenta almeno una paura patologica degli animali.

Oltre alle 5 categorie di animali che ho citato sopra nell’elenco delle fobie più comuni, è da menzionare anche la paura dei topi (musofobia) e la paura dei gatti (ailurofobia).

Vi è da dire che di solito la fobia non si incentra sull’animale in sé, ma sulle conseguenze terrificanti che la persona crede che possano scaturire dal contatto con quest’ultimo. Per fare qualche esempio, la musofobia discende dal timore di essere morsi dal topo ed eventualmente infettati, la paura dei piccioni (un tipo di ornitofobia) proviene dal timore generico di essere attaccati dal loro modo di volare imprevedibile ed incontrollabile, mentre l’ailurofobia è alimentata dalla paura di essere graffiati con uno scatto improvviso del gatto.

La maggioranza delle fobie animali si instilla in noi già nella prima infanzia, in genere tra i 2 e i 4 anni di età, mentre solo una percentuale del tutto minoritaria trae origine da una vera esperienza traumatica come, ad esempio, l’aggressione da parte di uno sciame di api all’interno di una cabina telefonica abbandonata oppure il morso doloroso di un cane di grossa taglia.

Le persone affette da zoofobia possono andare incontro ad attacchi di panico intensi alla sola vista dell’oggetto della loro paura irrazionale. Dinamiche forti di disgusto e di repulsione, accompagnate dalla paura di essere aggrediti, sono comuni tra coloro che soffrono di questa fobia. Nei casi più gravi, anche l’esposizione a semplici immagini fotografiche o filmate degli animali o delle situazioni temute può scatenare una risposta ansiosa marcata.

Filofobia

La filofobia è una particolare paura in cui il soggetto ha paura delle sue stesse emozioni, con particolare riferimento al campo delle relazioni affettive.

Il termine deriva dal greco “filia”, ovvero “amore”, e phóbos, cioè “paura”.

È quindi la paura di amare, di aprire il proprio cuore e condividere i sentimenti con l’altra persona. Questa condizione genera spesso barriere insormontabili in un rapporto di coppia, che non fa altro che inaridirsi.

Chi soffre di filofobia teme l’innamoramento, evitando di entrare in relazioni affettive o temendo di non riuscire a mantenerle. Anche se molte persone possono occasionalmente provare piccole paure riguardo all’innamoramento, la filofobia porta ad un isolamento emotivo e ad una pervasiva sensazione di solitudine.

I soggetti filofobici non sono da confondere con gli anaffettivi, dal momento che a differenza di questi ultimi cercano attivamente la vicinanza affettiva, anche se poi non sono in grado di goderne emotivamente. Il profilo anaffettivo non teme invece l’affetto, ma è proprio incapace di provarlo.

La filofobia non è nemmeno da confondersi con l’alessitimia, una condizione in cui il soggetto non riesce ad esprimere le proprie emozioni a parole, letteralmente “non ha parole per le emozioni”, pur avendo la capacità di contattarle e di sentirle dentro di sé.

Glossofobia

La glossofobia, una delle forme più diffuse di fobia sociale, si manifesta come una paura irrazionale e incontrollabile di parlare in pubblico o di esprimere opinioni personali o idee di fronte ad un uditorio.

Mentre è normale provare un certo timore del giudizio in situazioni simili, la glossofobia si distingue per l’intensità con cui questa paura può letteralmente paralizzare il soggetto.

Chi ne soffre può bloccarsi completamente, diventando incapace di comunicare e compromettendo la propria interazione sociale, soprattutto in contesti di gruppo.

Per evitare l’ansia associata, le persone affette da glossofobia tendono a stare lontane dalle attività sociali o lavorative a contatto con il pubblico, limitando le interazioni con gli altri e restringendo un’area fondamentale della propria esistenza.

Tocofobia

La tocofobia è la paura eccessiva del parto, un’esperienza condivisa da un’elevata percentuale di donne. Sebbene una certa preoccupazione sia normale e adattiva, un livello eccessivo di paura, che può perfino portare la donna a voler evitare il momento del parto, rappresenta un disturbo psicologico significativo.

Ci sono casi in cui la specifica ansia per il parto, che assume anche i connotati del terrore della morte durante la nascita del feto, ha il sopravvento sull’intera gravidanza e raggiunge picchi così acuti da indurre l’evitamento del parto (dal greco tokos).

La tocofobia è una condizione che affligge una significativa percentuale delle future madri, stimata intorno al 20-25%. Un sondaggio condotto nel Regno Unito su 900 donne ha rivelato che addirittura il 35% di loro considerava la paura del parto come la principale fonte di ansia, superando ogni altra preoccupazione.

La tocofobia rappresenta un complesso disturbo psicologico spesso associato ad ansia e depressione, e la letteratura scientifica ne distingue due forme principali: la tocofobia primaria e la tocofobia secondaria.

La tocofobia primaria si caratterizza per un intenso terrore del parto già presente prima del concepimento, mentre la tocofobia secondaria si sviluppa in seguito ad una precedente esperienza di parto traumatico o particolarmente doloroso, come lunghi e difficili travagli o tagli cesarei d’emergenza in condizioni critiche.

Tripanofobia

Tra le fobie più comuni, esiste una paura diffusa legata alle iniezioni e agli aghi, conosciuta anche con il termine di belonefobia.

Questo disturbo si manifesta attraverso sintomi comuni, come il terrore al solo pensiero di vedere una siringa o l’evitamento di luoghi e situazioni in cui tali strumenti sono presenti, come gli ospedali o i laboratori di analisi.

Le persone affette da questa fobia possono sperimentare un forte stato di ansia ed un aumento della frequenza cardiaca quando devono affrontare un’iniezione o un prelievo di sangue. Può anche assumere dei connotati anticipatori, dove la prospettiva di un prelievo induce un senso logorante di angoscia già a partire dal giorno precedente.

In alcuni casi, questa paura estrema può portare le persone a rifiutare le cure mediche e a trascurare i propri problemi di salute.

Tanatofobia

Il termine “thanatos” in greco significa “morte”. La tanatofobia, quindi, rappresenta una morbosa paura della morte.

La tanatofobia non è da confondersi con la necrofobia, ovvero la paura dei cadaveri.

Dal punto di vista psicologico è del tutto normale provare un certo timore nei confronti della morte, intesa come idea della propria stessa mortalità.

In ogni caso, per chi soffre di tanatofobia questo pensiero diventa ossessivo, intrusivo e ricorrente. È come se l’evento della propria morte fosse sempre dietro l’angolo per cause sia interne (malori, infarti, ingestione accidentale di veleni) che esterne (incidenti fatali, eventi catastrofici, annegamento nelle profondità dell’acqua).

Al di sotto di questa complessa paura si nascondono diverse fobie specifiche:

  • la paura di morire ancora giovani, con l’interruzione forzata di tutti i nostri progetti e ambizioni;
  • la paura della sofferenza che la morte stessa potrebbe comportare;
  • la paura di morire e lasciare i propri cari, senza potersi godere gli affetti;
  • la paura dell’aldilà, quindi di quello che ci aspetta dopo la morte.

La paura esagerata della morte e anche di tutto ciò che può portare, seppur remotamente, a quest’ultima può ostacolare significativamente la capacità di svolgere le normali attività quotidiane.

In alcuni casi gravi, chi ne è affetto potrebbe arrivare addirittura ad evitare di recarsi al lavoro o a scuola per timore di incidenti potenzialmente fatali.

Le fobie strane o rare

Oltre alle fobie più comuni che abbiamo appena visto, ce ne sono alcune decisamente strane, e non tanto per la dinamica di per sé, ma per l’oggetto della fobia o per la modalità con cui si manifesta.

Le fobie strane sono quindi quelle paure irrazionali e bizzarre che possono sembrare del tutto assurde a chi non le vive sulla propria pelle. Possiamo citare, ad esempio, la paura dei numeri o di situazioni che coinvolgono numeri (detta anche numerofobia o arithmofobia), della polvere (amatofobia), della barba (pogonofobia), dei peluche e delle bambole (pediofobia) o del colore giallo (xantofobia). Non solo, vedremo a breve anche come si chiama la paura delle parole lunghe e da dove può scaturire questa particolare condizione.

Queste fobie, per quanto possano apparire come anomale e quindi relativamente innocue, sono altrettanto impattanti e significative per chi le sperimenta, esercitando in molti casi un effetto non trascurabile sulla vita quotidiana dell’individuo.

Come si chiama la fobia delle parole lunghe?

Tra le fobie rare, possiamo senza dubbio ricordare la fobia delle parole lunghe, anche detta hipopotomonstrosesquipedaliofobia o hippopotomonstrosesquipedaliofobia (con due p), che possono essere utilizzati come sinonimi. È possibile utilizzare anche una sua semplificazione, ovvero sesquipedalofobia (o sesquipedaliofobia).

In particolare, la parola hippopotomonstrosesquipedaliofobia ha una chiara etimologia greca e indica una percezione di spaventosa grandezza associata all’immagine di un enorme ippopotamo nel fiume.

Non ci sorprende, quindi, più di tanto vedere come la paura delle parole lunghe (che si declina anche come paura o blocco nel pronunciare parole lunghe) abbia assunto proprio questo nome, uno dei più complicati all’interno della lingua italiana ma al contempo anche decisamente chiaro nella sua derivazione etimologica.

Analogamente a tutte la altre fobie specifiche, anche l’hippopotomonstrosesquipedaliofobia può avere origine da un evento traumatico.

Per chi soffre di paura delle parole lunghe, l’innesco potrebbe derivare da una situazione imbarazzante in cui non è stato possibile pronunciare correttamente una parola complessa e composta da tante sillabe.

Questo tipo di esperienza spiacevole potrebbe successivamente portare a:

  • Una persistente e logorante paura del giudizio degli altri;
  • Un senso intenso di vergogna;
  • La paura di essere oggetto di derisione e rifiuto.

Pur trattandosi di una fobia piuttosto rara ed anomala, non è meno invalidante di altre per chi ne soffre.

Singenesofobia

La singenesofobia è la paura dei parenti e, in particolare, degli incontri familiari.

Un conto è la percezione dell’impegno anche sul piano emotivo che può comportare trovarsi in una riunione di zie, nonne e cugini durante le festività, mentre un altro è lo scenario in cui queste circostanze scatenano dei veri e propri attacchi di panico nella persona.

A questo proposito, vi è comunque da dire che all’interno delle famiglie sono presenti, in molti casi, dinamiche psicologiche complesse, confusione negli specifici ruoli, confluenza eccessiva e mancanza di rispetto dei propri confini personali. In presenza di vissuti irrisolti e se non vi è la predisposizione reciproca a vedere certi contenuti ed a lavorarci sopra, ci si può facilmente trovare nella condizione di rivivere all’infinito delle discordie, incomprensioni, accuse e giudizi.

In ogni caso, a meno che non ci siano ragioni realmente valide per temere i membri della propria famiglia (cosa che purtroppo accade in alcuni casi), si tratta di una paura irrazionale che sarebbe consigliabile affrontare con l’aiuto di uno specialista, al fine di ritornare a beneficiare della compagnia dei propri famigliari.

Amatofobia

L’amatofobia (dal greco “ámathos” cioè “polvere, sabbia”), è la fobia della polvere, una paura irrazionale specifica nei confronti dello sporco e, appunto, della polvere.

Le persone che ne soffrono possono provare ansia intensa o perfino panico quando sono esposte alla polvere o quando devono pulire ambienti polverosi.

Questa paura può influenzare negativamente la vita quotidiana, portando ad evitare attività come la pulizia domestica o la frequentazione di luoghi dove la polvere può essere presente.

Non sorprende, quindi, più di tanto che siano proprio i bibliotecari a soffrire di tale fobia, proprio per il fatto di essere circondati con costanza da libri vecchi e pieni di polvere.

La fobofobia, o paura della paura

Prima di concludere l’elenco delle fobie più comuni e anche di quelle strane che ho voluto trattare, è interessante menzionare la fobofobia, ovvero la fobia della paura, in cui la paura stessa diventa oggetto della fobia, in una sorta di concatenazione che si autoalimenta.

La paura della paura nella maggior parte dei casi compare in soggetti che presentano già altre problematiche relative ad ansia o attacchi di panico.

Qui la componente anticipatoria del disturbo, unitamente ai comportamenti di evitamento, è ancora più pronunciata rispetto alle fobie “dirette”. L’individuo che ne è affetto tende meticolosamente ad evitare tutti quei luoghi e posti in cui teme che possano insorgere ansia o paura.

La diagnosi di un disturbo fobico secondo il DSM-5

La diagnosi di un disturbo fobico vero e proprio si basa, a livello clinico, sui criteri della Quinta Edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5).

Come sintomo di base, i pazienti presentano:

  • Paura marcata e persistente (≥ 6 mesi) o ansia rispetto ad una situazione o ad un oggetto specifico

In aggiunta, il disturbo fobico è caratterizzato da tutte queste caratteristiche:

  • La situazione o l’oggetto quasi sempre innescano una paura immediata o uno stato d’ansia;
  • I pazienti manifestano comportamenti di evitamento rispetto alla situazione o all’oggetto;
  • Vi è disproporzione tra il pericolo reale (rapportato alle norme socio-culturali) e la paura o l’ansia innescate nel soggetto;
  • La paura, l’ansia e/o i comportamenti di elusione o di repulsione provocano un disagio significativo ed arrivano ad inficiare il funzionamento sociale o lavorativo della persona.

Come si sviluppano le fobie più comuni: le cause e i fattori di rischio

I disturbi fobici hanno origini complesse e multifattoriali, essendo riconducibili all’interazione di diversi elementi, tra cui la specifica esperienza di vita della persona, l’ereditarietà, il temperamento, il contesto sociale e culturale da cui si è circondati.

Analizzandoli da un’ottica psicologica, possono essere inquadrati come una forma di risposta emotiva e comportamentale disfunzionale ad un evento stressante o traumatico.

Alcune teorie psicologiche suggeriscono che le fobie possano derivare da modelli di apprendimento acquisiti durante l’infanzia attraverso l’osservazione diretta o l’imitazione. Ad esempio, se un bambino cresce in un ambiente in cui i genitori sono affetti da una forte paura degli animali, potrebbe a sua volta sviluppare la medesima fobia senza che vi siano cause scatenanti evidenti o esperienze traumatiche impattanti.

Secondo altre evidenze, le fobie potrebbero essere il risultato di una predisposizione biologica o ereditaria che rende il soggetto più sensibile allo sviluppo di queste dinamiche d’ansia.

Il significato delle fobie più comuni: qual è il ruolo di un trauma psicologico?

Le fobie sono una forma di disturbo d’ansia caratterizzato da una paura esagerata e persistente di un oggetto, di una situazione o di un’attività specifica. Sono considerate patologiche solo se la paura è marcatamente sproporzionata rispetto alla reale minaccia dell’oggetto o della situazione.

Le fobie sono il risultato di una combinazione di fattori biologici, psicologici e ambientali.

Alcuni studi hanno dimostrato che le fobie possono essere ereditarie e che le persone con un genitore o un fratello che soffre di una fobia sono a maggior rischio di sviluppare anch’esse una fobia.

I disturbi fobici possono anche essere causati da esperienze traumatiche, come ad esempio il morso di un cane quando si era bambini che può portare allo sviluppo della fobia dei cani. In presenza di un evento traumatico, il disturbo fobico si sviluppa quindi come un tipico meccanismo di difesa che la persona utilizza per evitare di rivivere l’esperienza traumatica e per proteggersi dal potenziale rischio di un’altra esperienza simile.

In ogni caso, deve essere ricordato che non tutte le persone che hanno vissuto eventi traumatici sviluppano poi un disturbo fobico, anche se il trauma rimane nelle memorie neurali del paziente e continuerà ad esercitare altre forme di condizionamento.

Quando vi è una causa ben identificabile, come nell’esempio del trauma psicologico, il significato della fobia è evidente e risulta anche più facile impostare un lavoro specifico per superarla.

Vi sono però diversi casi in cui i disturbi fobici possono ingenerarsi senza alcuna ragione apparente, e qui è necessario uno scavo più profondo e condotto da un professionista per identificare le loro radici più recondite.

Fobie e paranoie: la sottile linea di confine

La fobia e la paranoia sono due dinamiche psicologiche distinte, sebbene possano essere confuse a causa di alcune somiglianze nelle loro manifestazioni.

La parola paranoia deriva dal greco paranoia (composto di parà “alterazione”, “contrapposizione” e nous “mente”). Significa quindi, in senso letterale, uno stato di alterazione della condizione mentale.

La paranoia è una forma di disturbo psicotico caratterizzato dalla convinzione della persona di essere in pericolo o di essere costantemente osservata o perseguitata dagli altri, senza che vi sia alcuna evidenza reale.

Il soggetto paranoide presenta una marcata difficoltà a distinguere la realtà oggettiva dalle proprie sensazioni e percezioni. Vivendo in un costante stato di allarme fisico e mentale, il soggetto presenta ipervigilanza e iperattivazione.

La paranoia può portare a comportamenti evitanti e ad un crescente isolamento sociale. A differenza delle fobie, la paranoia non è limitata a un oggetto o una situazione specifica, ma può influire sulla vita quotidiana in molti modi diversi.

È una sorta di tarlo mentale che agisce in continuazione nella mente del soggetto, in modo subdolo e logorante e senza un motivo scatenante.

Dalla paranoia discende il disturbo paranoide di personalità, che non approfondirò ulteriormente in questo articolo.

Fobie più comuni e disturbi d’ansia

Le fobie rientrano a tutti gli effetti nel perimetro dei disturbi d’ansia più comuni insieme ad altre forme di ansia come il disturbo d’ansia generalizzato, il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), il disturbo da attacchi di panico e il disturbo post-traumatico da stress (PTSD).

Come già visto, possono manifestarsi in varie forme e intensità. Ogni tipologia di fobie è infatti accompagnata da un’ansia intensa e persistente che scaturisce come conseguenza dell’esposizione della persona ad una situazione specifica, ad un oggetto o ad un animale.

Quando l’ansia diventa fobia, e viceversa

Le fobie possono essere anche un sintomo della presenza di altri disturbi d’ansia concomitanti, come il disturbo d’ansia generalizzato, e possono coesistere con altri disturbi come la depressione o le dipendenze.

Oltre a questa connessione, è importante notare che le fobie più comuni in alcuni casi agiscono come un fattore di rischio per lo sviluppo di altri disturbi d’ansia, soprattutto se non vengono adeguatamente trattate.

Un esempio tipico di come le fobie possono essere correlate ai disturbi d’ansia è la fobia sociale. Chi soffre di questa dinamica tende a sfuggire da situazioni sociali o pubbliche per paura di essere giudicato o ridicolizzato dalle altre persone. Questo può causare un livello elevato di ansia anche anticipatoria e stress, portando alla completa elusione di determinate attività o situazioni.

Un altro esempio è la fobia specifica, di cui abbiamo già visto diversi esempi. La paura può diventare così intensa da causare sintomi d’ansia come sudorazione, tachicardia e iperventilazione. In alcuni casi, le persone con una questa fobia possono arrivare a sviluppare un disturbo d’ansia generalizzato a causa della preoccupazione costante per l’oggetto o la situazione temuta.

Vivere con la paura: impatto sul quotidiano e sulle relazioni interpersonali

A tutti gli effetti, le fobie più comuni rappresentano dinamiche che possono avere un impatto significativo sulla qualità della vita della persona, limitandone le attività quotidiane, gli spostamenti e le interazioni con il prossimo, provocando elevati livelli di ansia e stress che tendono ad autoalimentarsi e ad innescare circoli viziosi.

In molti casi, chi vive con una fobia può continuare a schivare situazioni che scatenano un senso di angoscia, limitando così la frequentazione di luoghi e contesti specifici e la propria vita sociale e lavorativa.

Una persona con agorafobia può evitare di uscire di casa anche per tempi molto prolungati, mentre chi soffre di fobia sociale può scansare quelle situazioni in cui si troverebbe al centro dell’attenzione o in cui dovrebbe tenere una presentazione in pubblico.

I sintomi dell’ansia che spesso accompagnano le fobie possono poi essere esperiti come imbarazzanti o addirittura spaventosi per chi ne soffre.

Questo quadro, considerato nel suo insieme, può portare ad un isolamento sociale anche cronico e a problemi nelle relazioni interpersonali, sia con amici e familiari che con colleghi di lavoro.

Solo imparando a gestire e a superare le fobie la persona può sperimentare un miglioramento nella qualità della vita e nelle sue relazioni umane.

Strategie per affrontare le fobie più comuni: tecniche di rilassamento, respirazione e visualizzazione

Prima di parlare dei trattamenti psicoterapeutici delle fobie, mirati ad una risoluzione di questa problematica alla radice, ti voglio fornire alcuni consigli e strategie pratiche, utilizzabili fin da subito, per aiutarti a ridurre l’impatto negativo delle fobie sulla tua vita quotidiana.

Ho selezionato qui 4 approcci specifici che possono essere utilizzati in autonomia dal paziente, senza necessariamente avere il supporto di un terapeuta specializzato:

  1. Informarsi sulla fobia. Conoscere i sintomi, le cause e le possibili cure della paura può aiutare il paziente a comprendere meglio il proprio disturbo e a sentirsi meno solo e isolato. Può sembrare banale, ma è un passaggio che da solo già può sgonfiare in parte il senso di angoscia associato.
  2. Esposizione graduale alla situazione o all’oggetto temuto (terapia dell’esposizione). Questo può condurre il paziente a familiarizzare con la causa della sua dinamica secondo una modalità tollerabile, riducendo così l’angoscia connessa. Questa tecnica viene anche utilizzata in alcuni orientamenti di psicoterapia e può essere molto efficace se svolta sotto la guida di un professionista.
  3. Respirazione profonda. Praticare una respirazione consapevole può aiutare a ridurre l’ansia e a calmare il corpo in maniera quasi istantanea. Il paziente può imparare a fermarsi, mettersi per quanto possibile in una posizione comoda e iniziare a respirare lentamente e profondamente quando si trova in situazioni stressanti o angoscianti. È una capacità che si può sviluppare con il tempo e con la giusta perseveranza.
  4. Meditazione. Pratica che consiste nel riuscire a focalizzare l’attenzione su sé stessi, molto efficace per ridurre l’ansia e lo stress. Il paziente può imparare in autonomia a meditare regolarmente per gestire meglio i propri carichi emotivi destabilizzanti.

Come superare le fobie più comuni: il percorso di guarigione e la prevenzione delle ricadute

Il trattamento del disturbo fobico in genere è relativamente semplice, soprattutto se non associato ad altri disturbi psicologici, e prevede come soluzione primaria un percorso di psicoterapia di breve durata (con cicli a partire da 10-12 sedute, che a fronte di una frequenza settimanale delle sedute si traduce in un tempo di 3-4 mesi).

La terapia psicologica mira a guidare la persona a comprendere le radici inconsce della propria fobia, ad affrontare la paura in modo graduale e controllato e a sviluppare strategie cosiddette di coping più funzionali ed efficaci.

La psicoterapia si pone come obiettivo di risolvere le dinamiche disfunzionali alla base delle fobie, che in quest’ottica agiscono quasi come una spia della loro presenza nel tessuto psichico.

La Psicoterapia Medica Olistica come approccio d’elezione per superare le paure che bloccano

Tra i vari orientamenti di psicoterapia, la psicoterapia olistica si rivela come un approccio molto efficace per gestire e superare le fobie più comuni, ma anche quelle apparentemente più strane o insolite.

Questo tipo di trattamento pone al centro l’idea che il benessere psicologico si basi sull’equilibrio tra i vari aspetti della vita di una persona, nello specifico la dimensione fisica, emotiva, mentale e spirituale.

Muovendosi in questa direzione, la psicoterapia olistica considera l’individuo nella sua interezza, lavorando per identificare le cause profonde della fobia e per affrontare il problema a livello multidimensionale. Per fare ciò, un tassello fondamentale è identificare le esperienze passate della persona, le sue convinzioni limitanti, le memorie emozionali e i meccanismi di difesa che ha sviluppato per far fronte alle sue paure e per evitare il contatto con parti di sé che rifiuta.

La Psicoterapia Medica Olistica è la prima psicoterapia olistica fatta da un Medico, che unisce i vantaggi della terapia breve all’approccio olistico in psicologia, risultando quindi un trattamento integrato e avanzato.

Quest’ultima utilizza tecniche terapeutiche avanzate, come la terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), la Psicoterapia della Gestalt e la Psicoterapia Intensiva Dinamica Breve per aiutare il paziente ad affrontare e superare le sue fobie in tempi più rapidi grazie all’approccio altamente focalizzato.

Durante il trattamento psicoterapeutico la persona è portata anche ad acquisire una maggiore consapevolezza e comprensione di sé stessa, promuovendo così il ripristino di uno stato di benessere in una prospettiva di medio-lungo termine e in grado di stabilizzarsi anche dopo il termine del ciclo di terapia.


Se vuoi più informazioni sulla Psicoterapia Medica Olistica oppure prenotare la prima seduta con me, puoi compilare il modulo di contatto che trovi all’inizio della Pagina Contatti.

Foto professionale della Dott.ssa Elisa Scala, medico psicoterapeuta a Novara
Ricevo a Novara e online

Medico psicoterapeuta

Sono iscritta all’Albo Professionale dei Medici dall’anno 2008 ed esercito la professione di Psicoterapeuta sia per mezzo di sedute online (via Zoom o Skype) che in presenza nel mio Studio privato vicino al centro storico di Novara.

Perché rivolgersi ad un medico psicoterapeuta?

Grazie alla sua duplice formazione medica e psicoterapeutica, un medico psicoterapeuta è in grado di valutare il paziente non solo dal punto di vista meramente psicologico, ma anche di considerare eventuali fattori biologici, medici e farmacologici che possono influenzare il disturbo, conflitto interiore o disagio portato dal paziente.

Questo permette una presa in carico olistica, in cui si possono trattare problematiche emotive, psichiche e fisiche in modo sinergico, personalizzando il percorso terapeutico per ottenere risultati più efficaci e duraturi.

I vantaggi tangibili per il paziente consistono in tempi mediamente più brevi rispetto alla psicoterapia tradizionale e senza limitarsi a quella che potrei definire come “terapia dell’ascolto”.

Dott.ssa Elisa Scala, medico psicoterapeuta a Novara